L’attualità del pensiero di Gramsci

 Intervengono Sergio Dalmasso e Giordano Bruschi.

Moderatrice Cecilia Balbi.

Intervento iniziale di Pino Cosentino.

Locandina Attualità del pensiero di Gramsci

L’Attualità del pensiero di Gramsci, temi del primo incontro:

“Vita e opere di Gramsci” con Sergio Dalmasso

“L’incontro con Gramsci della generazione della resistenza” con Giordano Bruschi

Video su L’attualità del pensiero di Gramsci:

Ciclo di incontri promosso da APS Consorzio Zenzero, Attac Genova, ANPI Sezione Genova S. Fruttuoso, Goodmorning Genova, Il Ce.Sto.

Primo incontro, martedì 20 ottobre 2020.

In diretta dal circolo ARCI Zenzero di Genova.

“Vita e opere di Gramsci” con Sergio Dalmasso storico del movimento operaio.
“L’incontro con Gramsci della generazione della resistenza” con Giordano Bruschi Partigiano e insignito della medaglia il Grifo d’oro massima onorificenza della città di Genova

Introduce Cecilia Balbi del Circolo Zenzero.

Tecnico audio Stefano Gualtieri

Tecnico video Dimitri Colombo

Conferenza trasmessa in diretta streaming il 20 ottobre 2020 su Facebook da Goodmorning Genova.

“Il consiglio comunale di Genova, minoranza e maggioranza – esclusi i consiglieri di Fratelli D’Italia che hanno deciso di votare contro – ha detto sì alla proposta di assegnare il Grifo d’Oro, massima onorificenza cittadina, a Giordano Bruschi.

Il partigiano “Giotto”, che presto compirà 95 anni, è conosciuto come memoria storica della resistenza e del novecento genovese, ma anche per la sua esperienza politica, sempre a sinistra, nel Pci, per cui fu consigliere comunale, e poi come scrittore, ambientalista e come anima dei comitati della Val Bisagno.

Sull’assegnazione del Grifo a Bruschi il plauso della Camera del Lavoro di Genova e del segretario Igor Magni.

Magni: “Grande soddisfazione per questo importante riconoscimento a Bruschi che con il suo impegno di militanza, esercitato sempre, anche nei momenti più difficili, rappresenta un esempio per tutti noi.

Un abbraccio fraterno da tutte e tutti noi della Cgil di Genova”. ”

Quaderno 66

Il Quaderno numero 66 contiene il libro

A SINISTRA DI INTERNET di Giovanni Ferretti

Download “Quaderno CIPEC 66 (Libro a sinistra di Internet di Gianni Ferretti)” Quaderno-CIPEC-Numero-66.pdf – Scaricato 18179 volte – 3,84 MB

In anticipo, largo, sulla stampa cartacea – a cura del Centro Stampa della Provincia di Cuneo – si rende disponibile il quaderno cipec 66.

Contiente anche alcune recensioni del libro di Sergio Dalmasso su Lucio Libertini e un saggio di Sergio Dalmasso su Rodolfo Morandi.

Quaderno CIPEC Numero 66

Premessa, a sinistra di internet

Queste righe, lungi dal volersi ritenere complete ed esaustive, propongono un compendio degli studi relativi alle conseguenze provocate dall’impatto del digitale sulle nostre vite: scorrono sulle modifiche in atto in alcuni assetti psicologici, antropologici e sociali, e affrontano il rapporto tra digitale, economia e capitalismo del controllo, mettendo in risalto il ruolo del digitale nella creazione del consumo, del consenso e del controllo sociale.

Il testo, anche se di taglio per lo più sociologico, ha la presunzione di avanzare alcune analisi politiche; queste prendono spunto dal lavoro di diversi studiosi, alcuni dei quali potrebbero non gradire l’accostamento alla sinistra, presupposto nel titolo, soprattutto se accostata ad aggettivi quali radicale o anticapitalista 1: pur avendo provato ad essere accurato nelle citazioni, la loro selezione e il filo logico utilizzato per collegarle tra loro è ovviamente di esclusiva mia responsabilità.

Gap generazionale

Vale la pena puntualizzare che le analisi che vengono riportate e le statistiche sulle quali si basano, sono fortemente influenzate da quello che potremmo definire gap generazionale: è chiaro che l’impatto dei media digitali, soprattutto sul nostro modo di interpretare il rapporto con il nostro prossimo, è molto diverso se riferito alle generazioni Y (nati dopo il 1981, cresciuti con il web, creato nel 1991) e Z (i digital native, nati dopo 1995) o, viceversa, se osservato nelle generazioni maturate nel secolo ventesimo.

I ragazzi non leggono i giornali cartacei

Un esempio: i ragazzi di oggi difficilmente comprano giornali; quelli più sensibili sono comunque orientati a consultare giornali on-line o, più spesso, aggregatori di notizie tipo Google News.

Questo ovviamente non vale per persone che hanno più di 50-60 anni: troveremo anche tra di loro fruitori delle news on-line ma statisticamente il loro numero sarà molto meno rilevante.

Più in generale, possiamo cinicamente dire che ogni persona che muore è un fruitore di tecnologia broadcast (TV tradizionale, radio…), mentre ogni persona che nasce sarà fruitore di tecnologie di nuova generazione (streaming, podcasting, social o altro che sia o che sarà).

Nota

1 Anche se c’è da chiedersi che cosa sia una sinistra non anticapitalista.

Giovanni Ferretti

Nella foto seguente la figlia di CHE GUEVARA Aleida con Giovanni Ferretti:

Sferini su Lucio Libertini

Download articol di Marco Sferini su Libertini

Lucio Libertini: “Una cosa è rifondarsi, altra è abiurare”

Sferini foto Lucio Libertini

su La sinistra quotidiana

 

Sferini su Lucio Libertini – 27 anni fa mi trovavo in Trentino, in vacanza.

Dal televisore dell’albergo un mesto Tg2 diede la notizia in poche parole, mostrando questa foto di Lucio Libertini.

Era morto un socialista vero che non si era mai mosso più di tanto dalla posizione in cui aveva fatto crescere e maturare i suoi ideali.

“Sono i partiti che sono cambiati attorno a me”.

Ed infatti Lucio si riferiva alla mutazione del PSI, del PCI in PDS e alla sua personale scelta di rimanere invece convintamente comunista.

Lui riconosceva – scrisse – il diritto a Napolitano di dirsi socialista riformista.

Chiedeva che gli venisse riconosciuto altrettanto il diritto di dirsi ed essere nell’Italia del 1991 ancora, liberamente comunista.

Libero dalle catene in cui il comunismo era stato imprigionato dall’esperienza dei paesi dell’Est Europa, dell’Urss stessa.

Libero di rifondare pratica e pensiero dei comunisti nel Paese che aveva conosciuto per primo il fascismo e che i comunisti avevano contribuito in larga parte a sconfiggere con la Resistenza.

Grazie anche a lui, il Partito della Rifondazione Comunista può oggi rivendicare una sua vena libertaria e una ispirazione già allora antistalinista, costretta indubbiamente a convivere con posizioni molto contrastanti tra loro.

La dialettica del resto era e rimane non solo il motore della storia e dell’evoluzione umana, ma anche la dinamica con cui le tesi diventano sintesi.

Lucio scomparve mentre stava lavorando proprio alle tesi del congresso nazionale del Partito.

Nel settembre di quell’anno la consueta grande manifestazione a Roma dove convergevano oltre 300.000 compagne e compagni, ricordo Lucio in tanti interventi.

Mi mancò molto in quell’agosto, che ricordo con piacere per altri motivi, la figura di Lucio Libertini.

Come mi manca ancora oggi.

Perché era un compagno onesto moralmente e intellettualmente parlando.

Andai a cercare “Liberazione” a Trento, perché a Faedo non si trovava, la lessi freneticamente e la custodii nella copia della settimana precedente che invece avevo comperato a Savona.

Ogni tanto la riprendo in mano, così come alcuni scritti che reputo importanti: tra gli altri spiccano le “Sette tesi sul controllo operaio”.

Se posso consigliare alcune letture su Libertini, direi che sono un buonissima ricostruzione del suo pensiero quello uscito nell’autunno del 1993, edito da “Liberazione” stessa (“Lucio Libertini, 50 anni nella storia della sinistra”) oramai credo introvabile se non presso qualche circolo o federazione provinciale del PRC, e quello scritto dal caro amico e compagno Sergio Dalmasso, “Lucio Libertini, lungo viaggio nella sinistra italiana”, che potete acquistare anche su Amazon.

Libro su Libertini di Dalmasso

MARCO SFERINI

7 agosto 2020

***

Perché un movimento per la rifondazione comunista

Per comprendere la lotta che Libertini visse, come tante decine di migliaia di compagne e di compagni vissero, in quella transizione storica tra PCI e Partito Democratico della Sinistra, dopo il crollo del Socialismo reale sovietico e dei suoi paesi satelliti, riportiamo di seguito un intervento scritto per “l’Unità”, il 14 dicembre 1990:

Nei congressi sentiamo ripetere frequentemente un ritornello banale: il nome non conta, andiamo al di là del sì e del no.

E, a ben vedere, una affermazione inconsistente o pretestuosa, perché ciò che è in discussione non è un nome, ma, con un nome, una identità culturale e politica, e ogni contenuto, ogni programma, ha la sua radice in una identità.

Non a caso, o per capriccio, da anni è in corso una massiccia campagna dei grandi mezzi di informazione, diretta ad indurci ad abbandonare il nome comunista e la nostra identità di comunisti italiani, perché così si tagliano gli ancoraggi ideali e si diviene più facilmente preda di una deriva verso destra.

In realtà la questione di fondo che è in discussione e che investe l’intera sinistra europea (ma, ovviamente, in modo più diretto il Pci) e sulla quale occorre pronunziarsi con nettezza, riguarda un interrogativo centrale: se la vicenda di questo secolo, con il tragico fallimento dei regimi dell’Est, segni la vittoria definitiva del capitalismo, che diviene un limite insuperabile della storia umana, seppellendo la questione del socialismo; o se invece la tragica degenerazione di un grande processo rivoluzionario, che comunque ha inciso sulla storia del mondo, e le nuove gigantesche contraddizioni del capitalismo, a scala planetaria, ripropongano in termini nuovi la questione del socialismo e dell’orizzonte ideale, assai più lontano, del comunismo.

Molti di noi hanno rifiutato da tempo (chi scrive da sempre) di definire socialisti e comunisti quei regimi pur se ne riconoscevamo alcune storiche realizzazioni; ed è singolare che essendo stato per questo definito nel passato un revisionista e quasi un traditore, ora mi si voglia fare apparire un «conservatore» stalinista perché rifiuto di seppellire il socialismo sotto le macerie dell’Est.

Ecco, dunque, la questione.

Una questione che la proposta di Occhetto scioglie in una direzione ben precisa, perché da essa è assente ogni riferimento al comunismo ed al socialismo: perché la suffragano confusi discorsi su di una prospettiva che sarebbe «al di là del socialismo»; perché la identificano le dichiarazioni esplicitamente anticomuniste e antisocialiste di numerosi esponenti della cosiddetta sinistra sommersa, pronti ad essere cooptati nel gruppo dirigente del nuovo partito; perché il modello organizzativo che si propone ha caratteri sin troppo significativi, di ispirazione democratico-radicale.

Non a caso essa ha suscitato l’opposizione di Bassolino, che si è accorto, sia pur tardi, dei contenuti moderati dell’operazione, e la riserva, destinata a diventare dissenso esplicito, dell’area socialista-riformista, che da solco del movimento socialista europeo non intende uscire.

Tutto ciò – la perdita della identità e del riferimento al socialismo – spiega il processo di disfacimento che la «svolta» ha indotto sul piano organizzativo ed elettorale.

Una crisi ci sarebbe comunque stata in ragione della vicenda storica che attraversiamo, ed una rifondazione era comunque necessaria, ma la «svolta», per i suoi contenuti, trasforma la crisi in disfatta.

Proprio perché abolire una identità sostituendola con una fuga nel vuoto, mette in causa gli ideali che ci hanno fatto stare e lottare insieme, fuggendo dalla questione dei contenuti del socialismo, invece di affrontarla.

Ecco, dunque, perché considero con interesse la posizione, sia pure ancora ambigua, di Bassolino e di altri compagni, lo stesso emergere di un’area socialista riformista, e la posizione di tanti compagni che, pur accettando il PDS, non vorrebbero rinunciare al socialismo.

E perché considero la rifondazione comunista non una mozione, ma un impegno culturale e politico di lunga lena, attorno alla quale costruire un movimento, non ristretto all’ambito organizzativo del PCI attuale (dal quale è fuoriuscita una vasta area di comunisti e che ha perso il rapporto con le nuove generazioni).

Siamo in campo per evitare che il congresso segni una svolta irreversibile nel senso che ho indicato.

Ma siamo in campo, ancor di più, per porre in Italia la questione dell’esistenza di una forza politica e sociale che, partendo dalle grandi e crescenti contraddizioni del capitalismo – la questione Nord-Sud, la questione ambientale, la questione di classe, i processi di emarginazione, l’intreccio con la grande questione femminile – riproponga in termini nuovi e avanzati la questione del socialismo.

Siamo in campo per evitare che la democrazia sia azzoppata dal rifluire nel disimpegno e nella astensione di tanta parte del mondo del lavoro privato di vera rappresentanza, siamo in campo per costruire con le nuove generazioni una prospettiva nuova, respingendo l’omologazione ai modelli imperanti di una società dominata da una concentrazione senza precedenti del potere.

Sappiamo di indicare una via non facile e aspra, oggi controcorrente.

Una forza politica che non abbia la capacità di stare nelle ragioni di fondo della storia, e si pieghi a mode e condizionamenti esterni, va fatalmente alla deriva. Una cosa è rifondarsi, altra cosa è abiurare.

LUCIO LIBERTINI

Perché un movimento per la rifondazione comunista
l’Unità, 14 dicembre 1990

 

Roy Russo

GENOVA PER ME.

Rosario Russo in arte Roy Russo cantautore genovese.

Voce e chitarra acustica del gruppo Lanuovabandgenovese composta da: Saverio Farina al basso, Guido Sciaccaluga alla batteria, Massimo Bracco alle tastieste e Nico Gulfo alla chitarra elettrica ha inciso, tra gli altri, il CD: GENOVA PER ME.

Roy Russo con Don Andrea GalloDon Andrea Gallo e Rosario Russo

Roy amministra un gruppo facebook, Quelli che la Rai …. non li chiama, in cui organizza delle dirette con diversi piccoli-grandi personaggi, sia della musica, sia della cultura.

Tra le informazioni si trova la ‘modesta’ frase: “Il gruppo nasce per regalare uno spazio ai piccoli e sconosciuti artigiani dell’arte e per poter far sentire anche la loro voce.” Anche se questo gruppo è un work in progress in cerca di un approdo di più elevato spessore.

Fra i brani ascoltiamo Genova per me, nel seguente video, che dà il titolo all’album: Genova per me.

 

Il cantautore Russo si ispira alla tradizione cantautorale genovese cantando anche brani degli indimenticati Luigi Tenco, Frabrizio De André ad esempio.

Altri ispiratori sono: Bruno Lauzi, Gino Paoli, Umberto Bindi, Sergio Endrigo, Giorgio Calabrese, i fratelli Reverberi e altri, fu uno degli esponenti della cosiddetta “scuola genovese“, un nucleo di artisti che rinnovò profondamente la musica leggera italiana a partire dagli anni sessanta.

Nel video una giovane Antonella Marras, candidata a sindaca di Genova amministrative 2022

Julia e il Caimano

di Danilo Zannoni

Danilo Zannoni(Tratto dal Quaderno CIPEC N. 65 contenente una raccolta di novelle di Danilo Zannoni.)

Caio nuotava lento controcorrente, si era allontanato dal branco, era troppo vecchio per accoppiarsi, e non aveva voglia di azzuffarsi con i giovani caimani che esibivano ancora le strisce gialle sul dorso.

Era un vecchio caimano e zuffe d’amore ne aveva fatte anche troppe, e pensò, non scevro di godimento, le aveva vinte tutte.

Nuotava con la testa semiaffondata nell’acqua limacciosa del fiume, cercava qualcosa, era inquieto.

Antonella Marras interpreta Julia e il caimano

Impattò in un branco di piragna, quando era giovane sarebbe partito implacabile ed avrebbe fatto una scorpacciata, ma ormai aveva sette anni, si limitò a mangiare quelli che erano sulla sua rotta e proseguì verso l’isola, che iniziava a vedere non troppo lontana. Lui non poteva saperlo ma ormai giugno stava finendo e presto sarebbe iniziato luglio, il mese degli accoppiamenti.

Per quanti anni, quel passaggio lo aveva eccitato?

Quanti figli aveva messo al mondo dopo amplessi torridi e gratificanti?

Ma questo era il passato, ora voleva rimanere da solo e pensare.

Finalmente si spiaggiò sull’isola.

Il sole stava sorgendo lento ed implacabile all’orizzonte.

Si tirò sul bagnasciuga, chiuse gli occhi e si lasciò andare al flusso dei suoi pensieri. «Perché sono nato, cosa devo fare, perché mi sento così vicino al buio, al non essere più, perché ciò che mi piaceva e per cui godevo ora non mi interessa più?»

Le risposte non arrivavano e le domande si moltiplicavano, pianse sconsolato e, poco alla volta cadde nel sonno.

Qualche tempo dopo aprì un occhio perché gli prudeva, subito non riuscì a metterla a fuoco, era troppo vicina, poi trovò la regolazione giusta.

Una farfalla arancione era posata sul suo muso e suggeva avidamente le sue lacrime.

«E tu chi saresti» pensò.

«Escuceme mucho mio segnore, no la volevo disturbarla.»

Caio rimase un attimo interdetto.

«Es que la suas lagrima es mucho dulce e me dona fortezza»

Caio aprì anche l’altro occhio.

Sapeva benissimo che solo i caimani potevano parlare e sentir parlare un esserino così minuscolo lo aveva sconvolto.

«Scusa, ma tu parli?» disse.

La farfalla volò via in un attimo.

Caio pensò fra sé e sé: «Sono proprio vecchio, pensare di parlare con le farfalle».

Stava richiudendo gli occhi quando la farfalla tornò a posarsi sul suo muso.

La traguardò con entrambe le pupille, era bellissima, di un arancione carico, molto grande rispetto alle altre farfalle che aveva incontrato e sicuramente femmina.

Come lo pensò si dette dello scemo.

La farfalla aveva ripreso a succhiare le lacrime dall’altro occhio.

«Segnor grande, tu me spaventasti, troppo forte la tua voce, puoi sussurrar, por mi, te prei?»

Caio, sentendosi molto stupido rispose in un sussurro: «Mi chiamo Caio sono un vecchio caimano e non ho mai visto una cosa bella come te»

Ci fu un lungo silenzio.

«Io sono Julia, e ora capisco meglio ciò che dici – perché lo sussurri.

Vivo qui in quest’isola di lantane che me gustano da morir»

«Cosa sono le lantane» disse Caio, quasi ipnotizzato.

«Quelle piante lì» disse Julia, voltandosi verso l’isola.

«E perché bevi le mie lacrime» chiese in un sussurro Caio.

«Perché me gusta» rispose la farfalla.

«Ma ora devo andare» e si alzò in volo.

«Non andare, ti prego» sussurrò Caio.

«Devo, ma domani, sarò di nuovo qui, ci sarai tu?»

«Certo, ci sarò»

Julia era ormai lontana, oltre la riva del fiume.

Caio si trascinò in acqua e si lasciò portare dalla corrente verso la sua tana.

Incontrò banchi di piragna ma il suo appetito era appagato.

Tornò tutti i giorni all’isola e tutti i giorni tornava Julia, e si raccontavano tante cose. Caio le parlava della vita del fiume e dei mille animali che incontrava ed alle volte mangiava ogni giorno.

Julia gli parlava del mondo visto dall’alto e di come era la campagna che lei vedeva e che lui non avrebbe mai visto.

Passarono i mesi.

Poi un mattino Caio si sentiva così stanco da non farcela ad arrivare all’isola.

Il buio lo stava prendendo.

Ma doveva andare.

Nuotò contro corrente con tutte le sue forze ma si rese conto che non ce l’avrebbe mai fatta, stava albeggiando ed era ancora a metà strada.

«Devo vederla» si disse «per un ultima volta devo vederla.»

Ma era troppo stanco, la corrente iniziava a portarlo indietro.

«No!» urlò

Ed iniziò a nuotare freneticamente.

Poi vide lontano uno sfarfallìo, non poteva essere.

«Segnor grande, tu me spaventasti, troppo forte la tua voce, puoi sussurrar, por mi, te prei?»

Julia si posò sul suo muso, era stremata, la sua livrea era sbiadita, la sua voce flebile. «Finalmente.» sussurrò Caio

«Finalmente» sussurrò Julia.

«Vuoi succhiare una mia lacrima?» La pregò il caimano.

«Certo amore mio» rispose la farfalla.

I loro cuori smisero di battere all’unisono, mentre il fiume li portava lentamente al mare.

Julia e il Caimano. Dipinto di Alex Di Viesti

Dipinto di Alex Di Viesti.

Scarica la novella Julia e il caimano in formato pdf:

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Scarica il quaderno cipec numero 65 contenente tante belle novelle:

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Novità Edizioni Punto Rosso

maggio 2020

Sergio Dalmasso

LUCIO LIBERTINI

Lungo viaggio nella sinistra italiana

Postfazione di Luigi Vinci

In appendice alcuni articoli di Libertini usciti sulla rivista “La sinistra

Lucio Libertini libro di Sergio Dalmasso

Lucio Libertini (Catania 1922-Roma 1993) ha militato, dall’immediato dopoguerra alla morte, nella sinistra italiana, da una corrente socialista minoritaria alla sinistra socialdemocratica, dall’eresia dell’USI di Magnani e Cucchi alla sinistra socialista, dall’eretica collaborazione con Panzieri al PSIUP, dal PCI a Rifondazione comunista.

Al di là delle banali accuse di essere uno “scissionista”, un “globe trotter della politica”, Libertini rivendicava una coerenza, una continuità davanti ai tanti che avevano modificato non sigle di partito, ma posizioni e scelte ideali, sostenendo una fedeltà ai propri riferimenti sociali e una linearità, nel doppio rifiuto dello stalinismo e della compromissione socialdemocratica.

Il suo grande attivismo, le capacità giornalistiche espresse da “Iniziativa socialista” a “Risorgimento socialista”, da “Mondo operaio” all’”Avanti!”, da “Mondo nuovo” a “Liberazione”, la intensa produzione di testi, sempre legati alla contingenza politica, ma molto spesso di prospettiva (per tutti le “Tesi sul controllo” e “Due strategie”) hanno fatto di lui, per anni, un riferimento importante.

Attualità di alcune tematiche

Se molte delle formazioni in cui ha militato sono oggi sconosciute ai più, sommerse nelle infinite scissioni, divisioni e rimozioni della sinistra, alcune tematiche mantengono una specifica attualità:

  • la ricerca di una via autonoma e non subordinata;
  • il legame costante con la classe;
  • la necessità di un protagonismo della stessa espressa dai suoi strumenti di controllo e di auto organizzazione;
  • una lettura dei temi internazionali che esca dai limiti del campo e dello stato-guida.

Il testo passa in rassegna “eresie” dimenticate, dibattiti, scelte generose anche se minoritarie, figure della sinistra maggioritaria e di un’altra sinistra (Magnani, Codignola, Maitan, Panzieri, Ferraris) sconfitta ed emarginata, con opzioni differenti, ma capace di analizzare la realtà nazionale e internazionale, le sue trasformazioni, le prospettive.

Attraverso il percorso di Lucio Libertini, il testo ripercorre mezzo secolo di storia, di successi, errori, scacchi, potenzialità, speranze, occasioni mancate dell’intera sinistra italiana.

Roberto Mapelli

***

L’autore

Sergio Dalmasso è nato a Boves (Cuneo). Vive a Genova.

E’ stato per quarant’anni insegnante di lettere nella scuola media superiore.

Militante della sinistra, dal movimento studentesco a Manifesto, PdUP, DP, Rifondazione.

È stato consigliere comunale, provinciale, regionale.

Già redattore di riviste storiche, si occupa di storia del movimento operaio, della sinistra politica e sociale in Italia, della stagione dei movimenti, di figure dei partiti di sinistra.

Ha recentemente pubblicato per la Redstarpress due biografie su Lelio Basso e Rosa Luxemburg.

Cura i quaderni “Storia, cultura, politica” del CIPEC.

Pagg. 250, 18 euro.

ISBN 9788883512414

Per ordinarne una copia scrivere a

edizioni@puntorosso.it

www.puntorosso.it/edizioni

 

 

Puoi acquistare il libro anche su Amazon

Di seguito gli interventi di Lucio Libertini nel consiglio regionale del Piemonte da consigliere del Partito Comunista Italiano 1975-1976 pubblicati nel quaderno CIPEC numero 67:

Download “Quaderno CIPEC N. 67 (Lucio Libertini. Interventi al consiglio regionale del Piemonte 1975-1976)” Quaderno-CIPEC-Numero-67.pdf – Scaricato 19072 volte – 1,72 MB

E, un saggio su Libertini pubblicato su Critica Sociale (2023):

Download “Saggio su Libertini - Critica sociale, parte prima” Critica-sociale-Libertini-Dalmasso-prima-parte.pdf – Scaricato 32966 volte – 190,45 KB

 

Orizzonte della sinistra

 

PER UN 25 APRILE ALTERNATIVO !!!

ANPI Ivrea e Basso Canavese

Un contributo dello Storico del Movimento Operaio

Sergio Dalmasso

Il mondo come orizzonte della sinistra

Orizzonte della sinistra
Orizzonte della sinistra. Il settantacinquesimo anniversario non deve essere affrontato retoricamente, ma con la consapevolezza della posta in gioco e della necessità di cercare insieme nuovi paradigmi…

Sono iscritto all’ANPI da quando l’adesione è aperta a figli di ex partigiani.

ANPI nazionale, Orizzonte della sinistra

Nella crisi totale, se non assenza, della sinistra politica, sociale e culturale, l’ANPI resta una struttura unitaria, garanzia democratica, strumento di lavoro, di discussione.

Questi anni saranno ricordati, sui futuri libri di storia, non solamente come quelli della progressiva distruzione/catastrofe ambientale, ma come quelli in cui grandi masse popolari, anziché avere un riferimento in una ipotesi di cambiamento sociale (la rivoluzione sovietica, la lotta antifascista, il riscatto del terzo mondo, la protesta giovanile ed operaia…) sono stati consegnati ad una destra reazionaria, parafascista, fondamentalista, sovranista, populista (in senso deteriore).

Il 25 aprile e la valenza internazionalista del primo maggio debbono servirci a ripensare alcuni fondamentali: – il significato dei beni comuni – il primato del collettivo sul privato – uno sguardo non limitato al “particulare” nazionale, ma capace di abbracciare il mondo – il rilancio di un pensiero laico e critico.

Anche l’attuale emergenza mette in luce: – i rischi causati dalla progressiva distruzione dell’ambiente – i danni prodotti dalle progressive logiche privatistiche – i rischi di una chiusura democratica, dell’aumento del controllo sociale (una sorta di “grande fratello” planetario con crescita di poteri personali e autocratici) – il tentativo di far ricadere la crisi ambientale e sociale sulla parte più povera del mondo e sulle classi subalterne (il parallelo con gli anni trenta non è forzato).

Il settantacinquesimo anniversario non deve, quindi, essere affrontato retoricamente, ma con la consapevolezza della posta in gioco e della necessità di cercare insieme nuovi paradigmi.

Sergio Dalmasso, Genova 9 aprile 2020

Mario Beiletti, presidente ANPI Ivrea e Basso Canavese

Grazie all’amico Sergio dall’Anpi”.

Articolo pubblicato il 21 aprile 2020.

Download articolo Orizzone della sinistra:

Download “25 aprile, Orizzonte della sinistra (di Sergio Dalmasso)” Per-un-25-aprile-alternativo-Sergio-Dalmasso-2020.pdf – Scaricato 16345 volte – 469,88 KB

Addio Cristofanini

È morto a Cogoleto (Genova), Bruno Cristofanini

 

Addio Cristofanini
Addio Cristofanini. Pochi anni fa era scomparsa la moglie, infaticabile attivista, organizzatrice di feste dell’Unità, figura centrale della sinistra di questa cittadina partigiana, antifascista, un tempo operaia.

Lo scorso anno era morta, prematuramente, la figlia Iris, fondatrice della Rifondazione locale, consigliera comunale, maestra elementare, colonna dell’ARCI e della casa del popolo.

Bruno era stato partigiano a 16 anni, poi operaio, sempre iscritto al PCI.

Nel ’91, la scelta per Rifondazione, poi lasciata dopo una delle tante tristi scissioni.

Anni fa gli avevo chiesto di raccontarmi la sua vita, la scelta partigiana, la fabbrica, il PCI locale, il sindacato.

Mi aveva risposto di avere troppi impegni.

Avevo chiesto alla figlia, Iris, di mandarmi almeno la testimonianza del periodo partigiano, ma questa non mi è mai arrivata.

Vi era il ritegno, proprio di tanti militanti, nel raccontare la propria vita, ritenendo che le scelte, i sacrifici, le lotte fossero cosa di poco conto, quasi insignificante.

Il 9 gennaio, ho ricordato, alla casa del popolo di Cogoleto l’eccidio di Modena 1950.

Abbiamo messo fiori alla lapide che ricorda i lavoratori uccisi dalla polizia di Scelba.

La testimonianza di Bruno sul dopoguerra, le elezioni del 1948, gli anni duri del centrismo e delle ristrutturazioni industriali, è stata magnifica e commovente.

Lo avevo ringraziato, ricordandogli che – anche quando sembra tutto finito – la memoria ha una funzione importante e sarebbe stato utile riprendere il filo dei ricordi e scriverli.

Lo ho visto e salutato a fine febbraio, quando, nello stesso luogo, con Cristina Campanile, ho ricordato le figure di Rosa Luxemburg e degli spartachisti.

Mai avrei pensato che fosse il nostro ultimo incontro.

Saremmo dovuti tornare, per altra iniziativa pubblica, a marzo, ma non è stato, ovviamente possibile.

Leggo della sua morte.

Quando andavo a Cogoleto, il pensiero correva sempre ad Iris.

Ora correrà anche a Bruno, alla moglie, alle fotografie delle feste dell’Unità – anni ’50 – che nel corridoio della casa del popolo, parlano della nostra storia, della nostra sconfitta che dobbiamo cercare di non rendere irreversibile.

C’è sempre più bisogno di Iris, di Bruno, di questa epopea di persone semplici che – per un mondo diverso – hanno dato tutto.

Sergio Dalmasso,

notizia da facebook

Sabato 18 aprile 2020

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Addio Stefanini download articolo

Ciao Terribile

Morto questa notte il partigiano Riccardo Ravera Chion

Ci sono momenti in cui non vorresti dire nulla, fingere che non sia successo, e continuare a pensarlo sì lontano, in una sua dimensione privata, ma ancora presente ogni volta che scorri la storia dei Partigiani e ne riguardi le immagini e rievochi le azioni.

Eppure ti tocca, ancora una volta, dare un ultimo saluto ad un protagonista della Resistenza.

Terribile non ha bisogno d’essere raccontato, da quei suoi 14 anni che lo videro tornare da scuola e trovare la casa bruciata, i genitori arrestati, perché il fratello più grande già era fra i “banditi” che operavano sulla Serra.

Lui stesso, tanti anni dopo, amava definirsi in tal modo, con enfasi ed orgoglio, presentandosi alle scolaresche.

Quel ragazzino in lacrime che si presenta ad una zia, e lei gli offre un piatto di minestra, però lo allontana subito per non subire la stessa sorte.

E Riccardino vaga sulla montagna, finché rintraccia il fratello e diventa egli stesso Partigiano.

Perché venisse sin da subito chiamato col nome di battaglia “Terribile” è facile capirlo per chi lo abbia conosciuto. Irruente, coraggioso, uomo d’azione sin da quei giorni lontani, e per sempre.

Ciao TerribileMi è stato chiesto di parlare di lui…

Lo conobbi mentre stavamo lavorando alla Sede Anpi di Chiaverano.

Lui, spazientito per le mie rifiniture ad un pannello, diventò impetuoso, ma si trovò di fronte un’altrettanta decisa, seppur silenziosa, opposizione.

Come due gladiatori nell’arena, bastò uno sguardo, e fummo amici per sempre. Ci eravamo reciprocamente misurati, capiti, stimati.

Mancò il vecchio Presidente Silla Cervato, e Riccardo ne prese il posto. Fui il suo “segretario” per anni. Un tirocinio prezioso.

Terribile aveva la rara capacità, pur col suo carattere “fumantino”, di ascoltarti, trattarti alla pari, dialogare con profitto. L’Anpi iniziò a crescere, ad incontrare i giovani, le scolaresche. Fu il periodo dei “Totem” in Ivrea e dintorni, mentre purtroppo diminuiva il drappello dei Testimoni. Dopo Silla, l’ing. Benedetti, Timo, Defilippi, Liano, Olmo…

Quante veglie funebri… quante volte alzammo il gonfalone a porgere gli onori ad un Caduto…

Sempre lui intonava a gran voce il canto del Partigiano:

Là sulle cime nevose

una croce sta piantà.

Non vi son fiori né rose,

è la tomba di un soldà

L’è un partigian che il nemico uccise

l’è un partigian che tra il fuoco morì;

la mamma tua lontana

ti piange sconsolata

mentre una campana

in ciel prega per te.

E noi ti ricordiamo,

o partigiano che guardi di lassù,

mentre scendiamo al piano

ti salutiamo, caro compagno.

Non pianga più la mamma

il figlio suo perduto

sull’Alpe sconosciuto

un altro eroe sta là.

Vi vedo e penso ancora

nell’ora dei tramonti,

al sorger dell’aurora,

montagne del mio cuor.

Questo dolce ricordo

mi fa sognare, mi fa cantare

tutta la melodia

che riempie il cuor di nostalgia.

Vi vedo e penso ancora

nell’ora dei tramonti

al sorger dell’aurora

montagne del mio cuor.”

E poi c’erano i momenti belli, quelli dei ricordi di un ragazzino che si conquistò “l’arme in battaglia” come cantò Calvino, puntando il dito sulla schiena d’un milite fascista che passeggiava con la morosa al lago Sirio; la raffica che si prese al bivio di Grivalin, salvandosi a nuoto nel canale; i buffi tentativi di portare il carretto tirato da un mulo recalcitrante… e poi le sue avventure africane che raccontavano di un continente duro, di piroghe sul fiume, della sua “Cilia”, Cecilia, che lo invitava a cambiar discorso. E ciò avveniva nella sua casa circondata dal prato, all’ombra degli alberi, e lui accogliente come un re dell’antica Grecia che invitava generoso a banchetto. Pomeriggi d’estate in cui il vino scorreva: freisa, bonarda per mandar giù tome e salami…

Per quei sedici anni di differenza fu un fratello maggiore, ma ancor più un amico.

Tanti aneddoti ci sarebbero, se la stanchezza e la malinconia lo consentissero…

Ciao, Terribile, raggiungi anche tu la schiera degli Eroi che ti hanno preceduto. Ci avete dato libertà e democrazia.

Ti voglio salutare come avresti fatto tu, alzando il bicchiere di vino (quante volte lo hai rovesciato sulla tovaglia mentre ti sbracciavi a salutar qualcuno!) Alzo a te il bicchiere come se non fosse successo nulla, e tu fossi ancora dritto e potente e forte come un tempo, e fossimo nel tuo giardino.

È un bel 25 Aprile, una radiosa giornata primaverile: “Che non sia mai l’ultima!

Mario Beiletti

(Presidente dell’Anpi di Ivrea

e del Basso Canavese)

23 febbraio 2020

Addio Piergiorgio Maggiorotti

 

Non passa un giorno senza una triste notizia. Mi scrivono da Torino della morte di Piergiorgio Maggiorotti. Piergiorgio è stato eletto consigliere regionale della allora DP nel 1990, come indipendente.

Da fine 1991, confluita DP in Rifondazione, era stato consigliere rifondarolo, sempre indipendente e con molte riserve sul processo di Rifondazione.

Disabile, attentissimo ai temi sociali era meno interessato ai temi ortodossi, tradizionali delle formazioni politiche della sinistra (nuova o tradizionale), ai loro linguaggi e riti.

Credo che i suoi interventi consiliari (forse sarebbe opportuno raccoglierli) testimonino queste scelte e questa formazione.

Addio Piergiorgio Maggiorotti

Ricordo ancora la visita,con lui, al carcere di Cuneo. Nel 1995 aveva terminato il mandato consiliare, continuando un impegno serio e documentato sui temi della disabilità, della salute.

Nei miei anni torinesi, lo avevo incontrato frequentemente. Avevamo presentato, scritte dalle lui e dalle associazioni che rappresentava, tre proposte di legge (2005) sul tema.

Neppure una è mai arrivata in aula.

Lo avevamo distaccato dal suo lavoro, alcune ore alla settimana, presso l’assessorato alla Sanità (assessore Mario Valpreda) perché occupasse della disabilità e fungesse da tramite tra assessorato e “partito”.

Era attivo, puntuale, competente, eccessivamente “timido” in questa politica di squali.

Ricordo un carattere dolce, una lettura sempre problematica delle cose, ben lontana dalle certezze assolute e dai personalismi, una grande idealità che, dalla sua condizione personale, trasferiva nell’impegno sociale.

È un altro pezzo della nostra piccola storia che se ne va.

Ho spesso l’impressione che la sconfitta collettiva e la fine di tante ricche storie personali siano legate fra loro.

Genova, 5 febbraio 2020

Sergio Dalmasso