Diego GiachettiDiego Giachetti che vive a Torino, storico e autore prolifico, ha lasciato un’impronta significativa nel panorama della ricerca storica contemporanea.

Ha difatti scritto una serie di libri che esplorano le tumultuose dinamiche degli anni ’60 e ’70 in Italia.

Alcune opere di Giachetti

Nel suo libro del 1997, “Il giorno il più lungo. La rivolta di corso Traiano,” coautore con Marco Scavino, si addentra nella rivolta di Corso Traiano del 3 luglio 1969, offrendo un’analisi dettagliata di quel momento cruciale.

Con “Oltre il ’68. Prima, durante e dopo il movimento” (1998), Giachetti offre una visione approfondita della stagione dei movimenti, esaminando il contesto prima, durante e dopo il ’68.

Nel libro “La Fiat in mano agli operai” (1999), scritto in collaborazione con Marco Scavino, si focalizza sul ruolo degli operai nella storia della Fiat.

Il suo interesse per le dinamiche culturali emerge in “Siamo solo noi, Vasco Rossi, un mito per le generazioni di sconvolti” (1999) e “Caterina Caselli: una protagonista del beat italiano” (2006), che esplorano il ruolo di Vasco Rossi e Caterina Caselli nelle dinamiche culturali dell’epoca.

Giachetti prosegue il suo esame dei cambiamenti sociopolitici con “Un rosso relativo: anime, coscienze, generazioni nel movimento dei movimenti” (2003) e “Un Sessantotto e tre conflitti.

Generazione, genere, classe” (2008). Nel libro “Venti dell’Est.

Il 1968 nei paesi del socialismo reale” (2008), esplora il contesto internazionale del ’68 nei paesi del socialismo reale.

Opere recenti

Con “Il ’68 in Italia. Le idee, i movimenti, la politica” (2018) offre un’ampia panoramica delle idee, dei movimenti e della politica dell’epoca.

Nel 2019, ha pubblicato “La rivolta di Corso Traiano. Torino, 3 luglio 1969,” un’opera che ritorna sulle radici della rivolta di Corso Traiano.

Il suo impegno nella ricerca storica prosegue con “Il sapere della libertà. Vita e opere di Charles Wright Mills” (2021), che offre una prospettiva illuminante sulla vita e le opere di Charles Wright Mills.

Recentissimo (2024) è il suo libro su Vasco Rossi intitolato: Odio i lunedì. Con Vasco Rossi negli anni Ottanta contenente una lunga intervista al grande cantante italiano.

Diego Giachetti, con la sua vasta produzione letteraria, si conferma come una figura di spicco nell’approfondimento storico, offrendo contributi significativi alla comprensione di periodi cruciali nella storia italiana contemporanea.

Articoli

Due Rose (Luxemburg)

di Diego GIACHETTI

Una donna chiamata rivoluzione e Socialismo o barbarie

Due sono i libri che la casa editrice Red star press di Roma dedica a Rosa Luxemburg in occasione del centenario della sua morte, avvenuta nella notte fra il 15 e il 16 gennaio quando, assieme a Karl Liebknecht, fu arrestata a Berlino e trucidata dalla soldataglia.

Il primo, di Sergio Dalmasso, Una donna chiamata rivoluzione, traccia un succinto e avvincente ritratto della protagonista, cogliendo e intrecciando la dimensione personale con quella pubblica.

Il secondo, curato da Nando Simeone e pubblicato in collaborazione col Centro studi Livio Maitan, riprende uno degli scritti più citati, Socialismo o barbarie, di Rosa Luxemburg, col quale è ricordato un saggio che nelle principali raccolte degli scritti della rivoluzionaria polacca appare con il nome di La crisi della socialdemocrazia e ha come riferimento la denuncia dell’atteggiamento dei partiti socialisti della Seconda Internazionale di fronte allo scoppio della Prima guerra mondiale, descritta come un vero e proprio precipitare dell’umanità in una crisi di civiltà, provocata dall’imperialismo capitalista.

Tra i classici del marxismo

Sia l’autore che il curatore tracciano un ritratto a tutto campo dei temi politici e teorici da lei trattati nel corso della sua vita. La sua opera appartiene pienamente alla definizione di classici del marxismo.

Per classici, precisa Dalmasso, sono da intendersi quei testi che davanti ai nodi dell’oggi si rivelano più vivi che mai.

Tuttavia, i suoi lavori restano ancora misconosciuti e la sua eredità a dir poco problematica, certamente però è ricca e preziosa, una miniera i cui filoni sono ancora in parte da esplorare e ancora parlano al nostro tempo.

Solo con l’impetuoso e gioioso clima prodotto dalle lotte studentesche e operaie degli anni Sessanta e Settanta e la contemporanea nascita di formazioni politiche “eretiche” alla sinistra dei partiti tradizionali, con un certo seguito soprattutto tra le fasce giovanili politicizzate, si ebbe la riscoperta del pensiero di Rosa Luxemburg, come alternativa alla deriva riformista socialdemocratica in Occidente, al socialismo reale di stato ad Oriente e allo stesso leninismo, come provò a fare Lelio Basso, sostenendo che mentre Lenin aveva concentrato il fuoco della sua battaglia sull’anello più debole della catena capitalistica mondiale, la Luxemburg invece aveva una visione meno tattica e più strategica, a lunga scadenza sui problemi di una rivoluzione in una società capitalistica altamente sviluppata.

Fu una riscoperta che faceva i conti con abiure, condanne e calunnie vere e proprie operate da politici e “storici” dei partiti comunisti a partire dall’affermazione dello stalinismo in Unione Sovietica.

Nella seconda metà degli anni Venti si coniò l’accusa di luxemburghismo, al pari di trotskismo, bordighismo, anche se meno grave, secondo il vademecum dei peccati stabiliti da Stalin; tutte però erano trattate come deviazioni tipiche dei sostenitori dei nemici della classe operaia.

CONTINUA…

in dalla parte del torto

  • N. 80, 2018, dalla parte del torto, Diego GIACHETTI, Il ’68 in Italia. Le idee, i movimenti, la politica.
  • 94, 2018, “Il presente e la storia”, Diego GIACHETTI, Il ’68 in Italia. Le idee, i movimenti, la politica, Pisa, Biblioteca Franco Serantini, 2018.

Diego GIACHETTI, Il ’68 in Italia. Le idee, i movimenti, la politica, Pisa, Biblioteca Franco Serantini, 2018, pp. 218, euro 20.

Sergio Dalmasso

Download “Scheda su: Diego Giachetti, il Sessantotto in Italia” n-94-2018-IL-presente-e-la-storia-Diego-Giachetti-il-68-in-Italia.-Le-idee-i-movimenti-la-politica.pdf – Scaricato 18603 volte – 83,27 KB

Il Sessantotto in Italia

Diego Giachetti ha all’attivo numerosi studi sugli anni ’60 e ’70, la stagione dei movimenti, il ruolo di operai, giovani, donne, nella conflittualità che ha caratterizzato quei decenni focali. Oltre a studi sull’autunno caldo, sulla FIAT, sul rapporto tra conflitto di genere, generazione e classe, nel 1998 ha pubblicato, sempre per la Franco Serantini di Pisa, Oltre il Sessantotto. Prima, durante e dopo il movimento.

Il cinquantesimo anniversario del mitico ’68 è stato più povero di produzioni, studi, lavori, dibattiti, pubblicazioni… rispetto a molti dei decenni precedenti. Interessanti gli inserti mensili del “Manifesto”, documentato il numero doppio di “Micromega”, antologico un libro prodotto dal Centro studi Maitan.

Ha avuto successo la bella mostra pensata dall’ Archivio dei movimenti di Genova che ha prodotto anche un catalogo e un testo, forse addirittura troppo ricco di contributi, a scapito dell’approfondimento di alcuni temi specifici.

Altre realtà locali hanno offerto analisi o ricerche.

La ristampa, a distanza di 20 anni, del testo di Giachetti ha il merito di rioffrirci uno strumento di analisi e di riflessione, ampliato su alcuni nodi, una sintesi fattuale, ma anche storiografica su una stagione intera che va ben al di là del semplice anniversario.

Il testo ripercorre una breve storia di un decennio, sempre intrecciandola con la riflessione storiografica ed evidenziando i problemi e i nodi che la produzione, non solamente militante, ha discusso ed affrontato nel tempo.

Esiste un prima: fermenti di dibattito, di rimessa in discussione di categorie che parevano consolidate, introduzione di tematiche e di strumenti mai toccati dal marxismo “ortodosso” iniziano dopo il 1956 e il primo bilancio di massa dello stalinismo.

Riviste, sollecitazioni, crisi politiche e personali, tentativi di ricostruzione anche della storia (penso alla stagione della “Rivista storica del socialismo”).

È fortissimo, nei primi anni ’60, il doppio impatto delle trasformazioni strutturali del paese, con la ripartenza delle lotte operaie e del ruolo giocato dalla Cina, la cui rivoluzione pare, a molti settori, costituire una alternativa rispetto all’ “imborghesimento” di quella sovietica e collocarsi nella spinta del terzo mondo e della decolonizzazione.

Anche la sinistra italiana è toccata da queste tematiche: all’interno del PCI si formano gruppi critici, vi è una breve crescita dell’area trotskista, , sorgono gruppi “cinesi” e “operaisti”.

Il ’68 non è descritto fattualmente, ma l’autore segue alcuni temi e ripropone una discussione già comparsa sulla piccola rivista “Per il ’68” su pregi e limiti della democrazia assembleare, sull’eterna questione dell’organizzazione, oggetto di scontri e divisioni, sul rapporto con la classe operaia (si pensi all’esperienza torinese), alla nascita dei gruppi che nel “lavoro di porta” vedono la possibilità di tradurre la coscienza rivoluzionaria in processo organizzativo.

In sintesi: esiste un ’68 buono, spontaneo e di base, che si brucia in breve tempo a cui segue la cancellazione prodotta dalla nascita di tanti gruppi politici, sigle diverse e spesso concorrenti? Vi è contraddizione insanabile tra spinta di movimento e tentativo di organizzazione?

E la nascita delle formazioni politiche ha il vizio profondo ed insuperabile di essere semplice richiamo ad esperienze storiche e superate di correnti del vecchio movimento operaio novecentesco (trotskiste, terzinternazionaliste, maoiste… legate a figure sconfitte ed emarginate)?

È questa la tesi sostenuta da molti autori nei decenni precedenti, ma negata da Giachetti che, nel capitolo Dal movimento ai gruppi passa in rassegna, con grande attenzione, le ragioni che hanno prodotto la nascita delle tante formazioni politiche, spesso vissute come continuazione della partecipazione vissuta nel movimento, la loro composizione sociale e la nascita di un corpo politico militante.

Segue, quindi, una rassegna sintetica delle principali formazioni politiche, le cui differenze organizzative e teoriche potranno stupire il lettore di oggi, dai trotskisti ai maoisti, dagli anarchici agli “operaisti”, dall’eresia del Manifesto al PdUP, da Avanguardia operaia al Movimento studentesco della Statale di Milano.

Non manca una breve rassegna sul dissenso cattolico, fenomeno di grande valenza e di lunga portata e su quello della lotta armata (o del terrorismo di sinistra) che si intreccia drammaticamente con il terrorismo di destra e con il ruolo giocato da servizi segreti, tensioni internazionali, tentativi di colpi di stato…

A parte, non manca la riflessione sul Partito radicale, per anni vicino all’area della nuova sinistra, pur con una matrice teorica e una storia del tutto diverse.

Il rapporto diritti civili/ diritti sociali, libertà collettive/individuali segna nettamente il dibattito negli anni ’70.

L’ultima parte del testo è la più innovativa e segna le maggiori differenze rispetto al testo del 1998. Giachetti ha, in altri testi, studiato con attenzione lo sviluppo del movimento femminista in Italia, le sue tematiche e differenze interne, il suo impatto sulla messa in discussione di pratiche politiche presenti anche nella nuova sinistra, oltre che nei partiti storici.

Così pure ha analizzato in modo innovativo la contraddizione generazionale, ad esempio evidenziata dalla canzone di consumo, dalla moda, dalle piccole riviste giovanili o dalle nuove trasmissioni radiofoniche (ricordate Bandiera gialla o Per voi giovani?).

L’emersione del movimento delle donne e di una nuova soggettività giovanile sono tra gli elementi che contribuiscono alla crisi politica dei gruppi e all’emergere di nuove tematiche e modalità negli anni ’70.

La sconfitta elettorale del giugno 1976, con la conferma dell’egemonia democristiana, il mancato governo delle sinistre, la nascita del “governo delle astensioni”, il debolissimo risultato del “cartello” Democrazia proletaria è periodizzante e segna la fine di una stagione.

Le ultime pagine tentano un parallelo fra il movimento del ’68, internazionale, centrato sull’università, alla ricerca di un novo modo di fare politica e di un nuovo paradigma marxista che vedeva nel socialismo una prospettiva di liberazione e quello del decennio successivo, nazionale, centrato sulla tematica del personale, critico in assoluto verso la politica di cui decreta la fine, fuori e oltre il marxismo, portato a spinte violentiste.

Ancora, negli anni ’80, i movimenti collettivi si sviluppano, da quello ecologista e pacifista, su obiettivi specifici e più limitati, senza l’orizzonte della trasformazione complessiva della società.

Nella scarsità di testi specifici comparsi in questo cinquantenario, quello di Diego Giachetti è da non perdere e da apprezzare per la sinteticità, la capacità di parlare a lettori/lettrici di diversa generazione, di chiarire problematiche, di riproporre nodi storiografici, anche controversi, su parti della nostra storia che solo la rimozione politico – culturale degli ultimi anni ha cancellato, ma che mantengono la loro attualità.

 

Diego Giachetti, Recensione libro su Basso di Diego GiachettiRiporto di seguito la recensione, presente su Amazon, dello storico Diego Giachetti, al mio libro Lelio Basso. La ragione militante.

La solitudine di un socialista luxemburghiano di Diego Giachetti

 27 giugno 2018

Lelio Basso. La ragione militante

Download “Recensione libro di Sergio Dalmasso su Basso (di Diego Giachetti)” Recensione-Diego-Giachetti-del-Libro-di-Sergio-Dalmasso-Lelio-Basso.pdf – Scaricato 19077 volte – 142,76 KB

Il libro appena pubblicato di Sergio Dalmasso, Lelio Basso. La ragione militante: vita e opere di un socialista eretico (Roma, Red Star Press, 2018), aggiunge un Copertina Recensione libro su Basso di Diego Giachettinuovo importante tassello utile per comprendere le vicende legate alla sinistra politica e sociale italiana.

Con la solita pazienza per i fatti e la documentazione che lo contraddistinguono, l’autore propone una snella e approfondita biografia politica di un protagonista del socialismo italiano, morto quarant’anni fa.

Ritrovare e ripercorrere la vita di Lelio Basso significa entrare direttamente nella storia del socialismo italiano, nel periodo che va dal fascismo alla Resistenza, al lungo dopoguerra, con i dovuti e annessi riferimenti al contesto generale della seconda metà del ‘900.

Basso ha vissuto pienamente tutti quei decenni, li ha attraversati da protagonista nel senso di un militante che ha partecipato con le proprie idee e analisi alla lotta politica fuori e dentro il partito.

Lo ha fatto senza mai rinunciare alla propria indipendenza di giudizio e di critica.

Lelio Basso controcorrente

Che Lelio Basso fosse un uomo che amava nuotare controcorrente lo dimostra la sua scelta di iscriversi nel 1921 al Partito socialista, proprio nel momento in cui tale partito non godeva di ottima salute. Aveva appena subito la divisione dei comunisti che portò alla costituzione del Partito comunista, al quale la maggioranza dei giovani socialisti aderì.

La sua giovanile adesione al socialismo comportò conseguenze repressive ad opera del regime fascista: fu arrestato, processato e confinato.

Tra azione politica e teoria

Nel corso della Seconda guerra mondiale egli esprime riserve critiche sulla politica dei fronti popolari, perché la ritiene frutto di scelte operate dai vertici di partito e incapace di stimolare e valorizzare la spinta del movimento operaio verso rivendicazioni di classe.

Ugualmente critico è il giudizio sul governo Badoglio che lo porta a rompere per un breve periodo col Partito socialista, per poi rientrarvi nel 1944.

Favorevole all’unità d’azione coi comunisti, segnala però gli elementi che lo separano da quel partito: il problema della democrazia interna e il fatto esso si ponga al servizio della diplomazia sovietica. A chi lo rimproverava di coltivare l’illusione dello sbocco rivoluzionario della Resistenza,

Basso replicava che tra la rivoluzione socialista e l’inserimento dell’establishment conservatore, vi era tutta una gamma di sfumature non sfruttate, messe in sordina dalla svolta di Salerno che rappresentò invece l’accettazione della continuità con le istituzioni e il personale burocratico amministrativo che avevano servito il regime fascista.

Eletto all’assemblea Costituente, fu uno dei principali artefici della stesura della Carta costituzionale

Divenne segretario del Psi, carica che mantenne per qualche anno. Dopo si dimise e iniziò il suo percorso minoritario all’interno del socialismo.

Gli eventi del 1956 (XX Congresso del Pcus, critiche all’operato di Stalin, rivoluzione ungherese e invasione da parte dei sovietici) non lo colgono impreparato; non deve fingere il falso stupore di chi si maschera dietro il “non sapevo nulla” di quanto era accaduto sotto il regime di Stalin in Urss.

La denuncia di Stalin e dello stalinismo, fatta per altro da ex stalinisti, riconferma per Basso la validità del socialismo democratico e pluralista contro il modello di partito unico, l’importanza della democrazia all’interno del partito contro il burocratismo.

Denuncia quindi le deviazioni dell’Urss senza ripiegare su scelte socialdemocratiche di riformismo spicciolo. Pertanto è contrario alla politica di avvicinamento dei socialisti al governo con la Democrazia cristiana e nel 1964 aderisce al Partito socialista di unità proletaria (Psiup), formazione che raccoglie i socialisti contrari all’entrata nella maggioranza governativa.

Nel frattempo Basso prosegue e approfondisce la sua riflessione teorica, tesa a potenziare l’impianto analitico e programmatico di un progetto di trasformazione socialista della società basato sulla riscoperta di Marx, che elimini le interpretazioni socialdemocratiche attribuitegli dai teorici della Seconda Internazionale.

Un Marx libero anche da Lenin.

Entrambi sono indispensabili, diceva, non perché il leninismo sia il marxismo dell’età contemporanea, che ne racchiude tutta l’essenza, bensì perché Lenin costituisce la guida delle rivoluzioni negli anelli più deboli e Marx delle rivoluzioni occidentali.

Mentre Lenin aveva concentrato il fuoco della sua battaglia sull’anello più debole della catena capitalistica mondiale, la Luxemburg invece aveva una visione meno tattica e più strategica, a lunga scadenza sui problemi di una rivoluzione in una società capitalistica altamente sviluppata.

Il triste esito delle speranze suscitate dalla “primavera di Praga” del 1968, conclusasi con l’intervento militare sovietico, è per Basso motivo di amarezza anche per la posizione assunta dal suo partito, che giustifica l’invasione.

Non rinnova la tessera del Psiup, nel 1971 si dimette dal gruppo parlamentare perché anche in quel partito si sente ormai un corpo estraneo.

Sentimento che prova anche nei confronti delle nascenti organizzazioni extraparlamentari. Il suo dissenso riguarda la concezione del socialismo e della rivoluzione, la natura e il ruolo del partito, la strategia del movimento operaio. La soluzione, ribadiva, è nel pensiero di Marx e nel ritorno a Rosa Luxemburg.

Amarezza e orgoglio

Il bilancio che egli stesso traccia di cinquant’anni di attività politica è crudo e orgoglioso. Scrive infatti che avrebbe potuto fare la politica dei favori e delle amicizie, ma non ne ha mai avuto la tentazione. Gli ripugnava.

In ciò, dice, sta la causa della sua solitudine, non solo politica ma nel profondo dell’anima, senza amici costretti ad essergli fedeli per ragioni governative o sottogovernative.

Nei partiti, prosegue, mi sono trovato spesso in minoranza. Ma essersi dimesso dai partiti non significa aver rinunciato alle proprie idee alle quali resta attaccato: “sono un isolato, un uomo che non ha dietro di sé alcuna forza organizzata, ma soltanto il proprio passato politico di militante, non mi è facile portare avanti questo ruolo di indipendente, ma è contro ogni mia volontà che sono stato ricacciato ai margini della vita politica e ridotto al ruolo non di protagonista, ma di testimone”.

In quegli anni di “solitudine” politica, il suo impegno si consuma nell’organizzazione dei tribunali internazionali per i diritti dei popoli.

È del 1966 la sua adesione al Tribunale Russell per giudicare i crimini americani nella guerra in Vietnam.

Dal 1974 al 1976 promuove e presiede le sessioni del Secondo Tribunale Russell sulla repressione in America Latina.

Nel 1976 fonda la Lega per i diritti e la liberazione dei popoli. Continua la sua attività di studioso del marxismo e di promotore culturale.

Dal 1958 al 1976 dirige la rivista Problemi del socialismo. Nel 1969 fonda l’Istituto per lo studio della società contemporanea (ISSOCO), fornito di una preziosa biblioteca per la storia del movimento operaio.

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Dal 19 gennaio 2024 è disponibile il primo capitolo del libro Lelio Basso. La ragione militante: vita e opere di un socialista eretico:

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