DOV’È IL FASCISMO? AL GOVERNO (E NON SOLO)

di Sergio Dalmasso

In “Il lavoratore” Anno XXIV n. 3 – 25.04.2024, Dove è il fascismo? Al governo (e non solo) pubblicato anche in sergiodalmasso.com nella sezione: Archivio, Scritti storici, Articoli e saggi.

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Dove è il fascismo? Il lavoratore di Trieste testata giornalistica

Un vento nero spira in Europa e non solamente. Il crollo dell’URSS e del “socialismo reale” ha prodotto, inevitabilmente, non la democrazia liberale o il socialismo democratico,

come pensavano molte anime belle, ma regimi anticomunisti, reazionari, spesso antisemiti, segnati da potere personale e dalla cancellazione di diritti sociali.

L’identificazione del potere con un/una leader è sempre più presente: si pensi a Turchia, Cina, Russia, ma anche al fenomeno Trump negli USA.

L’odio contro l’establishment, contro il “politicamente corretto” fa nascere leadership populistiche e reazionarie.

Se l’Italia è stata il primo Paese a produrre il fascismo, è stata anche la prima a proporre, con il “berlusconismo”,

un modello perverso che si è esteso ad altri Paesi (si pensi al successo di Milei nell’Argentina, che pure ha, alle spalle, una tragica dittatura).

Fenomeno simile si è avuto con la Lega (richiamo il vecchio libro di Gianluca Paciucci e del compianto Walter Peruzzi – di cui ricorre quest’anno il decennale della morte -, Svastica verde),

passata dall’antimeridionalismo al separatismo (Padania, Etruria, sud) al regionalismo differenziato, sempre con ipotesi razziste e con richiami, neppure troppo celati, alla cultura nazista (vedi Claudio Gatti, I demoni di Salvini. I postnazisti e la Lega).

Movimenti di ribellione contro la tassazione, di autonomizzazione delle aree più ricche di molti paesi, di “separatismo dei ricchi” si sono moltiplicate in ogni paese.

Così l’uso strumentale della religione per cui non solo si ostentano nei comizi Vangeli, rosari (Salvini), si prega in diretta televisiva o si chiede la benedizione di Maria vergine (sempre lui).

Ma che diviene elemento comune dalla Polonia alla Spagna dei franchisti di Vox, dalla sguaiata campagna elettorale di Trump alla stessa Francia dove forti sono le tendenze ad aggirare la legge sulla separazione Stato/Chiesa cattolica.

La stessa ipotesi della sostituzione etnica, agitata da Zemmour in Francia e riproposta in Italia (Lega, Lollobrigida) si lega all’antiislamismo.

Ancor peggiore è la situazione negli USA dove prosperano le teorie creazioniste, anti evoluzioniste e nell’America latina dove l’integrismo religioso è strumento dei governi più reazionari (si pensi a Bolsonaro).

Come sempre, quanto accade oggi ha radici lontane.

Dagli anni ’80 del secolo scorso, il neoliberismo reaganiano e tatcheriano ha prodotto una controrivoluzione reazionaria per cui le tematiche dell’estrema destra, per anni minoritarie, si sono estese alla destra tradizionale e “moderata”.

Il discorso vale per i tories inglesi, per la destra gaullista in Francia, pressata dal partito di Le Pen (il maggiore nel Paese), per la realtà spagnola.

Ancor maggiormente per i repubblicani statunitensi e per Paesi come Polonia, Ungheria sino a realtà (Danimarca, Olanda, parte del Belgio) che non parevano toccate da questi fenomeni degenerativi.

La storia italiana e la situazione odierna presentano ovvie specificità.

Il fascismo, nel dopoguerra, ha assunto diversi ruoli. Ricostruito il partito neofascista, contro ogni norma costituzionale, e favorito (il tema sarebbe da approfondire) dall’amnistia di Togliatti e dalla mancata epurazione,

ha avuto per anni la funzione di destra legale, “in doppiopetto”, in più casi usata per operazioni parlamentari.

La riabilitazione di figure come Graziani, Borghese, Badoglio, della più parte dei gerarchi del ventennio e di Salò si inquadra in questa continuità tra liberalismo, fascismo e Italia democratica (si pensi ad esercito, forze dell’ordine, prefetti, questori, provveditori agli studi, codici, programmi scolastici). La stagione dei movimenti sociali produce una modificazione del ruolo del neofascismo

che recupera aspetti “rivoluzionari” (Ordine nuovo e cento altre sigle), è parte attiva nei tentativi di golpe e nello stragismo nero, in uno stretto rapporto con parte dei servizi di sicurezza e con ambienti internazionali (noti i finanziamenti statunitensi al MSI e oltre).

Dal periodo successivo, alcune “idee forza” della destra penetrano nella società:

– scompare progressivamente la discriminante antifascista. Il MSI è sdoganato sino all’ingresso nel primo governo Berlusconi (prima della “svolta” di Fiuggi, gennaio 1995)

– la crisi del sistema politico si lega alla messa in discussione di conquiste sociali e civili, lette come causa della crisi

– il pluralismo parlamentare è messo sotto accusa.

L’affermazione, con grande consenso popolare, del meccanismo maggioritario è legato al decisionismo e alla visione per cui “chi vince prende tutto”, conseguentemente all’ipotesi presidenzialista, falsa risposta alla frattura istituzioni/ cittadini (un tempo Paese legale e Paese reale).

Cresce il senso comune della fine delle ideologie, della non differenza tra i diversi schieramenti.

L’anticomunismo diventa ideologia dominante, favorita anche dal crollo del blocco sovietico.

Il voto del Parlamento europeo sull’equiparazione tra fascismo/nazismo e comunismo, con adesione di tutti gli schieramenti, ne è evidente dimostrazione.

È sempre più difficile, e spesso incompreso, il tentativo di rapportarsi a una lettura critica delle esperienze storiche realizzate e del marxismo.

Il governo nero

La vittoria elettorale deriva dall’egemonia, sociale e culturale, sulla società.

Nazionalismo, darwinismo sociale, liberismo, atlantismo, esacerbazione del pericolo rappresentato dalla migrazione e dalla modificazione della fisionomia “italiana e cristiana”.

La continuità della politica liberista ed atlantista, la sostanziale subordinazione alle politiche europee contrastano con tematiche dell’estrema destra e con molte affermazioni elettorali.

Meloni & C. ripropongono elementi identitari, riforme istituzionali “epocali”:

– il regionalismo differenziato, i cui danni sono evidenti su servizi sociali, scuola, sanità, sulla stessa visione unitaria (per quel che ne resta) del Paese;

– il presidenzialismo, degna conclusione del processo iniziato con il referendum Segni, con il maggioritario e l’elezione diretta di sindaci,

presidenti di regione, con il bipartitismo coatto e la cancellazione di formazioni alternative;

– privatizzazioni striscianti (scuola, sanità, sino alla progressiva vendita dei “gioielli di famiglia”

Contro queste logiche è, mai come oggi, pesante la assenza di una sinistra sociale e politica.

È sufficiente una semplice politica frontista (tutt* contro Meloni)?

È possibile senza rimettere in discussione i danni provocati dai governi di unità nazionale (Draghi non è alternativa al governo di destra, ma ne è causa), le privatizzazioni, l’accettazione delle guerre, la gara a chi è più affidabile per il grande capitale?

La ricostruzione di un’alternativa alla destra mai è stata così complessa, perché la sconfitta da cui veniamo (sociale, culturale, istituzionale, organizzativa) coinvolge tutti gli ambiti.

L’antifascismo, legato a un sistema elettorale democratico, alla ricomposizione dell’unità di classe e della frammentazione sociale prodotta dal neoliberismo, al legame tra diritti sociali e politici,

a una vera rifondazione di pensiero e pratiche, è parte necessaria, anche se non sufficiente di questo tentativo.

Scarica gratis il Lavoratore di Trieste del 25 aprile 2024:

Contiene “Elezioni europee: contro la guerra, senza se e senza ma…” di Gianluca Paciucci (editoriale);

articoli di Roberto Cattaruzza, Mauro Caselli, Effemme, Luigi Dal Fabbro e Paolo Radivo (sezione “Agire localmente”);

“Perché oggi un referendum sulla legge elettorale” di Tommaso Russo (sezione “Pensare globalmente”);

articoli di Lino Santoro, Igor Kocijančič, Eleonora Galli, Sergio Dalmasso (sezione “Pensare globalmente”);

un ricordo di Samo Pahor (scritto da Vincenzo Cerceo) e di Peter Behrens.

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Convegno Rocco Scotellaro

Intervento di Sergio Dalmasso al convegno di Salerno dell’11/12/2023 Rocco Scotellaro. Il meridionalismo eretico di un grande irregolare.

La scelta socialista

È meritorio un convegno su Scotellaro, a Salerno, organizzato da una associazione che svolge un intenso lavoro politico- culturale, oltre che di raccolta di materiale archivistico.

Locandina evento Convegno Rocco Scotellaro di SalernoHo più volte ricordato come questo impegno, nel “profondo sud”, mi ricordi quello che in una realtà provinciale del “profondo nord”, ho tentato di praticare per decenni interi (attività politica, circolo ARCI, circolo culturale, giornalino ciclostilato, cicli di dibattiti e conferenze, pubblicazione periodica dei Quaderni “Storia, cultura, politica”).

Scotellaro nasce a Tricarico nel 1923.

Studia, spostandosi in varie sedi, Scrignano degli Alburni (collegio), Cava dei Tirreni, Matera, Roma, Potenza, Trento, Tivoli. Maturità classica e iscrizione, a Roma, alla facoltà di giurisprudenza, che non porterà a termine.

Le prime tensioni antifasciste sembrano comparire durante il suo soggiorno a Trento, dove vive la sorella e si concretizzano per l’intreccio fra andamento disastroso della guerra e presa di coscienza della “questione meridionale”.

Anche a causa della morte del padre, Scotellaro rientra a Tricarico, dove, nel dicembre 1943, si iscrive al Partito socialista (allora PSIUP).

La Basilicata è terra di confino politico.

Fra i 5.000 confinati, si ricordano, oltre a Carlo Levi, notissimo per il suo Cristo si è fermato a Eboli, Eugenio Colorni, uno degli autori del Manifesto di Ventotene, Camilla Ravera, Manlio Rossi Doria.

CONTINUA …

Sergio Dalmasso

Dowload saggio completo Intervento su Rocco Scotellaro:

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Saggio pubblicato su Memoria in movimento e nella sezione del sito Archivio, Scritti storici, Articoli e saggi

Psiup, il “partito provvisorio” che fu la culla dei movimenti

Rivista Critica Sociale nuova serie, PSIUP. Parabola di un partito

PSIUP. Parabola di un partito, Il percorso del PSIUP (1964- 1972) è ormai dimenticato.

La stessa tematica politica della sinistra socialista sembra ignorata, in un quadro bipolare in cui analisi, matrici, istanze sembrano del tutto uniformate.

PSIUP, Partito Socialista di Unità ProletariaPer anni, gli stessi dirigenti di questo partito, dopo la sua improvvisa scomparsa, ne hanno quasi rimosso gli aspetti più originali,

appiattendosi o in una “continuità togliattiana” (la maggioranza che confluisce nel PCI) o nel recupero, senza rotture, della tradizione del riformismo socialista (la minoranza che tornò nel PSI).

In alcune biografie o analisi, gli otto anni nel PSIUP sono tralasciati e quasi dimenticati;

nelle storie dell’Italia del dopoguerra i richiami a questi sono limitati a poche note.

Eppure questo partito e più ancora quest’area hanno significato, per una generazione di militanti, un riferimento importante, un laboratorio politico di una intera stagione.

Un tentativo schematico di periodizzazione distingue quattro fasi:

– quella della sinistra socialista nel PSI (1955- 1964)

– il passaggio da corrente a partito e la fondazione e strutturazione del PSIUP (1964-1966)

– l’apice sia elettorale che nella presenza sociale (1966- 1968)

– la crisi progressiva sino allo scioglimento (1968- 1972).

La sinistra socialista inizia a caratterizzarsi dopo il congresso di Torino (1955), in cui il PSI propone aperture verso il mondo cattolico e la DC.

Se, inizialmente, vi è la contrarietà dei soli Basso e Lussu, l’opposizione si struttura negli anni successivi, proporzionalmente all’avvicinarsi della maggioranza autonomista alla formula del centro- sinistra e al progressivo allontanamento dal PCI.

Il congresso di Venezia (1957) segna una maggioranza politica “nenniana” che non si trasforma in maggioranza negli organismi dirigenti.

Se parte della sinistra sembra appiattita sul PCI, in una sorta di logica “frontista”, all’”Avanti!” collabora Gianni Bosio, la rivista “Mondo operaio”, di fatto diretta da Raniero Panzieri,

rilegge Marx, propone la centralità della fabbrica e l’uscita in positivo dalle macerie dello stalinismo, sino alle Sette tesi sulla questione del controllo operaio, scritte a quattro mani da Panzieri e Libertini.

CONTINUA …

Sergio Dalmasso

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Catalogato nella sezione del sito: Archivio, Scritti storici, Articoli e saggi.

Il Calendario del popolo n. 644, Il revisionismo storico “diffuso”

No a Tambroni e ai fascisti, di Sergio Dalmasso. Mentre si scrive è presente in Ebay il numero 644, luglio 2000, de “Il Calendario del popolo” del 2000 intitolato Il revisionismo storico “diffuso” dal saggio di Luciano Canfora.

In esso vi è – fra gli altri – il saggio di Sergio Dalmasso intitolato: Giugno-luglio 1960: NO a Tambroni e ai fascisti! catalogato nella sezione Archivio, Scritti storici e Articoli e saggi di questo sito.

Gli autori del numero 644, luglio 2000, del Calendario del popolo sono stati: Sergio Dalmasso, Franco Pedone, Luigi Urettini, Paolo Marzorati, Alberto Burba, Michael Löwy, Luciano Canfora, Gianni Giadresco, Fulvio Grimaldi, Irea Gualandi, Umberto Terracini.

Copertina calendario del popolo n. 644, Giugno-luglio 1960: No a Tambroni e ai fascisti!

CALENDARIO DEL POPOLO n. 644, 07/2000: Il revisionismo storico “diffuso.

Franco Della Peruta (direttore), Nicola Teti (direttore responsabile).

A tal proposito si ripropone il saggio di Sergio Dalmasso  in esso pubblicato:

Stralcio del saggio: Il governo Tambroni

Il 21 marzo ‘60, il DC Fernando Tambroni riceve l’incarico di formare il governo che nasce, il 25 marzo, senza una maggioranza precostituita.

Alla Camera, il monocolore DC di Tambroni ottiene la fiducia per soli tre voti.

Determinanti i 24 parlamentari del MSI.

Dieci ministri annunciano le dimissioni, anche se solamente tre (Pastore, Bo e Sullo, della sinistra del partito) le confermano.

Per una settimana si tenta di ripercorrere la strada di una cauta apertura a sinistra, ma il tentativo di Fanfani fallisce, anche per il mancato appoggio della Presidenza della Repubblica e la non velata opposizione di settori confindustriali e di parte della gerarchia ecclesiastica.

Il 16 aprile, il cardinal Siri, di Genova, ha minacciato; in un incontro con l’on. Lucifredi, la possibile nascita di un secondo partito cattolico, appoggiato ai Comitati civici, se la DC aprirà ai socialisti.

A questo punto, il presidente Gronchi riesuma il governo Tambroni e lo invia al Senato, dove ottiene la fiducia, ancora con l’appoggio del MSI e con dichiarazioni non lontane dall’antiparlamentarismo della destra.

Forte il timore di involuzione democratica, di verticalizzazione del potere, in una realtà europea segnata dall’ascesa, in Francia, di De Gaulle.

Pur presentatosi come ministero della organizzazione amministrativa e degli affari costituzionali, il nuovo esecutivo tenta di caratterizzarsi come “governo forte”, con un organico rapporto, da “governo di palazzo”, con il presidente Gronchi e con appoggi dalla destra economica.

Il 21 maggio, a Bologna, viene disperso un comizio del PCI, tenuto da Giancarlo Pajetta.

Tambroni, pur provenendo ufficialmente dalla sinistra DC, ondeggia fra anticomunismo, integralismo cristiano, atteggiamenti populistici. L’equilibrio fra le due ali estreme dello schieramento politico si trasforma nell’offrire legittimazione democratica al MSI.

Genova, il 30 giugno

Per il 2, 3 e 4 luglio, il MSI convoca il suo congresso nazionale.

Per la prima volta, anziché una cittadina di provincia, non toccata particolarmente dal movimento resistenziale, è scelta Genova, la città che si è liberata da sola, addirittura il 24 aprile 1945.

Anche il luogo fa pensare ad una provocazione, ad un oltraggio: il teatro Margherita, in via XX settembre, è a pochi metri dal sacrario dei partigiani caduti.

CONTINUA…

Download “Giugno-luglio 1960: No a Tambroni e ai fascisti! (di S. Dalmasso)” Calendario-del-Popolo-Numero-644-No-a-Tambroni-e-ai-fascisti.pdf – Scaricato 20686 volte – 106,33 KB

Lelio Basso: un maestro scomodo

Calendario del popolo n. 602, La ricerca teorica di Lelio Basso

La ricerca teorica di Lelio Basso – mentre si scrive è presente in Ebay il numero 602 dell’ottobre 1996 de “Il Calendario del popolo” intitolato Walter Fillak Il ragazzo partigiano impiccato due volte, saggio di Monica De Marinis.

In esso vi è – fra gli altri – il saggio di Sergio Dalmasso intitolato: La ricerca teorica di Lelio Basso catalogato nella sezione: Archivio, Scritti storici e Articoli e saggi di questo sito con il titolo Lelio Basso: un maestro scomodo.

Gli autori del numero 602 del Calendario del popolo sono stati: Sergio Dalmasso, Lelio La Porta, Aldo Bernardello, Franco Della Peruta, Fabio L. Grassi, Monica De Marinis,  Maria Canella, Sergio Giangirolami, Alessandro Roveri, Danilo L. Massagrande e Tiziano Tussi.

Copertina Il calendario del popolo numero 602, La ricerca teorica di Lelio Basso

CALENDARIO DEL POPOLO numero 602 ottobre 1996 – WALTER FILLAK – LELIO BASSO – MASSONERIA.
Franco Della Peruta (direttore), Nicola Teti (direttore responsabile).

A tal proposito si ripropone il saggio di Sergio Dalmasso in esso pubblicato: Lelio Basso: un maestro scomodo:

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Gratis il I capitolo del libro: Lelio Basso. La ragione militante. vita e opere di un socialista eretico.

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Esame universitario di Lelio Basso con il prof. Piero Martinetti.

Chi ha avversato la Costituzione

Goodmorning Genova intervista allo storico Sergio Dalmasso sul tema i nemici della Costituzione.

Sergio Dalmasso spiega chi sono I nemici della Costituzione

“Nella Charlas di ieri (ndr, Genova, martedì 27 febbraio 2024) intitolata proprio “I nemici della Costituzione” abbiamo chiesto allo storico Sergio Dalmasso di spiegarci:

chi in Italia ha avversato la Costituzione e quali rischi corre quest’ultima.

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Sergiodalmasso.com

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Sergio Dalmasso ha contribuito in modo significativo alla comprensione della storia politica e sociale italiana.

Il suo costante impegno nella divulgazione storica si riflette anche nella cura dei Quaderni semestrali del CIPEC, giunti al numero 72 nel 30° anno di pubblicazione (2024) e tanto altro.

Esplora gli scritti di Dalmasso per accedere a un ricco patrimonio di conoscenze sulla storia politica italiana e alla significativa produzione letteraria di Sergio Dalmasso.

Il Canale YouTube di Sergio Dalmasso è una preziosa risorsa che offre un affascinante viaggio nel mondo della storia, della politica e della cultura attraverso gli occhi dello stimato storico.

Con i suoi  87 video (attualmente), il canale si presenta come un archivio ricco di conoscenze, in cui Sergio Dalmasso presenta i suoi nuovi volumi, esplora i Quaderni del CIPEC e approfondisce l’attualità del pensiero di figure iconiche come Antonio Gramsci e Rosa Luxemburg, Che Guevara e altre figure importanti per il movimento operaio.

 

 

Il Calendario del popolo n. 615, 1997

Mentre si scrive è presente in Ebay il numero 615 de “Il Calendario del popolo” del dicembre 1997.

In esso vi è – fra gli altri – il saggio di Sergio Dalmasso intitolato: Bernstein, Kautsky e Rosa Luxemburg catalogato nella sezione Archivio, Scritti storici e Articoli e saggi di questo sito.

Gli autori del numero 615, dicembre 1997, del Calendario del popolo sono stati: Sergio Dalmasso, Giorgio Bini, Sergio Giangirolami,  Franco Della Peruta, Mario R. Storichi, Antonello Rossetti, Diego Giachetti.

 

Bernstein Kautsky e Rosa Luxemburg copertina calendario del popolo 615

CALENDARIO DEL POPOLO 615, 12/1997: SOCIETÀ DI MUTUO SOCCORSO. Scuola di BARBIANA
Franco Della Peruta (direttore), Nicola Teti (direttore responsabile).

A tal proposito si ripropone il saggio di Sergio Dalmasso  in esso pubblicato intitolato:

Il primo dibattito sul “revisionismo”: Bernstein, Kautsky, Rosa Luxemburg.

Il primo dibattito teorico nel movimento socialista compie ormai 100 anni.

Una riflessione su questo e sui nodi che ha aperto ha significato non solo come riflessione sulla storia del movimento di classe e sulle sue grandi figure, ma anche per gli elementi di attualità che a distanza di cento anni, conserva.

Già negli ultimi anni della sua vita, Marx vede parzialmente modificato e stravolto il suo pensiero.

La crescita della socialdemocrazia tedesca, nata dalla unificazione dei due filoni di Bebel e di Lassalle propone a tutto il movimento operaio un modello sostanzialmente riformista e gradualista, legato al pensiero positivista.

La polemica di Marx espressa nella Critica al programma di Gotha è centrata sulla rivendicazione della dittatura del proletariato, sull’affermazione di un diritto diseguale (essendo diseguale la natura), sulla celebre affermazione “da ognuno secondo le sue possibilità, ad ognuno uno secondo i suoi bisogni”.

La sferzante conclusione “Dixi et salvavi animam meam” è una chiara presa di distanza rispetto alla deriva teorico-pratica verso cui muove il nuovo partito. …

CONTINUA

Download saggio completo Il primo dibattito sul “revisionismo”: Bernstein, Kautsky, Rosa Luxemburg:

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In “Il Ciclostile”, n. 13, novembre 2023, diretto da Angelo Orientale, Un partito del lavoro?

Un nuovo partito del lavoro? copertina Ciclostile Quarto stato Pelliza da Volpedo

Un partito del lavoro è ancora possibile?

Senza cercare ogni volta, la soluzione miracolistica, il salvatore della patria e senza avere una visione di breve periodo, da tempo la sinistra avrebbe dovuto assumere alcune scelte chiare e lineari, senza rimetterle in discussione ad ogni scadenza:

– totale e irreversibile autonomia rispetto al centrosinistra;

– priorità delle tematiche sociali ed ambientali che debbono essere coniugate;

– politica di piano: transizione ecologica, banca pubblica di investimento, assunzioni per lavori di utilità sociale;

– socializzazione delle utilities pubbliche (energia, gas, acqua), loro pubblicizzazione con gestione democratica e controllo (vecchia proposta) dei lavoratori;

– rilancio del welfare. No alle privatizzazioni e alla mercatizzazione di trasporti, sanità, istruzione…;
– controllo democratico sulla gestione delle imprese;

– tassazione progressiva sui grandi patrimoni e sulle ricchezze finanziarie;

– riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario. Ricordo la vecchia promessa di Prodi (1997), allegramente dimenticata e mai mantenuta;

– attacco alla precarietà;

– rimessa in discussione immediata della architettura della UE, basata sull’austerità e sul servilismo atlantista.

Occorre cambiare le regole e gli attuali trattati:

– politica di pace, nel ripudio di tutte le guerre, nella messa in discussione dell’atlantismo servile, delle basi militari nucleari presenti sul nostro territorio.

Circa la guerra russo- ucraina, rifiuto di ogni posizione di campo, richiesta di una soluzione di pace che preveda l’autonomia delle due regioni russofone e il non ingresso dell’Ucraina nella NATO (così chiedevano i sempre disattesi accordi di Minsk).

– politica europea sulla migrazione, fenomeno epocale nato da guerre, catastrofe climatica, divario crescente fra aree del mondo.

Questa ipotesi dovrebbe implicare non scioglimenti, nuove sigle, soluzioni miracolistiche…, ma la capacità delle formazioni politiche e sociali esistenti di avere progetti comuni, discussioni (non da intergruppi), un progetto di lungo periodo che eviti rotture, traumi e polemiche ad ogni scadenza.

Pesano i vizi che conosciamo e ci perseguitano da decenni.

La necessità è, però, evidente e dovrebbe permettere di superare estremismi ed opportunismi, pena il ritorno della già sperimentata “politica del pendolo”:

opposizione (doverosa) alle destre, ma nel caso di governi diversi, l’incapacità di produrre politiche alternative, con conseguente distruzione di quello che un tempo era il blocco sociale cui la sinistra faceva riferimento.

Sergio Dalmasso

Documento presente anche nella sezione del sito Archivio, Scritti storici, Articoli e Saggi.

Download del saggio completo: Un partito del lavoro?

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Capitolo primo Rivista La Sinistra, Sergio Dalmasso

LA RIVISTA

LA SINISTRA

Copertina Capitolo primo La Rivista La sinistra

La Samonà-Savelli

La casa editrice Samonà-Savelli nasce a Roma nel 1963.

Giuseppe Paolo Samonà è redattore all’“Unità”, ma ne viene allontanato per dissenso politico.

Studioso di letteratura, sarà insegnante nelle università di Chieti-Pescara, Mogadiscio, Montreal.

Pubblicherà testi su Gioacchino Belli (1969), Giuseppe Tomasi di Lampedusa (1974), Letteratura e stalinismo (1971). Tradurrà il poeta russo Sergej Aleksandrovic Esenin.

Nel 1968 abbandona la casa editrice che, dal 1970 alla chiusura (1982), si denominerà: Savelli- La nuova sinistra.

Giulio Savelli (Roma 1941) proviene da una famiglia dell’alta nobiltà romana, legata al Vaticano.

Nell’autunno 1966, viene radiato dalla federazione romana del PCI, a causa della nascita del mensile “La Sinistra”.

Dagli anni ’80, cosa comune a tante figure dell’area, modifica le proprie posizioni, sino all’approdo, nel 1996, alle liste della destra berlusconiana.

È eletto deputato nella circoscrizione di Legnano, con il 36,8%, superando la candidata della Lega (29.5%) e quello dell’Ulivo (33,7%).2

Fa parte, successivamente, dei gruppi di Forza Italia, Misto-patto Segni-liberali, UDR, CCD.

La casa editrice si caratterizza come voce della sinistra critica verso l’accordo DC-PSI, ma anche verso il PCI e le sue scelte politico-culturali.

Delle due correnti di pensiero, allora dissenzienti rispetto alla direzione togliattiana, l’operaismo e il trotskismo, la Samonà Savelli “sposa” la seconda, appoggiando le posizioni della Quarta internazionale in una sua fase, in Italia, di relativa crescita.

L’”entrismo” nel PCI fa sì che in più federazioni siano attivi esponenti trotskisti, come anche nella redazione dell’”Unità”.

La messa in discussione dello stalinismo, dopo il 1956, ha prodotto discussioni, anche scontri, soprattutto nella FGCI e nel suo organo “La città futura”.

La realtà internazionale, in movimento, ha forti ricadute anche nella realtà italiana.

I primi titoli prodotti sono tutti “politici”. Suscita polemiche Scrittori e popolo (1965) di Alberto Asor Rosa, attacco frontale allo storicismo e al “populismo” della cultura del PCI.

Il testo sottolinea la differenza fra l’ideologia degli intellettuali di sinistra e le esigenze della classe operaia (Asor Rosa è tra gli artefici della rottura del gruppo dei “Quaderni rossi” e della nascita di “Classe operaia”), mette in discussione la politica culturale togliattiana nel suo rapporto con la tradizione democratica nazionale (Vico-Croce) e conseguentemente lo stesso Gramsci (poco amato negli “anni ’68”).

Continua…

SERGIO DALMASSO

GRATIS il primo capitolo dell’OPUSCOLO LA RIVISTA LA SINISTRA di seguito:

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L’ Autonomia Differenziata Spiegata in Parole Semplici

Intervista a Marina Boscaino Comitato No AD

Intervista a Marina Boscaino, portavoce nazionale dei Comitati per il ritiro di ogni autonomia differenziata, per l’unità della Repubblica e l’uguaglianza dei diritti.

Video YouTube dell’intervista a Marina Boscaino sulla Autonomia Differenziata:

 Moderatore Pasquale Madonna.

No Autonomia Differenziata che divide l'Italia

Fonte, Rifondazione Comunista: http://www.rifondazione.it/primapagina/?p=55522

***

Lavoroesalute:

In Italia 22 milioni di persone sono intrappolate in liste d’attesa infinite dopo decenni di regionalismo sanitario.

E l’autonomia differenziata del disegno di legge Calderoli peggiora la situazione.

Non sarebbero i LEA o i LEP né il regionalismo fiscale a garantire l’universalismo dei servizi ovunque.

Nel Servizio Sanitario Nazionale, 22 milioni di persone, cioè una su tre in tutto il Paese, sono intrappolate in liste d’attesa senza fine.

Questo dato, più che una rivelazione, è un’ovvia verità.

Le storie di chi aspetta mesi, e persino anni, per un controllo sono note a molti, sia per esperienza personale che per procura.

C’è chi non può permettersi di aspettare e preferisce rivolgersi al privato, pagando di tasca propria.

Altri, circa quattro milioni di persone, non solo non possono attendere, ma non hanno neanche la possibilità economica di considerare alternative.

Questo dato è ancor più inquietante se si pensa che sono proprio coloro che vivono in condizioni di povertà ad avere più bisogno di una sanità accessibile.