Quaderno CIPEC Numero 1
Lucia CANOVA, donna e comunista
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Lucia Canova, donna e comunista p. 5
Il P.S.I.U.P. in provincia (1964/1972) p. 14
La sinistra socialista p. 14
La scissione p. 20
La crescita p. 27
Il declino p. 39
La scomparsa p. 43
C.I.P.E.C. Attività p. 45
Lucia Canova, donna e comunista
Sono nata nel marzo 1904, in un paese molto povero, terzogenita di una famiglia di contadini che, non possedendo terra, lavorava per conto di altre persone. A Garessio avevano aperto alla fine dell’Ottocento alcune fabbriche.
Ricordo la fabbrica di acido tannico dell’ingegnere Mazza di Milano, poi finita in fallimento. Nel 1894 aprì il gruppo Lepetit che ebbe un notevole sviluppo grazie alla ferrovia.
La costruzione della ferrovia era stata caldeggiata dall’ingegner Politi, un liberale eletto deputato nella provincia di Cuneo, anche per favorire il trasporto delle merci che uscivano dalla sua fabbrica, la vetraia. La fine della costruzione della linea ferroviaria Ceva – Ormea nel 1893 agevolò la produzione di altre piccole industrie tra cui la fornace Idemini, dove fra l’altro d’estate venivano a lavorare delle famiglie di toscano per fare i mattoni a mano.
Garessio contava allora più di diecimila abitanti, tra parrocchie del centro e altre sette comprese nel territorio comunale. Molti lavoravano la terra, in montagna l’economia era basata sulla coltura delle castagna – la castagna garessina, particolarmente gustosa e rinomata – e sulla produzione di carbone ricavato dal legno.
Dalle frazioni montane molti giovani non avevano altra prospettiva che l’emigrazione; da Valdinferno molti emigravano verso gli Stati Uniti, da Mindino, da Cappelo e da altre frazioni partirono per la Francia.
Le famiglie erano tutte numerosissime, contavano da sei fino a otto, dieci figli. Molte donne facevano il lavoro stagionale della raccolta delle olive in Liguria; qualche operaio aveva trovato occupazione alla cartiera di ormea, altri al cotonificio Piccardi di Trappa.
Ricordo che quando ero bambina abitava a Garessio un maestro, un confinato politico; non ne rammento più il nome, tutti lo avevano soprannominato “il barbone”.
Era stato confinato qui per le sue idee politiche, era un anarchico; rimase a Garessio fino alla morte, ricordo che possedeva una ricca biblioteca che fu poi messa all’asta.
Società Operaia
Mi pare che nel 1911 fu fondata la Società Operaia, voluta dal signor Casimiro Marro. Quest’uomo di ispirazione socialista indisse una riunione a cui parteciparono molti operai e lanciò l’idea di fondare una società di mutuo soccorso.
Io frequentavo allora la quarta elementare, ricordo che imparai a memoria ciò che era scritto sul portone della società operaia: “lavoratori da giovani desta il civile consorzio il fior della vita, da vecchi avrete da esso asilo e difesa.
La società moderna non vuole servi ma cittadini uniti in sol patto d’amore”. L’ho imparato da bambina, mi ha certamente fatto riflettere e forse ha contribuito a fare di me una ribelle.
Allora avevo molta voglia di studiare, ma i miei genitori non avevano denaro per mantenermi agli studi; a scuola ci si andava saltuariamente, quando non si doveva lavorare nei campi.
Mi piaceva leggere e in seguito mi son fatta da autodidatta una cultura, molto, molto disordinata.
Durante la guerra 1915-18, noi ragazzini andavamo sempre alla stazione ad aspettare i reduci o i soldati che tornavano in licenza. Allora cominciai a capire che cos’era la guerra.
Nella nostra zona, tra i monti a ridosso della Liguria c’erano anche molti ribelli, molti disertori. Ricordo che allora frequentavo ancora la Chiesa;quando si rivolgevano parole retoriche per descrivere gli orrori della guerra, molti ufficiali lasciavano la chiesa.
La fine della guerra è stata annunciata con un coro di campane; anche io e i miei fratelli partecipammo a quell’evento suonando una campana che al momento taceva.
Poi arrivarono i reduci. All’inizio regnava un grande entusiasmo, tutti si proclamavano socialisti, alla sera ci si trovava al circolo di fratellanza operaia, erano sempre presenti molti persone.
Intanto cresceva la disoccupazione, i reduci non riuscivano a trovare un posto di lavoro e così cresceva anche il loro malcontento.
Io ero iscritta alla Gioventù Socialista. Con il capitano degli alpini che s’era congedato fondammo un giornale: “La Falce”; si lavorò molto in quel periodo.
Costantino Lazzari, della direzione del Partito Socialista, mi mandò 100 lire perché potessi partecipare alla riunione delle donne socialiste che doveva tenersi a Milano. Ci andai, mi pare che fosse l’inizio del 1920. avevo sedici anni; arrivai a Milano in una sera grigia e piovosa.
Alla stazione dovevano esserci dei compagni ad aspettare le delegate, tenendo in mano un garofano rosso o una copia dell’Avanti, per farsi riconoscere.
Non vidi nessuno, mi sentivo un po’ spaesata, ma presi ugualmente una carrozza per farmi portare alla sede del Partito Socialista.
La riunione delle donne socialiste si doveva tenere il giorno successivo a Palazzo Marino, nel salone dell’Orologio. In Federazione telefonarono ad una compagna che abitava a Porta Ticinese e per quella notte fui sua ospite.
Continua …
Sergio Dalmasso