La Sinistra. Una stagione troppo breve
di Marco Morra
Fondata nell’ottobre 1966, per iniziativa di Giulio Savelli e Lucio Colletti, “la rivista che più interpreta il movimento del ‘68” si pubblicò per appena quindici mesi.
Nella sua breve esistenza, essa ebbe un ruolo minore, ma specifico, di cui Sergio Dalmasso ricostruisce il contesto e le ragioni.
La rivista costa la radiazione dal Pci al suo editore, Giulio Savelli, che aveva dato vita ad “una delle case editrici più seguite nell’area della sinistra critica”.
“Molti collaboratori – ricorda Dalmasso – sono allora dirigenti di federazioni giovanili, attivi nei movimenti anti imperialistici e saranno tra i fondatori di organizzazioni della nuova sinistra”.
La dirige Lucio Colletti, riferimento filosofico e politico del tempo, anch’esso proveniente dal Pci, di cui restituisce la tessera nel 1964.
Quanti vi scrivono – come S. Corvisieri, S. De Santis, G. Feltrinelli, V. Foa, M. Gorla, A. Illuminati, A. La Penna, L. Libertini, L. Maitan, F. Santi, E. Soave, P. Tagliazzucchi – provengono dalle fila del trotskismo, della sinistra sindacale o del Psiup, da quell’universo “dissidente” della sinistra storica che già prima del ’68 cerca una linea alternativa alla “coesistenza pacifica” e alla “involuzione socialdemocratica” del movimento operaio ufficiale.
D’altra parte, il contesto in cui la rivista opera è segnato dall’acuirsi delle tensioni internazionali.
Il conflitto sino-sovietico, i massacri in Indonesia, le rivolte nei ghetti neri degli USA, la guerra dei sei giorni, il colpo di stato in Grecia.
Sulla spinta della conferenza dell’OLAS all’Avana e della radicalizzazione della guerra in Vietnam, si affermano tendenze terzomondiste che attraversano le federazioni giovanili e i nascenti movimenti studenteschi.
Da Cuba sembra provenire un’alternativa alla paralisi del movimento operaio internazionale. I castristi rifiutano il “socialismo in un solo paese” e oppongono alla “coesistenza pacifica” la strada dell’insurrezione armata sull’esempio vietnamita.
Il “giudizio estremamente negativo” dei rivoluzionari cubani “sul ruolo della sinistra in tutti i paesi a capitalismo avanzato fornisce lo stimolo alla riorganizzazione del movimento rivoluzionario anche in Italia”, scrive Savelli.
La rivista, quindi, si fa interprete dei movimenti che emergono nel Terzo Mondo: il Vietnam, la Palestina, l’America Latina, “dove tutti i partiti comunisti si sono divisi sulla questione della lotta armata”.
Come ricorda Dalmasso, “in una nuova sinistra in formazione, maggioritariamente su posizioni cinesi”, nella sua propensione terzomondista e castrista La Sinistra costituisce una “parziale eccezione”.
Accanto ai discorsi di Castro, per il quale “non esiste partito d’avanguardia al di fuori del contesto della lotta armata”, la redazione dà ampia eco alle idee del Che, “guerrigliero eroico, ma anche critico della burocrazia e dei pericoli professionali del potere”.
Essa, pertanto, fornisce un esempio emblematico dell’esistenza di un’area d’intellettuali e dirigenti della sinistra storica che sostiene in anticipo idee – come la convinzione del carattere violento della rivoluzione – che ebbero larga diffusione dopo il ‘68.
Nonostante tutto, questa esperienza – così come chi la fondò e la diresse – è stata dimenticata e ignorata perfino dagli storici.
Questo, di certo, per ragioni endogene alla sua storia, come la sua breve durata e il rapido disfarsi della redazione, che le diedero un’incisività assai minore rispetto ad esperienze analoghe.
Ma più importanti, forse, sono le ragioni esogene di questa rimozione, come l’imporsi post-festum di narrazioni parziali sugli anni ’60 e ’70, condizionate dalla notorietà assunta da taluni suoi rappresentanti, mentre la parabola di altri, come quella degli stessi Colletti e Savelli, che passata la fase più acuta del ’68 hanno negato le esperienze pregresse, ha favorito l’oblio per giustificare il proprio disimpegno o addirittura la scelta del campo opposto.
Marco Morra, Le monde diplomatique, ed. italiana, ottobre 2021
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Intervento di Sergio Dalmasso al convegno di Salerno dell’11/12/2023 Rocco Scotellaro. Il meridionalismo eretico di un grande irregolare.
La scelta socialista
È meritorio un convegno su Scotellaro, a Salerno, organizzato da una associazione che svolge un intenso lavoro politico- culturale, oltre che di raccolta di materiale archivistico.
Ho più volte ricordato come questo impegno, nel “profondo sud”, mi ricordi quello che in una realtà provinciale del “profondo nord”, ho tentato di praticare per decenni interi (attività politica, circolo ARCI, circolo culturale, giornalino ciclostilato, cicli di dibattiti e conferenze, pubblicazione periodica dei Quaderni “Storia, cultura, politica”).
Scotellaro nasce a Tricarico nel 1923.
Studia, spostandosi in varie sedi, Scrignano degli Alburni (collegio), Cava dei Tirreni, Matera, Roma, Potenza, Trento, Tivoli. Maturità classica e iscrizione, a Roma, alla facoltà di giurisprudenza, che non porterà a termine.
Le prime tensioni antifasciste sembrano comparire durante il suo soggiorno a Trento, dove vive la sorella e si concretizzano per l’intreccio fra andamento disastroso della guerra e presa di coscienza della “questione meridionale”.
Anche a causa della morte del padre, Scotellaro rientra a Tricarico, dove, nel dicembre 1943, si iscrive al Partito socialista (allora PSIUP).
La Basilicata è terra di confino politico.
Fra i 5.000 confinati, si ricordano, oltre a Carlo Levi, notissimo per il suo Cristo si è fermato a Eboli, Eugenio Colorni, uno degli autori del Manifesto di Ventotene, Camilla Ravera, Manlio Rossi Doria.
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Psiup, il “partito provvisorio” che fu la culla dei movimenti
PSIUP. Parabola di un partito, Il percorso del PSIUP (1964- 1972) è ormai dimenticato.
La stessa tematica politica della sinistra socialista sembra ignorata, in un quadro bipolare in cui analisi, matrici, istanze sembrano del tutto uniformate.
Per anni, gli stessi dirigenti di questo partito, dopo la sua improvvisa scomparsa, ne hanno quasi rimosso gli aspetti più originali,
appiattendosi o in una “continuità togliattiana” (la maggioranza che confluisce nel PCI) o nel recupero, senza rotture, della tradizione del riformismo socialista (la minoranza che tornò nel PSI).
In alcune biografie o analisi, gli otto anni nel PSIUP sono tralasciati e quasi dimenticati;
nelle storie dell’Italia del dopoguerra i richiami a questi sono limitati a poche note.
Eppure questo partito e più ancora quest’area hanno significato, per una generazione di militanti, un riferimento importante, un laboratorio politico di una intera stagione.
Un tentativo schematico di periodizzazione distingue quattro fasi:
– quella della sinistra socialista nel PSI (1955- 1964)
– il passaggio da corrente a partito e la fondazione e strutturazione del PSIUP (1964-1966)
– l’apice sia elettorale che nella presenza sociale (1966- 1968)
– la crisi progressiva sino allo scioglimento (1968- 1972).
La sinistra socialista inizia a caratterizzarsi dopo il congresso di Torino (1955), in cui il PSI propone aperture verso il mondo cattolico e la DC.
Se, inizialmente, vi è la contrarietà dei soli Basso e Lussu, l’opposizione si struttura negli anni successivi, proporzionalmente all’avvicinarsi della maggioranza autonomista alla formula del centro- sinistra e al progressivo allontanamento dal PCI.
Il congresso di Venezia (1957) segna una maggioranza politica “nenniana” che non si trasforma in maggioranza negli organismi dirigenti.
Se parte della sinistra sembra appiattita sul PCI, in una sorta di logica “frontista”, all’”Avanti!” collabora Gianni Bosio, la rivista “Mondo operaio”, di fatto diretta da Raniero Panzieri,
rilegge Marx, propone la centralità della fabbrica e l’uscita in positivo dalle macerie dello stalinismo, sino alle Sette tesi sulla questione del controllo operaio, scritte a quattro mani da Panzieri e Libertini.
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Download “Psiup, il partito provvisorio che fu la culla dei movimenti (Saggio su Critica sociale di Sergio Dalmasso)”
Psiup-il-partito-provvisorio-che-fu-la-culla-dei-movimenti.pdf – Scaricato 1449 volte – 295,18 KBCatalogato nella sezione del sito: Archivio, Scritti storici, Articoli e saggi.