Gastropopulismo
L’Italia al tempo del gastropopulismo
09-02-2020 – di: Franco Di Giorgi
Diverse sono le dimensioni che entrano in gioco nel «dispositivo populista» relativamente ai «processi di formazione del consenso», scrive Marco Revelli nel suo bel libro, nato da un colloquio con Luca Telese, Turbopopulismo.
La rivolta dei margini e le nuove sfide democratiche (Solferino-Corriere della Sera, Milano 2019).
Due gli sembrano «assolutamente centrali», quella linguistica e quella alimentare.
Si tratta di dimensioni, precisa, che più che alle scienze politiche pertengono «al campo dell’antropologia, o della simbolica del profondo» (p. 127), ai cui fenomeni egli si avvicina con il piglio e con la passione dell’entomologo.
Queste due dimensioni non sono scollegate, ma interdipendenti, poiché il «gastropopulismo», che da esse si sviluppa (così Revelli definisce il populismo salviniano), non nasce solo dalla semplice «messa in scena del cibo» (p. 121), ma dalla precisa scelta di dare voce alla lingua delle viscere e di istituire così un linguaggio viscerale.
L’unico dialogo che il gastropopulismo potrà pertanto consentire non è con la mente, che viene semplicemente bypassata, ma con la pancia.
Infatti, quando il medium comunicativo tra gli individui sono le viscere, allora non si pone più la difficoltà della riflessione, ma la semplicità del riflesso condizionato pavloviano.
Non c’è più né spazio né tempo per il dubbio critico, ma solo quanto basta per la reazione istintiva.
Non si dà più la lungaggine del pensiero, ma la subitaneità dell’azione pura.
Non l’uomo razionale, ma l’animale impulsivo.
Non la pietà, ma l’empietà.
Non l’umano, ma il disumano.
Ciò significa che la lingua del populismo, ossia della narrazione politica che fa leva sull’istinto, non può che essere viscerale, cioè duale (fame/non fame, buono/non buono), proprio come il linguaggio binario dei computer a base due (0/1).
Questo, ovviamente, non vuol certo dire che il sistema binario sia semplice come la logica populista, ma che questa si struttura sull’apparente semplicità di quel sistema.
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