Marx

Karl Marx è stato un eminente filosofo, economista e teorico politico del XIX secolo.

Karl Marx fu una figura chiave nel movimento operaio e socialista.In questo sito vi sono importanti informazioni su le sue opere fondamentali e l’impatto duraturo del suo pensiero nella società moderna.

Chi era

Marx nacque nel 1818 e fu una figura chiave nel movimento operaio e socialista.

La sua analisi critica del capitalismo e la teoria della lotta di classe hanno avuto un impatto profondo sulla comprensione della società.

Opere Principali

Tra le opere più influenti di Marx troviamo “Il Capitale”, “Il Manifesto del Partito Comunista” e “L’ideologia tedesca”.

Eredità e Influenza

L’influenza di Marx si estende ben oltre il suo tempo.

La sua visione del mondo ha ispirato movimenti politici, sociali ed economici in tutto il mondo.

Analizzeremo, per quanto posssibile, come le sue idee continuino a plasmare il dibattito contemporaneo.

Si possono trovare all’interno del sito web sergiodalmasso.com i suoi concetti chiave, come la teoria del plusvalore e la sua critica alla società capitalistica.

Conclusioni

In sintesi, nel sito web vi è una interessante panoramica sul pensiero marxista desunte dalle opere di questo grande pensatore rivoluzionario.

Continueremo a esplorare il suo impatto duraturo sulla società e a fornire risorse utili per approfondire, per quanto possibile, la comprensione di questo fondamentale teorico .

Manifesto del Partito Comunista – Circolo Rosa Luxemburg – Cuneo

Articoli

Icona PDF

Rosa Luxemburg e imborghesimento del proletariato

ROSA LUXEMBURG
E LA QUESTIONE DIALETTICA DELL’IMBORGHESIMENTO
DEL PROLETARIATO

di Franco Di Giorgi

Rosa Luxemburg

 

ANPI Ivrea, 15 febbraio 2019.

I.

Per quanto diverse sul piano della consistenza e dello sviluppo interno, le due recenti monografie che Sergio Dalmasso ha approntato e dato alle stampe nel 2018 per la Redstarpress – la prima dedicata a Lelio Basso (Lelio Basso. La ragione militante: vita e opere di un socialista eretico) e la seconda a Rosa Luxemburg (Una donna chiamata rivoluzione. Vita e opere di Rosa Luxemburg) – hanno tuttavia nella questione storico-sociale dell’emancipazione del proletariato la radice che le accomuna.

Tale radice affonda nel terreno stesso in cui è cresciuta la pianta del socialismo europeo: è il terreno della dialettica hegeliana Signoria-Servitù.

Questa non è che una delle molteplici figure dialettiche di cui Hegel ha tracciato la fenomenologia e che nel loro insieme formano la filosofia della storia hegeliana.

Come sappiamo, Marx ha ripercorso a modo suo la storia di quella dialettica: l’ha ripercorsa però non secondo l’idea spirituale, ma seguendo l’idea materiale, tenendo conto cioè dei diversi modi di produzione che hanno condizionato nel tempo e nella storia il rapporto tra Signoria e Servitù.

La dialettica che contraddistingue questo rapporto, detto in estrema sintesi, presuppone l’inevitabile e quindi ontologico ribaltamento dei ruoli: con il tempo e soprattutto con la dura esperienza della dipendenza e della sottomissione, la storia vedrà il Servo emanciparsi e da schiavo, da servo della gleba e da proletario esso diventerà prima liberto, poi vassallo e infine borghese e citoyen.

Ma già nella forma di semplice arbusto, quella pianta del socialismo, vale a dire nel Manifesto dei Comunisti del 1848, Marx ed Engels si erano accorti di una prima grave e profonda contraddizione interna a quella dialettica, perché il borghese (ossia il proletario emancipato) è divenuto nel frattempo il nemico del proletariato stesso.

Imborghesizzandosi, cioè, il proletariato si autoannienta.

In altre parole: la borghesizzazione del proletariato, vista come momento coessenziale e imprescindibile dall’economia capitalistica, costituisce la negazione e non l’affermazione del proletariato.

E ciò nel senso del principio spinoziano ripreso prima da Hegel e poi da Marx, secondo cui omnis determinatio est negatio.

Il proletariato non dovrebbe dunque emanciparsi per affermarsi nella storia. Il che, secondo la filosofia hegeliana e dell’evoluzionismo in generale, non sembra essere possibile.

Già sul nascere, pertanto, si profila per esso, un destino tragico.

Inoltre, come nella prima modulazione di quel rapporto Signoria-Servitù, il Signore non annienta il Servo pur potendolo fare – nello scontro a morte tra le due Autocoscienze che lottano per la sopravvivenza e l’affermazione di sé, quella che ha paura della morte tuttavia non muore, perché viene graziato dal suo avversario, e in tal modo però questo, assurgendo a Signore, lo asservisce a sé, lo rende Servo –, così, in una specie di eterno ritorno dell’uguale, di ereditarietà ontologica, di destino, anche il borghese, pur potendolo fare, non si libera affatto del proletario (vale a dire di se stesso in quanto altro da sé), ma, mediante il sistema capitalistico, lo asservisce a sé, lo strumentalizza per realizzare i suoi scopi, in primis il plusvalore.

Siamo quindi dinanzi a uno sviluppo emancipatorio che si può interpretare come una specie di travestimento che si tramanda nella storia.

Siamo dinanzi a un proletario che la storia traveste da borghese e che, come borghese non può evitare di sottoporre a sé il suo se stesso come proletario.

Già, perché secondo l’Aufhebung, cioè secondo il meccanismo della hegeliana filosofia della storia e la sua implicita teoria dell’emancipazione, nulla viene mai obliato e superato dalla storia, ma tutto viene trasformato e conservato in essa e con ciò stesso inverato.

Il borghese emancipato vede insomma nel proletario apparentemente superato e surclassato il se stesso arretrato a quella condizione servile alla quale esso non vuole assolutamente più essere ridotto e ricondotto.

Ma, se proviamo a spostare la nostra attenzione su un contesto diverso e più generale, quello che concerne l’attuale fenomeno migratorio, quel timore del borghese emancipato e insignorito nei confronti del proletario arretrato e asservito non è forse lo stesso di quello che blocca gli europei e in particolare buona parte degli italiani rispetto al problema dell’accoglienza?

Nella figura dell’immigrato noi non vediamo forse quel nostro sé arretrato e servile da cui crediamo di esserci definitivamente emancipati e alla cui condizione non vogliamo essere ricondotti e dalla quale pertanto arretriamo terrorizzati?

CONTINUA

ROSA LUXEMBURG

Foto di Rosa Luxemburg 1896

 

Oggi, 17 dicembre 2018, è arrivato il mio librino su Rosa LUXEMBURG che segue quello, uscito alcuni mesi fa, su Lelio BASSO.
Il titolo scelto dall’editore (Redstar press, Roma) è accattivante: “Una donna chiamata rivoluzione”.

Il testo, senza alcuna presunzione e pretesa, traccia un profilo della vita e dell’opera della grande rivoluzionaria, nel centesimo anniversario della morte/assassinio:
– la questione nazionale;
– la polemica con Lenin sul partito e il rapporto organizzazione/masse;
– lo sciopero di massa;
– l’antimilitarismo e l’opposizione alla guerra imperialistica;
– il dopoguerra, la rivoluzione spartachista e la morte.

Qualche circolo, associazione, partito, centro culturale… è , interessato a presentarlo?

Io non attiro folle immense,  ma mi potete cercare per telefono, e-mail, facebook, messenger, segnali di fumo…

Credo sia utile, nel centenario della morte, non solo vendere qualche copia e recuperare qualche spicciolo, ma far conoscere fatti e tematiche, riflettere sulle grandi figure della storia e sui temi – attuali – che hanno sollevato.
E Rosa mi sembra, ancora oggi, di straordinaria attualità.

Una donna chiamata rivoluzione. Vita e opere di Rosa Luxemburg

PS.
A breve, il libro sarà disponibile anche nelle librerie e online.

Sarò a Trieste presso la Casa del popolo di Ponziana il 18 gennaio 2019 alle 18.30 per parlare di Rosa Luxemburg e di Lelio Basso. Sarà presente anche l’economista Gabriele Pastrello per un intervento sul pensiero economico di Rosa Luxemburg. Sergio

Film ROSA L. :

Diego Giachetti, Recensione libro su Basso di Diego GiachettiRiporto di seguito la recensione, presente su Amazon, dello storico Diego Giachetti, al mio libro Lelio Basso. La ragione militante.

La solitudine di un socialista luxemburghiano di Diego Giachetti

 27 giugno 2018

Lelio Basso. La ragione militante

Download “Recensione libro di Sergio Dalmasso su Basso (di Diego Giachetti)” Recensione-Diego-Giachetti-del-Libro-di-Sergio-Dalmasso-Lelio-Basso.pdf – Scaricato 19077 volte – 142,76 KB

Il libro appena pubblicato di Sergio Dalmasso, Lelio Basso. La ragione militante: vita e opere di un socialista eretico (Roma, Red Star Press, 2018), aggiunge un Copertina Recensione libro su Basso di Diego Giachettinuovo importante tassello utile per comprendere le vicende legate alla sinistra politica e sociale italiana.

Con la solita pazienza per i fatti e la documentazione che lo contraddistinguono, l’autore propone una snella e approfondita biografia politica di un protagonista del socialismo italiano, morto quarant’anni fa.

Ritrovare e ripercorrere la vita di Lelio Basso significa entrare direttamente nella storia del socialismo italiano, nel periodo che va dal fascismo alla Resistenza, al lungo dopoguerra, con i dovuti e annessi riferimenti al contesto generale della seconda metà del ‘900.

Basso ha vissuto pienamente tutti quei decenni, li ha attraversati da protagonista nel senso di un militante che ha partecipato con le proprie idee e analisi alla lotta politica fuori e dentro il partito.

Lo ha fatto senza mai rinunciare alla propria indipendenza di giudizio e di critica.

Lelio Basso controcorrente

Che Lelio Basso fosse un uomo che amava nuotare controcorrente lo dimostra la sua scelta di iscriversi nel 1921 al Partito socialista, proprio nel momento in cui tale partito non godeva di ottima salute. Aveva appena subito la divisione dei comunisti che portò alla costituzione del Partito comunista, al quale la maggioranza dei giovani socialisti aderì.

La sua giovanile adesione al socialismo comportò conseguenze repressive ad opera del regime fascista: fu arrestato, processato e confinato.

Tra azione politica e teoria

Nel corso della Seconda guerra mondiale egli esprime riserve critiche sulla politica dei fronti popolari, perché la ritiene frutto di scelte operate dai vertici di partito e incapace di stimolare e valorizzare la spinta del movimento operaio verso rivendicazioni di classe.

Ugualmente critico è il giudizio sul governo Badoglio che lo porta a rompere per un breve periodo col Partito socialista, per poi rientrarvi nel 1944.

Favorevole all’unità d’azione coi comunisti, segnala però gli elementi che lo separano da quel partito: il problema della democrazia interna e il fatto esso si ponga al servizio della diplomazia sovietica. A chi lo rimproverava di coltivare l’illusione dello sbocco rivoluzionario della Resistenza,

Basso replicava che tra la rivoluzione socialista e l’inserimento dell’establishment conservatore, vi era tutta una gamma di sfumature non sfruttate, messe in sordina dalla svolta di Salerno che rappresentò invece l’accettazione della continuità con le istituzioni e il personale burocratico amministrativo che avevano servito il regime fascista.

Eletto all’assemblea Costituente, fu uno dei principali artefici della stesura della Carta costituzionale

Divenne segretario del Psi, carica che mantenne per qualche anno. Dopo si dimise e iniziò il suo percorso minoritario all’interno del socialismo.

Gli eventi del 1956 (XX Congresso del Pcus, critiche all’operato di Stalin, rivoluzione ungherese e invasione da parte dei sovietici) non lo colgono impreparato; non deve fingere il falso stupore di chi si maschera dietro il “non sapevo nulla” di quanto era accaduto sotto il regime di Stalin in Urss.

La denuncia di Stalin e dello stalinismo, fatta per altro da ex stalinisti, riconferma per Basso la validità del socialismo democratico e pluralista contro il modello di partito unico, l’importanza della democrazia all’interno del partito contro il burocratismo.

Denuncia quindi le deviazioni dell’Urss senza ripiegare su scelte socialdemocratiche di riformismo spicciolo. Pertanto è contrario alla politica di avvicinamento dei socialisti al governo con la Democrazia cristiana e nel 1964 aderisce al Partito socialista di unità proletaria (Psiup), formazione che raccoglie i socialisti contrari all’entrata nella maggioranza governativa.

Nel frattempo Basso prosegue e approfondisce la sua riflessione teorica, tesa a potenziare l’impianto analitico e programmatico di un progetto di trasformazione socialista della società basato sulla riscoperta di Marx, che elimini le interpretazioni socialdemocratiche attribuitegli dai teorici della Seconda Internazionale.

Un Marx libero anche da Lenin.

Entrambi sono indispensabili, diceva, non perché il leninismo sia il marxismo dell’età contemporanea, che ne racchiude tutta l’essenza, bensì perché Lenin costituisce la guida delle rivoluzioni negli anelli più deboli e Marx delle rivoluzioni occidentali.

Mentre Lenin aveva concentrato il fuoco della sua battaglia sull’anello più debole della catena capitalistica mondiale, la Luxemburg invece aveva una visione meno tattica e più strategica, a lunga scadenza sui problemi di una rivoluzione in una società capitalistica altamente sviluppata.

Il triste esito delle speranze suscitate dalla “primavera di Praga” del 1968, conclusasi con l’intervento militare sovietico, è per Basso motivo di amarezza anche per la posizione assunta dal suo partito, che giustifica l’invasione.

Non rinnova la tessera del Psiup, nel 1971 si dimette dal gruppo parlamentare perché anche in quel partito si sente ormai un corpo estraneo.

Sentimento che prova anche nei confronti delle nascenti organizzazioni extraparlamentari. Il suo dissenso riguarda la concezione del socialismo e della rivoluzione, la natura e il ruolo del partito, la strategia del movimento operaio. La soluzione, ribadiva, è nel pensiero di Marx e nel ritorno a Rosa Luxemburg.

Amarezza e orgoglio

Il bilancio che egli stesso traccia di cinquant’anni di attività politica è crudo e orgoglioso. Scrive infatti che avrebbe potuto fare la politica dei favori e delle amicizie, ma non ne ha mai avuto la tentazione. Gli ripugnava.

In ciò, dice, sta la causa della sua solitudine, non solo politica ma nel profondo dell’anima, senza amici costretti ad essergli fedeli per ragioni governative o sottogovernative.

Nei partiti, prosegue, mi sono trovato spesso in minoranza. Ma essersi dimesso dai partiti non significa aver rinunciato alle proprie idee alle quali resta attaccato: “sono un isolato, un uomo che non ha dietro di sé alcuna forza organizzata, ma soltanto il proprio passato politico di militante, non mi è facile portare avanti questo ruolo di indipendente, ma è contro ogni mia volontà che sono stato ricacciato ai margini della vita politica e ridotto al ruolo non di protagonista, ma di testimone”.

In quegli anni di “solitudine” politica, il suo impegno si consuma nell’organizzazione dei tribunali internazionali per i diritti dei popoli.

È del 1966 la sua adesione al Tribunale Russell per giudicare i crimini americani nella guerra in Vietnam.

Dal 1974 al 1976 promuove e presiede le sessioni del Secondo Tribunale Russell sulla repressione in America Latina.

Nel 1976 fonda la Lega per i diritti e la liberazione dei popoli. Continua la sua attività di studioso del marxismo e di promotore culturale.

Dal 1958 al 1976 dirige la rivista Problemi del socialismo. Nel 1969 fonda l’Istituto per lo studio della società contemporanea (ISSOCO), fornito di una preziosa biblioteca per la storia del movimento operaio.

***

Dal 19 gennaio 2024 è disponibile il primo capitolo del libro Lelio Basso. La ragione militante: vita e opere di un socialista eretico:

Download “Primo capitolo del libro Lelio Basso” Capitolo1-Lelio-Basso-La-ragione-militante.pdf – Scaricato 32273 volte – 308,09 KB