ALCUNI STUDENTI DEL’IPSIA “BIRAGO” DI TORINO
INCONTRANO FERRUCCIO MARUFFI, EX DEPORTATO NEL CAMPO DI CONCENTRAMENTO NAZISTA DI MAUTHAUSEN
Torino, 28 aprile 1990
Ferruccio Maruffi ex deportato
Relazione a cura di Franco Di Giorgi
Per la storia del mondo il 1989 è stato certamente un anno importante, se non altro per via del crollo del muro di Berlino, avvenuto dopo 28 anni dalla sua costruzione.
Anche per me lo è stato, perché seppure in tarda età – a 35 anni, ma meglio tardi che mai – ho letto Se questo è un uomo di Primo Levi. Ricordo che all’epoca, negli anni di precariato, insegnavo filosofia e storia al liceo classico “Alfieri” di Torino.
Lessi quel testo in concomitanza con una lezione su Schelling e fu determinante scoprire che sia il filosofo sia l’ex deportato citavano il celebre verso del Terzo Canto dell’Inferno di Dante, Lasciate ogni speranza, voi ch’entrate.
Ebbene, questa lettura ha cambiato radicalmente la mia vita: non solo il mio modo di percepire il mondo, ma anche e soprattutto il mio modo di essere, di stare al mondo e di relazionarmi con gli altri. Ha cambiato in particolare il mio modo di insegnare.
L’anno scolastico successivo (1989-1990) insegno italiano e storia all’Ipsia “Birago” di Torino, un professionale per meccanici. Sotto l’influenza della testimonianza di Levi, quell’anno mi reco al teatro Carignano perché l’Aned (l’Associazione nazionale ex deportati) vi svolge una Giornata commemorativa.
Dal banco dei relatori, tutti gli ex deportati invitano calorosamente gli insegnanti a dare spazio nelle loro lezioni alla storia della deportazione. Alla fine del convegno li raggiungo per stringere le loro mani, per salutarli e a qualcuno di loro lascio il mio numero telefonico.
Fra questi Ferruccio Maruffi. Dopo qualche tempo mi chiama per fissare una data per un suo intervento al Birago.
Si decide per il 28 aprile.
Intanto faccio leggere agli studenti – anzi, leggiamo insieme – Se questo è un uomo. Durante queste letture comincio a percepire il silenzio che si generava magicamente nelle classi dei futuri periti meccanici.
Comincio a sentire che il mio rapporto con loro, proprio grazie a quelle lezioni e alle riflessioni che ne sorgevano, diventava sempre più aperto e serio, anche quando si scherzava.
Invito dunque Maruffi a scuola, il quale, dopo la sua intensissima testimonianza, ci ha proposto un documentario su Mauthausen e su Gusen.
Scrivo dunque la mia prima relazione riguardante i campi di concentramento.
Ecco perché è importante per me questa breve relazione: perché è da questo momento che comincio a dedicare l’intero mio lavoro di insegnante alla comprensione di quell’avvenimento nefando.
Certamente unico nella storia dei massacri messi in atto dall’umanità. [2017]
CONTINUA…
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