Quaderno CIPEC Numero 33

Comunisti/e a Boves

Indice generale

INTRODUZIONE p. 5

Desiderio FORNASARI, Aralda PORTIOLI p. 7

Luzzara e Suzzara p. 7

Il fascismo p. 8

IL PCI p. 10

Sindaco p. 10

A Boves p. 13

Oggi è tutto annacquato p. 13

La conferenza di Luzzara p. 14

Fortichiari a Luzzara (1950 – 1955) p. 15

Margherita (Rita) Varrone Barale p. 19

La famiglia, la filanda p. 19

La guerra p. 20

Il partito p. 21

I licenziamenti p. 22

Giovanni Ghinamo (“Spartaco”) Esperienze e pensiero di un combattente antifascista p. 25

Lelio Basso, marxista luxemburghiano p. 37

Il principe senza scettro p. 39

Il fantasma di Lukacs p. 41

Stefano Terra p. 43

Ricordo di Velso Mucci p. 44

Beppe Fenoglio p. 45

Foglio volante p. 46

Al riparo dell’armata vescovile Breve storia di Fra Dolcino p. 47

Bibliografia essenziale (a cura del Centro Studi Dolciniani) p. 50

Il capo indiano Seattle p. 51

Io sono un selvaggio e non capisco p. 51

CIPEC ATTIVITÀ p. 52

INTRODUZIONE

Questo quaderno (siamo ormai al dodicesimo anno!) contiene alcune testimonianze di comunisti/e di Boves, testimonianze che si legano idealmente agli scritti, sullo stesso tema, contenuti in un numero precedente.
Se in quello erano in gran parte riportati articoli e scritti “ufficiali”, ora siamo davanti a racconti di vita, come tutti, squarci sulla storia generale, che partono da vissuti individuali.
A nessuno sfuggirà il quadro di paesi “rossi”, ben diversi dalla “bianca” pianura cuneese, che ci offrono Desiderio Fornasari e Aralda Portioli. La cooperativa, la sede del partito (socialista e in seguito anche comunista), la casa del popolo, la presenza di socialisti ed anarchici, il conflitto con il fascismo, nel secondo dopoguerra l’amministrazione di sinistra, conflittuale con il governo democristiano, il ricordo di mestieri oggi scomparsi (i carriolanti, i sabbiadori) si intrecciano nelle loro parole.
Diverso il quadro offerto dai bovesani: un paese profondamente democristiano, dove, a parte l’immediato dopoguerra, i comunisti sono piccola minoranza, lontani dal sentire comune, dalla mentalità e dai comportamenti prevalenti, isolati, ma convinti di un rapporto con i più grandi paesi del mondo e con un movimento in ascesa. Esemplare il difficile rapporto con la Chiesa cattolica: il matrimonio civile, il rifiuto dei sacramenti per i figli sono segni di differenza, di fierezza, ma spesso portano ad un isolamento doloroso. Chi legge veda come in Margherita Varrone il dolore per il licenziamento del marito derivi più che dalle difficoltà economiche dall’indifferenza se non ostilità dei compaesani.
In tutti, il rimpianto per il PCI, per un partito che ha costituito società nella società, speranza, motivo di vita, per la mancanza di spinte ideali che si coglie nella politica odierna, in cui la tensione e la coerenza sembrano venire meno:
È tutta un’altra cosa. Non è più la stessa cosa.
Dicono gli intervistati con rimpianto ed amarezza e il confronto con l’oggi è colmo di disillusione.
Parole di persone semplici, di militanti di base (oggi sempre più rari) che si sommano a quelle di Bartolomeo Giuliano e di Lino Manduca “protagonisti” del un precedente quaderno.
Esperienze e pensiero di un combattente antifascista è l’unico scritto ufficiale di Giovanni Ghinamo, “Spartaco”, combattente nella guerra di Spagna, partigiano, fondatore del PCI bovesano e quindi isolato per tanti anni in una dolorosa solitudine umana e politica. Anche di lui ha trattato il precedente quaderno che invitiamo a rileggere e che con questo vorremmo presentare pubblicamente in paese.
Seguono, a completamento, due brevi scritti su Bruno Fortichiari, nato a Luzzara, il paese di Fornasari, tra i fondatori del Partito comunista (Livorno, 1921), quindi componente della frazione di sinistra (per semplicità quella che faceva capo ad Amadeo Bordiga). Qui lo troviamo nella sua breve stagione a Luzzara (primi anni ’50), al momento del suo definitivo distacco dal partito.
Ancora l’elenco dei componenti alcune liste della piccola sinistra bovesana, in anni difficili, ma anche colmi di “identità” e certezze poi perdute. Non manca, sino alla morte, il nome di Alfonso Barale che la moglie, con commozione, ricorda nella sua testimonianza.
Quindi, alcune poesie di Antonio Lombardi, “Santachiara”, socialista di sinistra cosentino, da me conosciuto per una sua lettera a “ Bandiera rossa” (novembre 1996) circa un mio breve scritto su Lelio Basso, dalla rivista recensito poco prima.
Da tutte traspare la grande ammirazione per le figure della politica e della cultura di cui sono tratteggiati squarci di vita, il non comune filone luxemburghiano e lukacsciano, proprio di parte del socialismo di sinistra, l’accorato rimpianto per una stagione che non c’è più e che ci costringe ad inerpicarci sugli impervi sentieri del movimento operaio alla resa dei conti con la storia e a cercare barlumi di speranza, frugando fra i rifiuti alla ricerca di inattuali verità.
S. D.