ALDO NATOLI

Un comunista senza partito

Ella BAFFONI, Peter KAMMERER, Aldo Natoli, un comunista senza partito, Roma, ed dell’asino, 2019.

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Libro su Aldo Natoli

Scheda di Sergio Dalmasso scritta per la rivista dell’Istituto storico di Cuneo “Il presente e la storia”.

Il testo di Baffoni e Kammerer ha il grande merito di riportare alla luce la figura di Aldo Natoli, su cui, non solamente dopo la morte (2010) è scesa una sorta di damnatio memoriae, per la sua partecipazione all’eresia del “manifesto” ed anche per le posizioni storiografiche spesso eterodosse.

Il libro è diviso in tre parti: una sintetica biografia, la raccolta di numerose testimonianze, una intervista allo stesso Natoli in cui questi ripercorre alcune tappe della propria vita.

Natoli nasce a Messina nel 1913. Vive i primi anni nelle baracche costruite dopo il tremendo terremoto che ha distrutto la città. Il padre, laureato in lettere antiche alla Normale di Pisa, insegna, per scelta pedagogica, alle medie inferiori.

Aldo si laurea in medicina, è interessato alla ricerca scientifica e nel 1939 viene inviato all’Istituto per il cancro di Parigi.

Qui entra in contatto con i comunisti in esilio e inizia una attività di tramite fra la centrale all’estero del PCI e “l’interno”, anche grazie al fratello maggiore Glauco, lettore all’università di Strasburgo. Fra le amicizie, Paolo Bufalini, Lucio e Laura Lombardo Radice, Bruno Sanguinetti, la futura moglie Mirella De Carolis.

Il 21 dicembre 1939 è arrestato e condannato a cinque anni (due saranno condonati).

Il carcere di Civitavecchia è per lui “scuola di comunismo” e di incontro con la classe operaia.

E’ liberato (amnistia) nel dicembre 1942,

arruolato nell’esercito e dal settembre 1943 lavora all’edizione clandestina dell’”Unità”.

Dopo la liberazione di Roma, è dirigente della federazione del PCI (segretario dal 1946 al 1954), consigliere comunale, parlamentare dal 1948 al 1972.

Gli autori sottolineano l’impegno di Natoli verso le periferie della città, i quartieri rossi e poveri, di borgate e borghetti, l’interesse, spesso non compreso nel partito,

per il sottoproletariato (significativo il dibattito su Una vita violenta di Pasolini), ma soprattutto la battaglia contro la speculazione edilizia, il sacco di Roma,

alla base della campagna condotta dall’”Espresso” Capitale corrotta, nazione infetta.

E’ un impegno che forse avrebbe salvato la città, in mano ai “palazzinari”, da colate di cemento, ma che – sostiene Natoli nella testimonianza- non è fatta propria interamente neppure dal PCI che la segue con sufficienza e la ritiene secondaria rispetto ad altre.

Inizia un nuovo campo di attività e diviene il vice di Luigi Longo alla sezione lavoro di massa.

Sono gli anni delle grandi trasformazioni strutturali del paese e delle condizioni di lavoro, della sconfitta della CGIL alla FIAT, della biblica migrazione interna,

del dibattito sul neocapitalismo, ma anche delle domande sullo stalinismo, sull’URSS, dopo il XX congresso dei comunisti sovietici, gli scioperi in Polonia e la rivolta ungherese.

Natoli, che ha accettato i processi di Mosca negli anni ’30 e il patto sovietico/tedesco, nella fedeltà al partito come unico strumento per agire, esprime i primi dubbi, le prime critiche, “da destra”, quasi in consonanza con Antonio Giolitti, di cui, però, non segue il percorso.

Diverso è invece il giudizio sulla realtà italiana e sulla necessità di una diversa strategia.

Questo lo avvicina ad Ingrao e alla battaglia, sconfitta frontalmente, che questi tenta nell’XI congresso del PCI (1966).

La sinistra interna è emarginata, perde ogni ruolo nell’organigramma del partito.

Nel 1969, un piccolo gruppo di ingraiani (senza il leader) riprende molti dei temi e delle proposte,

facendo leva sull’esplosione del movimento del ’68, della spinta studentesca ed operaia, sul radicalizzarsi della situazione internazionale (Cina, Vietnam, America latina).

Nasce (giugno) la rivista “il manifesto” che produce la radiazione dei suoi redattori (Rossanda, Pintor, Caprara, Magri …).

E’ Natoli, nel comitato centrale che vota, quasi all’unanimità, il provvedimento, a pronunciare un lungo intervento in cui ribadisce le posizioni del gruppo e che si chiude sostenendo che si può essere comunisti anche al di fuori del partito.

Inizia un nuovo percorso, ma anche qui si accumulano le contraddizioni.

Natoli riferisce di scontri con Magri che chiede strette organizzative, mentre sarebbe più utile un lavoro di lunga lena, a tempi più lunghi, senza una precisa definizione partitica.

E’, quindi, contrario al breve rapporto con Potere operaio, alla partecipazione alle elezioni (1972),

alla costruzione di un piccolo partito, anche alle scelte successive sino alle liste con Lotta Continua nel 1976,

all’identificazione fra il quotidiano “il manifesto” e una organizzazione politica.

Termina qui, in questi anni che il libro racconta in modo eccessivamente affrettato, la militanza di partito ed inizia una intensa, anche se poco nota, attività culturale.

Partecipa alle attività del circolo culturale di Montesacro, formato soprattutto da giovani che, tra il 1969 e il 1970,

hanno lasciato il PCI e collabora con l’Istituto di filosofia dell’università di Urbino con corsi, seminari e convegni (Mao, Marx, lo stalinismo…).

Molti i suoi libri; nel 1971, pubblica La linea di Mao. Spontaneità e direzione nella rivoluzione culturale cinese, con Lisa Foa (Bari , De Donato, 1971), nel 1979 Sulle origini dello stalinismo, saggio popolare (Firenze, Vallecchi),

oggi datato, ma testimonianza del grande lavoro fatto per comprendere l’origine di tanti scacchi della sinistra.

L’interesse per Gramsci e dimostrato dall’innovativo Antigone e il prigioniero.

Tania Schucht lotta per la vita di Gramsci (Roma, ed. Riuniti, 1991) in cui “scopre” la figura della sorella della moglie di Gramsci,

Tatiana Schucht, la persona che più ha seguito il carcerato in tutto il suo percorso.

Natoli è il primo a pubblicare con Gramsci- Tatiana Schucht, Lettere 1926-1935, non solo le lettere di Gramsci, ma anche quelle della cognata,

per decenni ignorate, ricomponendo – nella sua interezza – un dialogo sino ad allora sconosciuto.

L’ultimo testo esce nel 2013, tre anni dopo la sua morte, ed è un dialogo, con un altro grande della sinistra, Vittorio Foa, bilancio di una vita, Dialogo sull’antifascismo. Il PCI e l’Italia repubblicana, (Roma, Editori Riuniti University Press).

Le testimonianze presentano tanti volti, anche familiari e privati, di Natoli, letti da persone di età ed esperienza politica diversa (tra gli altri Sandro Portelli, Rossana Rossanda, Enzo Collotti, Celeste Ingrao).

Nessuna ha, però, la bellezza di una vecchia intervista, curata da Sandro Portelli per “i giorni cantati” che si chiude con un episodio toccante.

Natoli prende un tram verso la stazione Termini, un tranviere lo riconosce e gli chiede: “Aldo che cosa fai?”; “Sono un comunista senza partito.”; “Anch’io”.

Foto di Aldo Natoli

Aldo Natoli

Veronica Perego

In foto, Veronica Perego

La malattia di Alzheimer

 

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SALVARE DALL’OBLIO E DALLA MEMORIA

di Franco Di Giorgi

La Malattia di Alzheimer

1  . Una delle categorie kantiane fondamentali della ragione pura è la relazione. E ciò non solo dal punto di vista logico-trascendentale, ma anche da quello ontologico e neurologico. Quando, infatti, nel suo primo saggio, ossia nella sua tesi di laurea (La malattia di Alzheimer: percezione del tempo e memoria. Riflessioni tra neurologia e filosofia, Caosfera 2019), Veronica Perego ribadisce che compito della moderna neurontologia è «rintracciare nell’ontologia cerebrale l’origine delle strutture del pensiero consapevole» (p. 5), con ciò implicitamente intende riprendere la lezione di Aristotele, secondo cui la filosofia è la scienza che ricerca le cause dell’essere. Che cosa vuol dire infatti «rintracciare nell’ontologia cerebrale l’origine delle strutture del pensiero consapevole», se non, appunto, ricercare le cause materiali dell’essere? E l’ontos cerebrale, il cervello, vale a dire, appunto, la materia grigia, è certamente la sostanza in cui è possibile reperire le strutture della mens, della mente, come pure della mnemé, della memoria, e quindi del pensiero consapevole. Una di queste strutture della mens risiede proprio nella categoria kantiana di relazione, la quale, non a caso, corrisponde a una delle dieci categorie aristoteliche alle quali il pensatore di Könisberg ha applicato il suo ordine prussiano. Sicché, pure dal punto di vista neurontologico la relazione si può considerare non solo una condizione trascendentale della possibilità del conoscere, ma anche una condizione fisiologica, se non addirittura istologica di quella medesima possibilità.

Il rapporto fondamentale di causa-effetto, su cui si fonda l’intera impalcatura della logica, della scienza e quindi dell’epistemologia, rientra ovviamente nella categoria di relazione, giacché esiste un legame dialetticamente intrinseco tra i due elementi. Non si può considerare logicamente l’uno senza presuppore neuro-logicamente anche l’altro. E poiché quel legame, quella relazione si produce a livello inconscio, cioè a priori, si può parlare in riferimento a questa categoria di una trascendentalità fisica o fisio-logica. Compito della filosofia sarà di coglierla a livello logico-trascendentale, mentre compito della scienza neurologica sarà di rilevarla a livello fisico-trascendentale o fisio-logica.

Dato, ad esempio, un effetto B, ogni forma di scienza, e quindi la filosofia (che per lo Stagirita è la regina di tutte le scienze), è necessitata a ricercarne il motivo, il motus originario, la causa A. Bisogna dunque risalire da B ad A. Questo movimento del risalimento è anche quello che i neurologi colgono tra le cellule neuronali in presenta di un segnale, di uno stimolo. C’è d’altronde un percorso che questo segnale deve compiere da un punto B (le cellule nervose stimolate in una particolare zona del cervello) a un punto A (il tendine del ginocchio stimolate da un martellino). In quanto elementi a priori, né il percorso compiuto dal segnale né tanto meno la struttura dell’intero sistema nervoso dipendono ovviamente dalla volontà dell’uomo, il quale altro non è, come diceva già Marco Aurelio, che l’insieme, la risultante delle molteplici sinergie relative ai vari sistemi e ai diversi organi che lo costituiscono. La sinergia è quella che si instaura enigmaticamente tra le finalità e le funzionalità sia degli organi sia dei sistemi stessi cui essi mettono capo. Quello che si avverte a livello cerebrale, neuronale o della mens non è altro che la conseguenza, l’effetto di una causa che si verifica a livello fisico o sensoriale. L’intero movimento ha quindi una realtà psico-fisica. E così pure l’essere umano nella sua essenza è inscindibilmente una realtà duale, una realtà psico-fisica.

Ciò significa che questo movimento, questa cor-relazione tra la causa tattile e l’effetto neuronico, avviene in un certo tempo (oggi misurabile grazie a Luigi Galvani, il quale, tra l’altro, comincia i suoi esperimenti con le rane proprio nell’anno in cui esce la prima edizione della Critica della ragion pura, cioè il 1781), determinando così una temporalità, un prima e un dopo. Ma nella Fisica Aristotele aveva già intuito che il tempo, il chrónos, è la misura del movimento secondo il prima e il dopo: una misura, un metrón, che ha la sua condizione nell’anima e quindi nell’intelletto, il quale funziona grazie alle dieci categorie, tra cui, appunto, la relazione, forse la più importante dopo quella di sostanza.

La realtà psico-fisica dell’uomo si evince pertanto anche dal fatto che non si dà misurato – non solo il movimento oggettivo ed esterno, secondo il prima e il poi spaziale, ma anche il movimento interno secondo il prima e il poi temporale – senza misurante – non solo soggettivo ed interno (l’anima), ma anche oggettivo ed esterno (il corpo) – , e reciprocamente non si dà misurante (anima-corpo) senza misurato (movimento esterno e interno, spazio-temporale). Non si dà misura e quindi tempo, senza movimento, cioè distanza spaziale tra causa ed effetto. La memorizzazione psicofisiologica, vale a dire l’apriorizzazione del tutto inconscia e quindi trascendentale di questa durata, crea al contempo un’attesa strutturale.

Sicché, a fronte del dato sensorio in A, mi attendo che, sebbene in un tempo minimo e impercettibile, si verifichi l’avvertimento neuronico, la presa di coscienza in B. Diciamo “si verifichi” non a caso, perché è proprio in virtù di questa attesa minimale e irrilevante che noi avanziamo una qualche pretesa di verità in questo rapporto, in questa relazione temporale e spaziale. Ne viene che vero sarà solo quell’effetto che ha avuto quella precisa causa; vera è l’adaequatio mens et stimulus, la corrispondenza dell’effetto neuronico a quella causa sensoria, alla sua precisa causa. Vista quindi la natura intimamente psico-fisica dell’uomo, non sembrerebbe peraltro corretto parlare di effetto mentale (coscienza del dolore) “distante” dalla causa fisica (dolore fisico), in quanto ogni minima parte del corpo umano è innervato. Eppure una distanza fisico-corporea ad esempio tra il ginocchio e il cervello di fatto esiste, perché è solo qui, nella mens (e non nel sensus) che, sebbene dopo un tempo minimo, cioè al di sotto della soglia di percezione, si prende coscienza del dolore fisico (sensus doloris). Tuttavia è proprio su “esperienze” simili, su “esperienze di soglia” come il sensus doloris che si forma quel sensus communis, cioè il modo di pensare e di conoscere comune, il sentimento naturale.

La patologia dell’Alzheimer è una distorsione del funzionamento di queste strutture del pensiero (tempo, spazio, realtà del mondo); è una particolare forma incurabile di de-menza (mens, mente): una malattia che si presenta propriamente con disturbi della memoria (“tenere a mente”) e di conseguenza di orientamento nel tempo, nello spazio, nel rapporto con la realtà e con gli altri. È una alterazione non solo del Sein, dell’essere, ma anche del Mit-sein, del con-essere, per usare la terminologia heideggeriana fatta propria anche dall’antropologia esistenziale di Ludwig Binswanger.

Una delle principali cause di una tale malattia, secondo gli studiosi, risiede nella placche di una proteina (la beta amiloide) che si formano tra le sinapsi e che bloccano in tal modo il passaggio del segnale nervoso tra una cellula e l’altra. Ancorché dunque a livello cerebrale, la distanza tra B e A, tra causa ed effetto, tra un prima e un dopo, viene in tal modo di fatto annullata e con essa anche il senso della temporalità, della durata e dell’attesa, sicché il paziente sarà costretto a vivere nel presente tutto il passato e forse anche tutto il futuro. Si prefigura così un’esistenza isolata, un isolamento, a causa del quale difficile resta la relazione e la comunicazione con gli altri e con il mondo. Con questi pazienti vi potrà essere soltanto una comunicazione empatica ed emotiva, ma non logica e razionale. Un tale rapporto dovrà pertanto avere come unico fine il riconoscimento dell’esistenza della persona dell’ammalato. «L’esistenza di una persona – scrive infatti l’autrice – sembra essere legittimata solo se l’altro, l’alterità, la riconosce» (p. 120). E, almeno sotto questo aspetto, anche il racconto, la testimonianza di un sopravvissuto alla Vernichtung può essere legittimata solo se chi lo ascolta lo riconosce e vi crede.

2. A causa di questo sfasamento psico-fisiologico, nei malati di Alzheimer accade che il passato venga rivissuto nel presente come se fosse presente. Per essi il passato è il presente e il presente è il passato. A motivo di ciò si verifica in essi uno sdoppiamento dell’io, in quanto pur mantenendo l’io del presente, nel loro dire rievocano e rivivono anche quello del passato, del quale però l’io del presente resta prigioniero. L’io del presente rimane prigioniero dell’io passato. L’io maturo viene piegato dalle istanze dell’io giovanile.

A differenza dello sdoppiamento o della moltiplicazione degli io e quindi delle diverse identità di cui parla tra l’altro anche Proust nella Recherche, qui il soggetto paziente non può più tornare alla coscienza del presente, non può più fare ritorno nella casa del presente, ma resta imprigionato nella casa dell’io del passato. Da qui nasce il senso del suo smarrimento, della sua perdizione. Il suo malessere, inoltre, aumenta ancora di più perché il suo io-presente non riesce a realizzare nel presente quello che desidera il suo io-passato, essendo irrimediabilmente radicato nel suo passato. Egli vive il passato come fosse il presente e non si rende più conto della distanza temporale che esiste tra il passato e il presente. Fonde e confonde passato e presente. Marcel, certo, si mette alla ricerca del tempo perduto, ma poi, alla fine, rientra a casa. A causa di quella proteina, invece, al malato di Alzheimer, pur continuando a vivere nel presente, risulta impossibile riprendere i contatti con il mondo del presente. Egli risiede bensì fisicamente nell’hic, nel qui, ma non vive psichicamente nel nunc, nell’ora, perché il suo ora che vive nel presente appartiene irrimediabilmente al suo passato. O meglio: il malato vive temporalmente un suo ora-presente, nel quale però rivive de-menzialmente il suo ora-passato. Non si tratta pertanto di “nostalgia”, di doloroso desiderio di tornare al proprio passato, alla propria casa d’origine, ma di “topocronopatia”, di distorsione spazio-temporale e quindi anche di disagio esistenziale, quasi mai vissuto consapevolmente.

Oltre che dal modo in cui il passato viene vissuto da Marcel Proust, il rapporto di un malato di Alzheimer con il passato è anche diverso da quello che viene rivissuto da uno scampato alla Shoah. Il disagio vissuto dal malato di Alzheimer nasce dal non poter (se non demenzialmente) compiere nel presente ciò che avrebbe voluto fare in passato; il disagio vissuto da uno sopravvissuto ai Lager nazisti sorge invece dal non voler fare, dal non voler rivivere nel presente il trauma che ha subito in passato. Entrambi sono bensì intrappolati nel proprio passato e assoggettati a una coazione a ripeterlo, ma mentre il malato vorrebbe riviverlo, il sopravvissuto teme di doverlo rivivere. Come un vero e proprio martire, quest’ultimo è per di più lacerato dalla drammatica contraddizione tra il dover ricordare e il voler dimenticare, tra il dover-voler testimoniare e il non poter dimenticare pur volendo dimenticare. Per entrambi è come essere sempre “là”, in quel passato, in quel luogo della memoria, ma mentre in qualche misura il malato è contento di ritornarvi, il superstite, a causa della situazione traumatica subita, entra in angoscia nel momento stesso in cui qualcosa lo rievoca. Non solo: mentre per l’ammalato la memoria e il cosciente recupero della distanziazione e della differenziazione tra presente e passato rappresenta un’ancora di salvezza, perché gli consentirebbero di non venire dimenticato da sé e dagli altri, nel caso dei sopravvissuti è proprio il contrario, giacché la memoria del passato è sempre motivo di perdizione e di dolore. Tutti noi, poi, viviamo nel presente, ma siamo consapevoli della distanza temporale con il passato. Anche il malato di Alzheimer vive nel presente, ma diviene sempre meno consapevole di quella distanza. Insomma, in tutti e tre il passato naturalmente e per qualche motivo tende a ritornare, ma mentre la persona sana riesce a tenerlo in qualche modo razionalmente a distanza (nel senso che può anche rimuoverlo), il malato di Alzheimer, nel quale questa distanza viene meno, non potendolo quindi più rimuovere, lo accoglie inconsapevolmente, invece il sopravvissuto, dissolvendosi anche in lui quella distanza temporale e non potendo quindi nemmeno lui rimuovere quel passato, lo rivive drammaticamente, perché il suo contenuto è doloroso e lacerante.

3. Inoltre, se da un lato alla memoria è necessaria «la distanza temporale e l’equilibrio tra ciò che è ricordato e ciò che viene dimenticato» (p. 105), vale a dire l’equilibrio creato dalla selezione operata dalla memoria sull’intero materiale che essa continuamente immagazzina, all’oblio, dall’altro, è invece essenziale lo squilibrio tra quanto viene ricordato e quanto viene obliato. Perché la parte obliata della nostra vita è incomparabilmente maggiore di quella ricordata. E, per fortuna, di questo nostro singolare modo di essere umani, direbbe Nietzsche, siamo consapevoli solo rare volte, ma quando si verifica ci è davvero spaventoso, perché la memoria della nostra esistenza si riduce veramente a ben poca cosa, a pochissimi frammenti sfocati. Per nostra fortuna, infatti, non siamo come Ireneo Funes, perché possiamo ricordare solo qualche brandello distorto e fugace della nostra breve o lunga esistenza. L’uomo infatti può conoscere se stesso solo dalla minima parte, da quei pochi residui che permangono dei suoi ricordi, in virtù di quella selezione. Senza una tale selezione, e quindi senza il necessario oblio, non ci può pertanto essere conoscenza di sé. Ecco perché i vecchi saggi sentenziavano che “è difficile conoscere se stessi”.

Di noi stessi conosciamo solo una minima parte: quella che, diceva Proust, viene salvata dalla memoria volontaria. In continuità con la psicanalisi freudiana, lo scrittore francese aveva cercato di aumentare la conoscenza dell’uomo provando ad indagare letterariamente anche tutto quel temps perdu, tutti quei mille éléments de tendresse a lui stesso ignoti, insomma tutta quella parte maggioritaria di elementi che la mente vigile ha scartato e che la memoria involontaria ha conservato nel deposito senza fondo dell’inconscio. Di noi stessi, quindi, conosciamo soltanto una minima parte, e ciò nello stesso senso in cui sappiamo solo una esigua parte sia delle potenzialità del nostro cervello sia dell’intero cosmo. D’altra parte è altrettanto vero che sia l’abuso della memoria sia l’abuso dell’oblio, vale a dire sia l’avvicinamento continuo e l’allontanamento dall’evento del passato, inconsapevolmente o meno, producono la dissoluzione e la vanificazione del ricordo.

Ma è la selettività operata dalla memoria a delineare la personalità (p. 113) o è invece la personalità, la particolare sensibilità delle persone, ad attivare la selezione nella memoria? Giacché si può ipotizzare che sia proprio l’inconscio dell’individuo a stimolare la selettività della memoria. Si tratta forse di una scelta inconscia che determina una selezione inconscia nella memoria. Le parti da ricordare e quelle da eliminare vengono decise a livello inconscio. Nulla di volontario, in ogni caso. Sicché, se le cause della rievocazione dei ricordi possono essere conosciute, certamente quelle che determinano la selezione mnemonica restano del tutto inconsce e quindi ignote.

Pertanto, l’aver indugiato così a lungo sulla natura fisica e filosofica del tempo, specie nei capitoli centrali del saggio, non è stato affatto vano, perché è servito a ribadire e a farci capire meglio la relazione filosoficamente ed esistenzialmente assai rilevante e significativa tra il tempo e il modo in cui esso viene percepito non solo dai malati di Alzheimer sia, ma anche, proprio in virtù di questa malattia, dall’uomo in generale.

19 settembre 2019

Alla fondazione Lelio Basso

Fondazione LELIO E LISLI BASSO, Roma. Sergio Dalmasso presenterà il suo volume

Lelio Basso. La ragione militante: vita e opere di un socialista eretico mercoledì 22 maggio 2019 alle ore 17.00 nella sala conferenze della fondazione Basso.

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Ne discutono Valdo Spini (Presidente Associazione delle istituzioni culturali italiane), Chiara Giorgi (Università di Pisa). Coordina e introduce Giancarlo Monina (Università Roma Tre).

Video di Rai Storia. Italiani con Paolo Mieli 2018. Lelio Basso. Colore politico, reso privato.

 

Alla fondazione Basso, libro su Lelio Basso di Sergio Dalmasso

Lelio Basso. La ragione militante

Il libro di Sergio DALMASSO ripercorre la formazione di Lelio Basso, la sua posizione specifica nel corso della resistenza, l’impegno di costituzionalista, soprattutto nella scrittura degli articoli 3 e 49 della Costituzione italiana, ma anche nella successiva denuncia delle inadempienze e degli stravolgimenti che essa ha subito.

I capitoli centrali del testo offrono un compendio sulle vicende del socialismo italiano del dopoguerra e sul tentativo bassiano di offrire una risposta ai problemi della sinistra non solamente italiana.

L’ultima parte, oltre a ripercorrere l’impegno internazionalista (Vietnam, America latina…), documenta l’atipico interesse per la tematica religiosa, un laicismo senza compromessi, basato sul rifiuto della equazione Democrazia cristiana/partito cattolico e del rapporto privilegiato con essa, teso, al contrario, a proporre l’emancipazione dei lavoratori dalla sua egemonia.

Da qui la costante attenzione alla libertà delle minoranze religiose e la ferma richiesta di superamento del regime concordatario.

Ancora, Basso è, non solamente in Italia, il maggiore interprete di Rosa Luxemburg da lui letta come l’unica continuatrice del pensiero di Marx. La sua originale interpretazione del marxismo è presente nelle opere, negli scritti sulle sue riviste (in particolare “Problemi del socialismo”), nei convegni organizzati, nel lavoro della fondazione Basso da lui fondata.

 

Libro su Lelio Basso a Genova

Prosegue il tour italiano di presentazione dei libri di Sergio DALMASSO a Genova con

Lelio Basso. Un socialista eretico

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LELIO BASSO A GENOVA PRA’, Sabato 6 aprile 2019 alle ore 18.00 presentazione, presso il Circolo PRC Curiel – Casa della Sinistra Orsola Paone in Piazza Sciesa Amatore, Genova, del libro Lelio Basso. La ragione militante: vita e opere di un socialista eretico.

 

Lelio Basso Genova Pra'

Seguirà Apericena di autofinanziamento

Un cordiale invito a tutti coloro che vorrano e potranno esserci.

Sergio

 

Libro Lelio Basso presentazione a Genova Pra'

Non aveva ancora compiuto 25 anni, Lelio Basso, quando venne tratto in arresto e confinato all’isola di Ponza.

La sua “colpa”, nel 1928, era quella di essere un convinto antifascista e di comportarsi come tale.

Intanto, se allo studioso Lelio Basso si dovrà, tra le tante cose, la diffusione del pensiero di Rosa Luxemburg in Italia, fu grazie alla sua visione della lotta partigiana se la Resistenza guadagnò un respiro di massa.

Ancora, per comprendere la complessità e l’importanza del personaggio, è a Lelio Basso, in quanto membro della Costituente, che si devono gli articoli 3 e 49 della Costituzione mentre, da strenuo difensore dei diritti umani quale fu, diede un contributo fondamentale alla fondazione di organismi quali il Tribunale Russell, chiamato a giudicare i crimini statunitensi in Vietnam.

Con partecipazione e competenza, Sergio Dalmasso rievoca la vita di Lelio Basso, dà voce alle sue lotte e entra nei particolari del suo lavoro politico, spiegando le rielaborazione bassiana del materialismo storico e restituendo il giusto merito a una delle figure più importanti della storia italiana contemporanea.

Prefazione di Piero Basso.

Libro disponibile anche su AMAZON

Conversazione vangelo di Tommaso

Franco Di Giorgi e Domenico Curtotti dialogheranno coinvolgendo il pubblico, il 12 aprile 2019 presso la sala arancione – ZAC (Movicentro, Ivrea) dalle ore 18.00 alle ore 19.30, sul vangelo di Tommaso.

 

Di seguito la locandina dell’evento, assieme ad un cordiale invito a tutti gli interessati.

 

icona download pdfLocandina Conversazione sul vangelo di Tommaso

Conversazione vangelo di Tommaso, locandina eventoVangelo di Tommaso

Il Vangelo di Tommaso, scoperto nel 1945 in un vaso insabbiato nei pressi di Khenoboskhion,

in alto Egitto, è coevo al Vangelo di Giovanni e la testimonianza di un cristianesimo molto antico, al di qua dell’opposizione di “ortodossia” ed “eterodossia”.

Se il Gesù del Vangelo di Giovanni domanda che si “creda” perché non ci colpisca “l’ira di Dio”,

il Gesù di Tommaso ci esorta a cercarlo strenuamente dentro di noi e dovunque intorno a noi: è il taglio interioristico e pan-cristico di questo straordinario vangelo,

che scuote dalle fondamenta l’edificio dottrinale di secoli di cristianesimo.

Per la Pagels, è “la scoperta più sconvolgente del cristianesimo delle origini”;

per altri studiosi e teologi, anche cattolici, è senz’altro “il quinto evangelo”, che per antichità, dignità, profondità e bellezza dovrebbe ritrovare il suo posto accanto ai vangeli “canonici”.

La presente edizione, corredata dal puntuale commento ad ogni “detto” di Gesù e da un vasto apparato informativo,

vuole rendere il testo pienamente fruibile anche al lettore comune.

In appendice l’edizione offre un’altra straordinaria testimonianza del cristianesimo antico: la Danza pasquale di Cristo,

l’abbraccio nel Crocifisso del donare e dell’accogliere, della vita e della morte, del bene e del male, dell’uomo e di Dio.

Hodós eirénes

di Franco Di Giorgi

Hodós eirénes

Presentazione di “Hodós eirénes”

Non c’è nessuno che sia giusto, neppure uno.

Non c’è uomo che sia sensato, non c’è chi cerchi Dio.

Tutti deviarono, insieme si ridussero a inutilità.

Non c’è chi faccia il bene, neppure uno (Salmi 14, 1-3).

Sepolcro spalancato la loro gola, con la loro lingua tramavano inganni (Salmi 5, 10).

Veleno di serpenti sotto le loro labbra (Salmi 140, 4).

Piena di maledizione e di amarezza la loro bocca (Salmi 10, 7).

Rapidi i loro piedi a versare sangue. Distruzione e disgrazia sui loro cammini.

E il sentiero della pace lo ignorarono (Rm 3, 10-17).

Vivere e non accorgersi di ex-sistere, di star fuori.

Esservi o essere già in questo sentiero e tuttavia non saperlo, ignorarlo, non poterlo (non potersi) raggiungere e quindi essere costretti a cercarlo (a cercarsi) continuamente: ecco l’essenza dell’hodós eirénes.

Un sentiero che passa dall’essere e dall’esserci: li accomuna, li collega, li mette in relazione, in comunicazione.

Informazione del libro

Edizione : 2a
Anno pubblicazione : 2019
Formato : 11,4×17,2
Foliazione : 324 pagine
Copertina : morbida
Stampa : bn

Spero sia di vostro gradimento questa nuova segnalazione libraria.
Un cordiale saluto.
Franco Di Giorgi

Conferenza su Rosa Luxemburg a Vigevano

Sabato 23 marzo 2019 si è svolta la conferenza su Rosa Luxemburg di Sergio Dalmasso presso il circolo del PRC Hugo Chavez a Vigevano.

In occasione sono stati presentati agli astanti il libro su Lelio Basso e  su Rosa Luxemburg di Sergio Dalmasso. La conferenza è stata videoripresa da Rino Arrigoni.

Locandina Conferenza Rosa Luxemburg Vigevano

Notizia pubblicata anche sul sito Rifondazione comunista Vigevano

Un momento della conferenza estrapolata dal filmato:

Conferenza Rosa Luxemburg Vigevano

 

 

Per tutti coloro che non lo hanno e volessero acquistare il libro Una donna chiamata rivoluzione, Rosa Luxemburg ricordiamo che è presente in anche in Amazon, assieme all’ottimo testo su Lelio Basso un socialista eretico.

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Rosa Luxemburg in breve

“Rosa Luxemburg (1871-1919) è stata una filosofa, economista e politica polacco-tedesca, figura di spicco del socialismo e del marxismo nel primo XX secolo.

Militante attiva durante la rivoluzione tedesca del 1918-1919, Luxemburg ha contribuito alla teoria marxista con opere come “Riforma o rivoluzione” e “Accumulazione del capitale”.

La sua critica al revisionismo e alla socialdemocrazia l’ha resa una voce distintiva nell’ambito socialista.

Luxemburg ha anche difeso l’internazionalismo e si è opposta alla prima guerra mondiale.

La sua vita è stata segnata da coraggio e passione, culminando con il suo tragico assassinio nel 1919.”

Presentazione libreria UBIK Rosa Luxemburg

Una donna chiamata rivoluzione

Venerdì 22 marzo 2019 alle ore 18 Presentazione libreria UBIK:

incontro con lo scrittore

Sergio Dalmasso

e presentazione del libro

“Una donna chiamata rivoluzione”

Vita e opere di Rosa Luxemburg nel centenario della sua uccisione (Editore Red Star Press).

Introduce

Franco Zunino

Presentazione libreria UBIC

Presentazione libreria UBIK
CORSO ITALIA, 116R
17100 Savona
Telefono: 019 838 6659

Sergio Dalmasso ricostruisce con la mente e con il cuore la storia e le opere di Rosa Luxemburg (tra i classici fondamentali del marxismo).

La sua scelta di campo della sovversione dell’ordine costituito da industriali, proprietari terrieri, sbirri e regnanti già quando frequentava ancora il liceo a Varsavia.

La sua inesauribile battaglia contro il riformismo, la lotta contro la guerra, l’opposizione al cedimento della socialdemocrazia europea.

Gli anni del carcere, la tragica sconfitta del tentativo rivoluzionario e, infine, l’assassinio del gennaio 1919: una perdita di portata epocale per il movimento operaio.

I suoi assassini, uccidendola, non riuscirono però a far tacere la sua voce che, più attuale che mai, continua a parlare a chiunque nel tempo continuerà a schierarsi dalla parte degli oppressi.

Zunino Franco e Dalmasso Sergio

Pubblico libreria UBIC

Foto da facebook di Marco Sferini

Due Rose (Luxemburg)

Recensioni di Diego GIACHETTI

Due Rose Luxemburg, Una donna chiamata rivoluzione e Socialismo o barbarie

Due sono i libri che la casa editrice Red star press di Roma dedica a Rosa Luxemburg in occasione del centenario della sua morte, avvenuta nella notte fra il 15 e il 16 gennaio quando, assieme a Karl Liebknecht, fu arrestata a Berlino e trucidata dalla soldataglia.

Il primo, di Sergio Dalmasso, Una donna chiamata rivoluzione, traccia un succinto e avvincente ritratto della protagonista,

cogliendo e intrecciando la dimensione personale con quella pubblica.

Il secondo, curato da Nando Simeone e pubblicato in collaborazione col Centro studi Livio Maitan, riprende uno degli scritti più citati,

Socialismo o barbarie, di Rosa Luxemburg, col quale è ricordato un saggio che nelle principali raccolte degli scritti della rivoluzionaria polacca appare con il nome di La crisi della socialdemocrazia e ha come riferimento la denuncia dell’atteggiamento dei partiti socialisti della Seconda Internazionale di fronte allo scoppio della Prima guerra mondiale, descritta come un vero e proprio precipitare dell’umanità in una crisi di civiltà, provocata dall’imperialismo capitalista.

Tra i classici del marxismo

Sia l’autore che il curatore tracciano un ritratto a tutto campo dei temi politici e teorici da lei trattati nel corso della sua vita. La sua opera appartiene pienamente alla definizione di classici del marxismo.

Per classici, precisa Dalmasso, sono da intendersi quei testi che davanti ai nodi dell’oggi si rivelano più vivi che mai.

Tuttavia, i suoi lavori restano ancora misconosciuti e la sua eredità a dir poco problematica, certamente però è ricca e preziosa, una miniera i cui filoni sono ancora in parte da esplorare e ancora parlano al nostro tempo.

Solo con l’impetuoso e gioioso clima prodotto dalle lotte studentesche e operaie degli anni Sessanta e Settanta e la contemporanea nascita di formazioni politiche “eretiche” alla sinistra dei partiti tradizionali, con un certo seguito soprattutto tra le fasce giovanili politicizzate,

si ebbe la riscoperta del pensiero di Rosa Luxemburg, come alternativa alla deriva riformista socialdemocratica in Occidente,

al socialismo reale di stato ad Oriente e allo stesso leninismo, come provò a fare Lelio Basso,

sostenendo che mentre Lenin aveva concentrato il fuoco della sua battaglia sull’anello più debole della catena capitalistica mondiale, la Luxemburg invece aveva una visione meno tattica e più strategica, a lunga scadenza sui problemi di una rivoluzione in una società capitalistica altamente sviluppata.

Fu una riscoperta che faceva i conti con abiure, condanne e calunnie vere e proprie operate da politici e “storici” dei partiti comunisti a partire dall’affermazione dello stalinismo in Unione Sovietica.

Nella seconda metà degli anni Venti si coniò l’accusa di luxemburghismo, al pari di trotskismo, bordighismo, anche se meno grave, secondo il vademecum dei peccati stabiliti da Stalin; tutte però erano trattate come deviazioni tipiche dei sostenitori dei nemici della classe operaia.

CONTINUA…

in dalla parte del torto

Romanzo di Flavia Idà

L’ULTIMO GRANELLO DEL MONDO

È stato pubblicato dalla casa editrice americana Paper Angel Press il nuovo romanzo di Flavia Idà in lingua inglese “The Last Speack of the World” e in lingua italiana con il titolo: “L’ultimo granello del mondo”.
L’edizione inglese è disponibile su Amazon, sia in formato Kindle, sia in cartaceo.
L’edizione italiana, ad oggi, è disponibile in formato Kindle sempre su Amazon e tra pochissimi giorni anche in cartaceo.

(Aggiornamento. Oggi 4 marzo 2019 è disponibile su Amazon anche la versione cartacea del romanzo):

Di seguito la mia breve recensione al romanzo in italiano e in inglese:

“Tematiche sociali globali, creatività e poesia, grande cura nella descrizione dei particolari, suspense e umana solitudine: in tutte le sue accezioni, un cocktail emozionante che sospinge il lettore a gustarlo tutto d’un fiato fino all’ultima parola.
Amerai la bellezza e la necessità dell’essere migliori di quanto riusciamo ad esserlo nella frenetica quotidianità odierna.
Coglierai l’importanza e il desiderio del sapere valorizzare le piccole “grandi” cose, spesso oggi date per scontate, che fanno essere meravigliosi la donna, l’uomo, la Terra – la vita! “

Sinossi.
Senza nome. Senza razza. Senza nazionalità. La superstite della catastrofe perfetta lotta per preservare se stessa e la sua speranza di essere trovata – da esseri umani.

Sono femmina, di trentadue anni, sola nell’ultimo granello del mondo. Il mio nome, la mia razza e la mia nazionalità non sono importanti. Non so perché la pestilenza mi abbia risparmiato. Mi ha tolto ogni persona ed ogni cosa. Tutte le macchine e tutti gli orologi sono morti. Ciò che continua a farmi respirare è la speranza che io non sia l’unico custode del pianeta.”

È possibile leggere il primo capitolo del romanzo gratuitamente dal seguente link:

Per acquistarlo in formato Kindle scaricarlo dal seguente link:

Paper Angel Press. We are pleased to announce that the Italian edition of “The Last Speck of the World” (L’ultimo granello del mondo) by Flavia Idà is available now in digital editions. Signed print editions will be available soon.

L_ultimo granello del mondo di Flavia Idà

 

Amazon USA. The Last Speck of the World

No name. No race. No nationality. The survivor of the perfect catastrophe struggles to preserve herself and her hope that she may be found – by humans.

Paper Angel Press. We are pleased to announce that the English edition of “The Last Speck of the World” by Flavia Idà is available. AMAZON:

Flavia Idà present her new novel The Last Speck of the World

Gorgeous book that will make you dream and reflect.

Social themes of global significance, poetry and imagination, great attention to detail, suspense and human loneliness: in its every aspect, a gripping combination that drives you to enjoy the story all in one reading from first to last word. You will love rediscovering the beauty and the need to go beyond the frantic rush of our daily lives, the importance of appreciating all the things that make the world wonderful: women, men, Earth – life itself.
Recommended itself.

Domenico Capano – Turin, Italy.