Articolo sui lupi

Franco Di Giorgi Filosofo Al lupo Al lupo

E così, alla fine, a causa della continua, implacabile e distruttiva rivalità tra i guardiani, i lupi e i lupetti, da anni costretti nel loro recinto, si sono trovati inaspettatamente liberi, dinanzi a una prateria sterminata.

Dopo quasi ottant’anni, per eccessiva sicurezza e per alterigia, i guardiani finivano addirittura per giocare con quei lupi, i quali continuamente, con i loro cuccioli, ringhiavano, scalpitavano e zampettavano sempre più vicini alla porta del recinto.

In alcuni momenti poi, facendo comunque attenzione che lo sportello non venisse mai aperto, quasi a scherno e tenendo bene in vista le chiavi del recinto, il gioco preferito dei guardiani era quello, ben noto già da Esopo, di gridare “Al lupo! Al lupo!”

Ostentazione infantile

Questa infantile ostentazione di potere se da un lato rassicurava una parte degli abitanti del paese, dall’altro lato non faceva che aumentare il livore e il mai sopito desiderio di vendetta nei lupi e in quell’altra parte di abitanti che li difendevano.

Ora, però, che nel recinto, in quella specie di Strafkolonie, ci sono loro, cioè i guardiani, che continuano inutilmente a gridare con più enfasi Al lupo! Al lupo!;

ora che, in questo gioco delle parti, i ruoli si sono invertiti, i lupi a loro volta deridono gli ex guardiani con tradizionali frasi ad effetto come “homo homini lupus, suscitando in questi naturalmente altrettanto livore e un mesto digrignar di denti.

Ora, infatti, anche i lupi, i nuovi guardiani, possono finalmente ritornare ad essere quello che sono sempre stati, vale a dire semplicemente dei lupi:

possono cioè finalmente tornare ad ululare ai quattro venti e alla luna o al sole e in pieno giorno quelle parole che per troppo tempo hanno dovuto sottacere e soffocare in deboli guaiti, possono ostentare liberamente quegli atteggiamenti lupeschi che in passato e da reclusi potevano solo accennare o abbozzare…

Resistenza italiana

Continua

Franco Di Giorgi, Ivrea, 30 maggio 2023

 

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L’anormalità e l’ambiguità della situazione italiana

Franco Di Giorgi

Anormalità ambiguità italiana Giorgia MeloniAnormalità ambiguità italiana; nelle elezioni politiche del 25 settembre 2022, dei 51 milioni di Italiani aventi diritto si è recato alle urne solo il 63,7% (nelle precedenti elezioni del 2018 era il 73%), ossia 32,64 milioni di persone.

Ciò significa che il 37% degli Italiani non ha votato o ha lasciato scheda bianca.

Questa percentuale equivale a 17 milioni di cittadini. Dei 32,64 milioni, un po’ più di 12 milioni di voti sono andati al centro-destra, i restanti 10 milioni al centro-sinistra e al M5s.

Il Rosatellum, la legge elettorale ancora in vigore, consente di governare a chi prende più voti.

In Italia, in un Paese di 51 milioni di aventi diritto di voto, governa dunque la coalizione che ha preso 12 milioni di voti a fronte di 32,64 milioni di votanti, perché 17 milioni non ha votato.

Il numero degli astenuti è quindi maggiore sia di quello di coloro che hanno fatto vincere il centro-destra sia di quello di coloro che, per la miopia dei loro leader, non sono riusciti a far vincere il centro-sinistra.

Sicché 12 milioni di votanti determinano la direzione politica dell’intero Paese, cioè la vita di 59,11 milioni di abitanti (dati del 2021).

Governo eletto da un quinto della popolazione

Circa un quinto della popolazione elegge un governo che sfacciatamente sembra fare delle leggi solo per quelli che l’hanno eletto e non per tutti gli altri.

In un Paese normale questo non dovrebbe accadere, perché un governo democraticamente eletto deve governare per tutti, non solo per pochi.

Anche se coloro che l’hanno eletto hanno convinzioni e interessi non solo differenti da tutti gli altri, cioè dalla maggioranza del Paese, ma diversi anche rispetto al dettato della Costituzione, che è la Carta di tutti gli italiani.

Anormalità italiana

Ma tant’è. A sostegno di quella anormalità, l’attuale Presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana ha infatti recentemente dichiarato: “Io sono stata votata e faccio quello per cui mi hanno scelto gli italiani” (“L’inchiesta”, 10 febbraio 2023).

Lo ha detto a Bruxelles, al vertice straordinario europeo del 9 febbraio, durante il quale si sentiva più vicina al gruppo di Visegrád che non alla Francia e alla Germania.

Europa a due velocità

D’altronde è da un po’, almeno dal 2004, che si parla di Europa a due o tre velocità, di Stati dell’Eurozona e di Stati che, pur facendo parte dell’Europa, non adottano l’euro, come ad esempio la Repubblica Ceca, l’Ungheria, la Polonia, la Romania.

La vicinanza dell’Italia al gruppo di Visegrád dipende sia dalla politica migratoria e dei richiedenti asilo, sia dalla politica relativa ai diritti civili.

La sua distanza da quel gruppo, invece, almeno dall’Ungheria, dipende dal diverso allineamento alle due superpotenze impegnate nel loro ennesimo scontro, stavolta in Ucraina.

Da questo punto di vista, infatti, l’Italia è lacerata: da un lato si sente vicina all’Ungheria, dall’altra non può che essere vicina al blocco franco-tedesco e all’intera Unione Europea.

L’Ungheria sostiene la Russia.

L’Italia e tutti gli altri Paesi europei sostengono invece gli Stati Uniti, auspicando l’ingresso dell’Ucraina nella Nato.

Questa sua lacerazione è quindi duplice, perché in rapporto alla guerra russo-ucraina è con gli Stati Uniti, con l’Europa e con la Polonia, mentre in rapporto sul tema della migrazione e dei diritti civili è con l’Ungheria e quindi con la Russia e con la Polonia, ma non con il resto dell’Unione Europea.

L’attuale governo italiano è pertanto costretto a muoversi ambiguamente, cioè a giocare contemporaneamente su due tavoli, quello nazionale e quello internazionale.

Un gioco peraltro non nuovo nella storia politica da cui proviene l’ala di estrema destra di questo governo, specie durante i primi anni di politica interna del governo fascista, un secolo fa.

Da un lato, infatti, il duce doveva mostrare un volto legalitario e istituzionale, dall’altro e contemporaneamente non poteva non dare ascolto alle pretese di quelle squadracce che lo avevano alacremente sostenuto nella sua elezione.

Il passato che ritorna ?

Come in passato, come un secolo fa, non si può inoltre non notare in maniera sempre più evidente il delinearsi sulla scena internazionale di due alleanze, di due coalizioni opposte all’interno della stessa Unione Europea, pronte a fronteggiarsi non solo con le armi della politica, ma anche purtroppo, specie in questo clima surriscaldato dalla guerra in Ucraina, con armi vere e proprie.

Avendo con ciò alle spalle non solo le due solite superpotenze, ma anche altre nuove superpotenze, dotate anch’esse di testate nucleari.

Le premesse per il Terzo conflitto mondiale (forse l’ultimo), come si vede, ci sono tutte.

Compresa quella dell’immancabile capro espiatorio, cioè dei senza patria, dei più deboli, dei perseguitati, degli scarti di un’umanità spersonalizzata, pronta ad essere sacrificata ancora una volta sull’altare delle nuove patrie sovraniste.

Ivrea, 31 maggio 2023

Pubblicato su www.sergiodalmasso.com

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L’autore Franco Di Giorgi

Filosofo, la sua riflessione si muove ricercando interferenze tra filosofia (Aporia, 2004), memorialistica (concentrazionaria e resistenziale) (Lettera da Mauthausen e altri scritti sulla Shoah, 2004;
A scuola di Resistenza, 2006), esegesi biblica (Giobbe e gli altri, 2016; Il Luogo della Vita. Riflessioni sul Vangelo di Tommaso, 2018) ed estetica (letteraria e musicale) (Tolstoj, Flaubert, Rilke, Proust, Ibsen, Pergolesi, Vivaldi, Beethoven, Rachmaninov, Mahler).

Il quarto concerto di Beethoven, Mimesis 2021; Il negativo e l’attesa. Riflessione intorno alla Shoah a partire da Primo Levi, Mimesis 2023 .

Tra le riviste che hanno ospitato i suoi scritti: Testimonianze, Fenomenologia e Società, Paradigmi, Interdipendenza, Nuova Rivista Musicale Italiana, Israel, Historia Magistra, Scenari (on line), Carte di Cinema (on line), Sergio Dalmasso (on line).

A Cuneo presentazione quaderno 69

Sergio Dalmasso a Cuneo, Sabato 27 maggio 2023, alle 17, sarò a Cuneo (presso il Circolo “Rosa Luxemburg”, via Saluzzo 28) per presentare l’ultimo quaderno del CIPEC che ripercorre la storia di Rifondazione nella provincia, dalla nascita al 2013 (anno del mio trasferimento a Genova).

Download “Quaderno CIPEC N. 69 (Seminario su Lucio Magri, Rifondazione Comunista nel cuneese)”

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Nulla di definitivo, scritto forse soggettivo, ma un piccolo spaccato di una vicenda complessiva che ha conosciuto, anche localmente, fatti, vicende, idee, proposte, speranze… significative.

L’idea di queste poche pagine è nata in seguito ad una presentazione del mio testo complessivo sulla storia di Rifondazione, davanti alla sollecitazione della necessità di declinare i fatti nazionali con le realtà locali.

Spero che:

– il breve testo (quaderno cipec numero 69) permetta una discussione collettiva, anche con punti di vista e angolature differenti

– le mie condizioni di salute (non faccio il martire) mi consentano altre puntate nella provincia granda in cui ho vissuto 60 (sic!) anni.

Sergio Dalmasso a Cuneo, Copertina Quaderno Cipec 69

Sergio Dalmasso

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Presentazione quaderno Cipec 69, cena autofinanziamento

Sabato prossimo (27 maggio 2023) a Cuneo con Sergio Dalmasso – per la cena, prenotazione obbligatoria poiché i posti sono limitati. Passaparola!

Apericena Fabio Panero Ritorno a Cuneo

Fabio Panero, Fonte Facebook, 20 maggio 2023

Recensioni libri in Il ciclostile

Sergio Dalmasso  Recensioni libri in Il ciclostile; 3 libri recensiti sulla rivista Il ciclostile n. 11 marzo 2023:

  •  “La moralità come prassi. Carteggio di Ludovico Geymonat – Antonio Giolitti 1941- 1965“, a cura di Fabio Minazzi, Milano, Mimesis, 2022
  • Lasciare un segno nella vita. Danilo Montaldi e il Novecento, di Goffredo Fofi (a cura di), Mariuccia Salvati (a cura di), Roma, Viella, 2021.
  • Luca Bufarale: Sebastiano Timpanaro. L’inquietudine della ricerca, Pistoia, ed. Centro di documentazione, 2022.

Download “Recensioni di Sergio Dalmasso: Bufarale, Fofi Salvati, Minazzi”

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Recensioni di Sergio Dalmasso libri in Il ciclostile

  • Sergio DALMASSO, Il caso Giolitti e la sinistra cuneese, 1945/1958, Alba, La Torre, e “Quaderni del CIPEC”, n. 15, 1999. File in bassa risoluzione al seguente:

Download “Quaderno CIPEC 15 Libro Il caso Giolitti”

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  • Sergio DALMASSO, Il caso Giolitti e la sinistra cuneese, 1945/1958, Alba, La Torre, e “Quaderni del CIPEC”, n. 15, 1999. File in ALTA RISOLUZIONE al seguente: QUADERNO NUMERO 15.

 

Lucio Libertini, attività a Torino

Lucio Libertini PCI

Video del mio intervento nel convegno di Torino del 20 ottobre 2022 per ricordare i 100 anni dalla nascita di Lucio Libertini, fonte Archivio Roberto Marini di Pistoia:

Breve stralcio di un mio saggio, a stampa nei quaderni del Cipec 2024, sui convegni sulla figura di Lucio Libertini.

LUCIO LIBERTINI

l’attività a Torino

Un lungo percorso

Ho scritto un testo su Lucio Libertini per ricordare pagine di storia del socialismo poco note, dimenticate, per richiamare figure e tematiche di quel socialismo di sinistra che pare scomparso, ma che ha costituito una matrice specifica, atipica per le radici teoriche e per le proposte strettamente politiche.

Il mio testo riprende il titolo della autobiografia politica che Libertini avrebbe voluto scrivere e di cui ha lasciato pochissime pagine e uno schema sintetico, scritto a mano.

Protagonismo della classe operaia

Il filo conduttore è la permanenza nel tempo di un filone socialista di sinistra, classista e antistalinista, centrato sul protagonismo della classe operaia.

Questo indirizzo ha sempre seguito, in un percorso coerente e travagliato.

Infelice comizio di Occhetto

Davanti alle accuse, da più parti riprese dopo la sua morte- e purtroppo presenti anche nell’infelice comizio di Achille Occhetto alle porte della FIAT, nella campagna elettorale del 1992- di avere cambiato partiti e sigle e di essere un globetrotter della politica, la risposta era sempre di avere, al contrario, dimostrato una coerenza superiore a tanti, sempre rimasti nello stesso partito, ma approdati a posizioni ben diverse da quelle iniziali.

Dopo un brevissimo passaggio nella Democrazia del lavoro di Ivanoe Bonomi e Meuccio Ruini, la cui tematica democratico- liberale, sostanzialmente prefascista non soddisfa i giovani che ne escono, l’approdo del giovane Libertini, catanese, studente a Roma, è nel PSIUP, il nome assunto dall’unificazione delle forze socialiste.

Due anime del PSIUP

Il partito ha due anime: quella di sinistra, unitaria verso il PCI (è forte il trauma del ventennio fascista) ed appiattita sull’URSS, quella tradizionalmente riformista, guidata da Giuseppe Saragat, invece critica verso l’URSS e favorevole ad una netta autonomia nei confronti del PCI e ad un “socialismo dei ceti medi”.

Accanto e in contrapposizione a queste, è la corrente di Iniziativa socialista, che rifiuta l’egemonia staliniana, la subordinazione all’URSS, si colloca in posizione critica verso l’unità nazionale, i governi ciellennisti (chiede che il PSI non ne faccia parte), propone la neutralità fra i due blocchi che si stanno formando in Italia e nel mondo.

Posizione europeista del PSIUP

Netta è la posizione europeista (alle spalle vi è la figura di Eugenio Colorni, ucciso nella resistenza romana e tra gli autori del Manifesto di Ventotene).

La corrente ottiene buoni risultati al congresso del 1946, ma è schiacciata da bipolarismo, a livello nazionale e internazionale, dalla inesperienza dei suoi dirigenti, tutti giovani, dal precipitare della scissione “socialdemocratica” nel gennaio 1947, cui aderisce nella speranza di poter costruire una autentica forza socialista autonoma e innovativa.

Distrutta dalla gestione di Saragat e dalla accettazione, da parte del nuovo partito della presenza in governi centristi e dell’adesione al Patto atlantico, la componente si disperde. Significativi, anche per il loro ruolo futuro, i nomi dei principali componenti: Bonfantini, Vassalli, Solari, Zagari, Matteotti, Formica, Mineo, Ruffolo, Russo, Arfé, Quazza.

Download “Quaderno CIPEC N. 72”

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Download “Quaderno CIPEC N. 67 (Lucio Libertini. Interventi al consiglio regionale del Piemonte 1975-1976)”

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Sergio Dalmasso

Giobbe e il reddito di cittadinanza

Franco Di Giorgi

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Download “Giobbe e il reddito di cittadinanza (di F. Di Giorgi)”

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Poiché i bisognosi non mancheranno mai nel paese; perciò io ti do questo comando e ti dico: Apri generosamente la mano al tuo fratello povero e bisognoso nel tuo paese (Deut., 15, 11).

 

Quella del reddito di cittadinanza è una questione biblica.

Se non altro perché il suo stralcio annunciato dall’attuale esecutivo mette in qualche modo in discussione anche l’idea che ci eravamo fatta in maniera critica del comportamento di Giobbe, ammesso che si consideri questo ish tam vaiashar, questo uomo integro e retto non già come la nota vittima della dolorosa verifica yahweico-satanica, ma come un facoltoso emiro arabo di Uz quotidianamente impegnato a fare beneficenza agli indigenti, agli ‘anawim e agli evionim, ai poveri e ai bisognosi.

Il problema della povertà nasce infatti con l’uomo, con le prime forme associate di umanità e si esprime nella continua ricerca di espedienti per superarla.

Oltre al tema centrale del valore della fede e della sua attestazione attraverso una evidente prova di forza, due altri aspetti emergono infatti dal testo biblico del Giobbe, anche se in maniera non del tutto evidente, due temi che corrispondono a due atteggiamenti assunti dall’Uzita e che risultano criticabili.

L’egoismo umano

Il primo tema è quello dell’egoismo di Giobbe rimproveratogli dall’amico Elifaz (nonostante le belle frasi ad effetto iniziali rivolte alla moglie: Il Signore ha dato, il Signore ha tolto, Giobbe non sa accettare anche su di sé quel male che Yahweh invia a molti altri); il secondo tema è quello, certamente poco evidente, dell’apparente altruismo o dell’umanitarismo assistenzialistico che egli mostra nei confronti dei bisognosi.

In quanto abbiente, ogni giorno infatti egli consola e aiuta con cibo e vestimenti i non abbienti che si presentano sotto il suo palazzo, e questo suo gesto, durante la sua rigogliosa vita, al lettore del libro non può che apparire degno di lode.

Apparente altruismo di Giobbe

Per Giobbe questo suo apparente altruismo sarebbe potuto durare a lungo se, solo per metterlo alla prova (una prova suggerita peraltro da Satana), attraverso una shechìn ra‘, una piaga maligna (assolutamente inattesa da Giobbe), Yahweh non lo facesse diventare malato e povero, proprio come quelli di cui egli prima si prendeva cura.

Sicché quando ora il caso o la stessa volontà di Dio gettano anche Giobbe in quella dolorosa disperazione, in quella inaccettabile insensatezza, insomma in quel destino crudele che continua ad accompagnare come un’ombra minacciosa la vita di tutta una moltitudine di gente bisognosa, ebbene ora egli si lamenta e se la prende con il suo Signore, se non altro perché non crede di meritare quelle dure condizioni di vita, da lui vissute come una punizione, quasi come un castigo per una colpa che in cuor suo pensa di non avere mai commesso e per questo esige almeno una spiegazione, ma solo dal suo Signore, non da altri.

Comunque sia, Giobbe smetterà di lamentarsi e di interrogare Dio con i suoi perché, cioè con i suoi làmmah e maddùa, solo quando, sfiancato da una malattia mortale (che Dio stesso però rende non mortale, nonostante il malato richieda di morire), prende coscienza del suo egoismo e umilmente si rende conto di essere come gli altri, anzi come tutto l’altro, come tutto quel creato rispetto a cui egli è quasi nulla.

Critica a Giobbe

La nostra critica a questo personaggio biblico (sviluppata qualche anno fa in Giobbe e gli altri) riguarda dunque questo suo egoismo e questo suo apparente altruismo, suggerendo che egli, proprio quando aiutava gli altri, quando le sue forze glielo permettevano ancora, doveva impegnarsi di più e fare in modo che quella disuguaglianza sociale venisse non alimentata ma eliminata.

Giacché qualsiasi rimedio alla povertà – compreso il reddito di cittadinanza -, senza una necessaria lotta alla disuguaglianza, non fa altro che prolungarla nel tempo.

La cosa diventa difficile se non impossibile quando alla ricerca di questi rimedi vi siano esecutivi che fanno della disuguaglianza una loro imprescindibile prerogativa, quasi un loro diritto fondamentale.

Una seria lotta alla disuguaglianza sociale presuppone una chiara volontà non di esclusione, di distinzione e di discriminazione, ma di integrazione, creando opportune e necessarie condizioni di lavoro che agevolino e non impediscano l’inserimento delle persone nelle attività produttive.

Articolo 3 della Costituzione

Una vera lotta alla povertà, specie per le persone che per motivi di salute non possono più essere reinserite nel mondo del lavoro, si realizza con l’intervento della Repubblica, come previsto soprattutto dall’articolo 3 della Costituzione italiana, ove si parla di parità nella dignità sociale, di eguaglianza davanti alla legge senza distinzioni personali e sociali.

Flat tax ossia disuguaglianza sociale

Lo spirito di solidarietà, peraltro, vivifica la nostra Carta costituzionale, a partire dall’articolo 2, ma diviene difficile se non impossibile ispirarvisi se l’esecutivo fa della competitività un merito e se dietro l’escamotage della flat tax nasconde la disuguaglianza fiscale, vale a dire l’intenzione di non perseguire gli evasori fiscali, soprattutto quelli grandi.

I cosiddetti “occupabili” diverrebbero invece subito degli “occupati” se i salari venissero aumentati in modo da permettere alle persone non di sopravvivere ai continui stenti, ma di vivere esse e di far vivere ai propri figli una vita dignitosa.

Certo, la dignità proviene dal lavoro, ma solo se il lavoro che si offre (ammesso che ve ne sia a sufficienza) è dignitoso.

E un lavoro è dignitoso quando, pur non corrispondendo alla vocazione o alla scelta dei singoli, consente ugualmente se non la realizzazione del sé, almeno l’affermazione di sé come cittadini responsabili e in grado di prospettare un minimo di futuro.

Negazione delle vocazioni individuali

Purtroppo però, per complesse ragioni di politica economica neoliberista, da tempo gli Stati hanno abbandonato l’idea di assecondare quelle scelte e soprattutto le vocazioni individuali, dal momento che il sistema competitivo capitalistico impone di considerare gli individui solo come utenti, come consumatori, come semplici utilizzatori, la cui formazione dipende dalle richieste del mercato.

Briciole per i meno abbienti

I cittadini, dunque, non avranno più bisogno del reddito se percepiranno uno stipendio più elevato rispetto alle attuali elemosine concesse a pioggia o una tantum dall’alto dei fastosi palazzi simili a quelli di Giobbe.

Molti dei percettori del reddito di cittadinanza infatti oggi lo usano come integrazione a un lavoro mal pagato.

Ed è in momenti di recessione come l’attuale che si coglie il grave peso dell’inflazione, allorché col venir meno dei supporti sociali (quale era un tempo lo strumento della “scala mobile”), con l’aumentare dei prezzi a causa della guerra e delle speculazioni ad essa legate, i salari restano fermi perdendo valore d’acquisto.

Le imprese italiane

Ma anche le imprese, si dirà, sono in crisi a causa sia dell’interminabile pandemia sia dell’inaccettabile guerra in corso in Ucraina, e quindi non sono in grado di garantire quegli aumenti.

È per far fronte a questa drammatica situazione economica che dovrebbe entrare in gioco lo Stato con i 209 miliardi del PNRR che il governo Conte 2 era riuscito ad ottenere dall’Unione europea.

Il governo Draghi rappresentava tutto sommato una garanzia per l’attuazione di questo Piano nazionale di ripresa e di resilienza.

Assurda legge elettorale italiana

Ma grazie a una legge elettorale assurda e al cronico scissionismo della sinistra, le destre, approfittando della prima occasione di crisi, sono potute finalmente andare al potere con il consenso, benché minimo, delle urne.

Tra i primi provvedimenti della legge di bilancio, come si è detto, lo stralcio definitivo nel 2023 del reddito di cittadinanza. Anche perché una delle conseguenze del protrarsi della guerra costringe a prendere atto dell’insufficienza dei fondi del PNRR.

Fallimento del piano PNRR

In tal modo, fatto salvo l’arricchimento dei soliti profittatori, con quello che resterà il Piano verrà realizzato solo in minima parte, con tanti saluti per la ripresa e per la resilienza.

I Giobbe di turno

Nulla cambierà e la ricchezza, anziché venire equamente distribuita, continuerà a restare e ad aumentare nelle tasche già piene dei Giobbe di turno, che, a parole e persino nei gesti (come certi lobbisti sanno fare), appaiono sempre altruisti e benefattori, difensori dei deboli, impegnati a combattere la disuguaglianza.

La questione del reddito ai cittadini poveri verrà ereditata dal prossimo esecutivo, rieletto magari con la stessa legge elettorale.

E avanti così con i carri, in attesa del prossimo giro della giostra.

Ma in quanto povere, le persone potranno ancora definirsi cittadini alla pari di altri meno poveri?

Potranno avere cioè gli stessi diritti? In teoria sì, ma in realtà?

Un altro decreto d’urgenza potrebbe evitare ogni eventuale ribellione.

Queste alcune premesse per progettare città contemporanee sul modello di Uz.

Ivrea, 21-12-2022. Franco Di GIORGI

Comitato Nazionale del Centesimo della Nascita di Lucio Libertini
presenta il convegno internazionale:

Lucio Libertini e…
Un protagonista della sinistra italiana nel centesimo anniversario della nascita.

Pistoia, Sala Maggiore Palazzo Comunale – Piazza Duomo. Venerdì 2 dicembre 2022

Archivio Roberto Marini (Oltre il Secolo Breve)

Relazione di Sergio Dalmasso: Pistoia 2 dicembre 2022

Convegno internazionale Lucio Libertini, Pistoia 2 dicembre 2022 Relazione di Sergio Dalmasso

 

La sinistra italiana e lo stalinismo

La sinistra italiana e lo stalinismo, Il caso Magnani e Cucchi – il saggio di Sergio Dalmasso – è stato stato collocato nella sezione Archivi, Scritti storici, Articoli e saggi;  pubblicato da ISRAT, è  presente online.

(israt: Istituto per la Storia della Resistenza e della Societa’ Contemporanea in provincia di Asti, C.so Alfieri 350 – Asti).

Download “Saggio su La sinistra italiana e lo stalinismo: Il caso Magnani e Cucchi”

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Lo scritto di Sergio Dalmasso è stato pubblicato anche nel Quaderno del CIPEC numero 55.

“Nel gennaio 1951, i parlamentari emiliani Magnani e Cucchi uscirono dal Partito comunista, criticando la supina adesione del Pci alla politica estera dell’Unione Sovietica.”

Il caso Magnani e Cucchi saggio di Sergio Dalmasso

Download “Quaderno CIPEC N. 55 (Valdo Magnani e l’unione dei socialisti indipendenti)”

Quaderno-CIPEC-N.-55.pdf – Scaricato 11939 volte – 1,57 MB

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Alcuni dati su Sergio Dalmasso

SERGIO DALMASSO : Comando presso Istituto storico della Resistenza e della società contemporanea di Cuneo per tre anni scolastici, 2000/2001, 2001/2002, 2002/2003.

PUBBLICAZIONI:

• Libri, 9 libri di storia politica;

• Partecipazione a libri con saggi di storia politica;

• Cura di testi e riviste storiche;

• Recensioni e schede di testi storici su numerose riviste;

• Cura di (e scritti su) 72 (ad oggi) quaderni “Storia, cultura, politica” editi a Cuneo.

Lucio Libertini, Torino lo ricorda a 100 anni dalla nascita

Protagonista della sinistra italiana e del movimento operaio

Locandina Convegno Torino sui 100 anni dalla nascita di Lucio Libertini organizzato da Archivio Marini Pistoria

Il 20 ottobre 2022 Torino presso Palazzo Lascaris, Sala Viglione ha ospitato il Comitato Nazionale e l’Archivio Roberto Marini, che ne è stato il promotore: un’intensa e interessante giornata, nel ricordo di Lucio Libertini, attraverso gli interventi di chi lo conobbe e degli storici che hanno sistematizzato il suo percorso politico e umano.

I doverosi ringraziamenti vanno al Ministero della Cultura, alla Regione Piemonte per la gentile ospitalità nelle sue bellissime sale, a tutti gli autorevoli relatori e ai molti intervenuti.

 Prossimo appuntamento al Convegno internazionale di Pistoia, il prossimo 2 dicembre.

Presenti Fausto Bertinotti, presidente del Comitato Nazionale del Centenario, Piero Fassino, Gabriella Pistone, Mario Virano, Sergio Dalmasso, Diego Giachetti, Aldo Agosti, Paolo Ferrero, Marco  Rizzo, Angelo d’Orsi, Franco Turigliatto e altri/e.


Intervento dello storico Dalmasso autore di Lucio Libertini. Lungo viaggio nella sinistra italiana

Diego Giachetti, storico Paolo Ferrero Piero Fassino Aldo Agosti

Foto Comitato Nazionale e L’Archivio Roberto Marini

PS.

Il quaderno 67 raccoglie gli interventi di Lucio Libertini al Consiglio regionale del Piemonte 1975-1976

Inoltre, vi è il libro di Sergio Dalmasso: Lucio Libertini. Lungo viaggio nella sinistra italiana

 

L'agile mangusta di Alfio NicotraSerata conclusiva – 14 ottobre 2022 – del ciclo sulle “altre sinistre” del secondo Novecento: ce ne ha data l’occasione il bel libro di Alfio Nicotra L’agile mangusta (Ed. Alegre), rievocazione dei tredici anni di vita del partito Democrazia proletaria.

Con lui lo storico Sergio Dalmasso, che ha ben inquadrato le origini dell’ultimo partito sorto dal movimento del Sessantotto. Insieme a noi, collegato da Roma, l’ultimo segretario di DP Giovanni Russo Spena, che nel 1991, con “malinconico entusiasmo”, guidò l’ingresso di DP nel movimento della Rifondazione comunista.

L’Archivio, che conserva moltissima documentazione sul tema, ringrazia sia i relatori che i presenti in sala.

Fonte Archivio Roberto Marini, facebook – 16 ottobre 2022

Contatti Biblioteca

Pistoia – Archivio Roberto Marini – Oltre il Secolo Breve
Galleria Nazionale, 9, Pistoia
0573 766349

Dalmasso a Pistoia

Archivio Marini Dalmasso e altri relatori

L’agile mangusta. Democrazia proletaria e gli anni Ottanta

Democrazia Proletaria fu la più eretica delle formazioni politiche della nuova sinistra nate negli anni Settanta. Mise insieme, con un’impostazione culturale spesso in rottura con la tradizione della sinistra comunista, migliaia di donne e uomini arrivati alla politica dalle lotte del Sessantotto e i giovani affacciatisi all’impegno militante con i nuovi movimenti degli anni Ottanta.

La sua originalità si desume sin dal soprannome che ne diede il leader Mario Capanna: l’agile mangusta che doveva muoversi con sveltezza per colpire il cobra della Democrazia Cristiana e del padronato, uno strumento leggero e coerente più efficace del pesante e immobile pachiderma del Partito Comunista Italiano.

Scritto dalla visuale privilegiata di un membro della direzione del partito, questo libro ne ricostruisce la storia scavando soprattutto nelle proposte di legge e negli atti parlamentari del periodo di massima attività istituzionale (dal 1983 al 1987) in cui poté contare su sette deputati.

Una legislatura carica di eventi importanti per la storia del paese: dal primo governo a guida socialista di Craxi alla morte di Enrico Berlinguer; dalla lotta contro il dispiegamento dei missili nucleari a Comiso all’accordo tra Reagan e Gorbačëv; dalla crisi di Sigonella alla sconfitta operaia sul referendum sulla scala mobile.

Una fase di profonda trasformazione politica e sociale in cui si possono leggere i segni della frana che porterà negli anni Novanta alla scomparsa di tutti i partiti della Prima repubblica.

Democrazia Proletaria non sopravvisse a questo smottamento generale: subì una spaccatura al proprio interno verso il partito dei Verdi e poi confluì nel 1991 in Rifondazione Comunista dopo lo scioglimento del Pci.

Ma la freschezza dell’eredità del «piccolo partito dalle grandi ragioni» sta nella sorprendente capacità di anticipare i grandi temi dei movimenti dei decenni successivi: l’ambientalismo, il femminismo, il pacifismo, i beni comuni, la centralità del diritto alla salute e il nuovo ruolo del mondo del lavoro.