Esplora il pensiero di Sergio Dalmasso, storico e scrittore impegnato, proveniente dalla nuova sinistra e attualmente membro del Partito della Rifondazione Comunista. Con una vasta produzione letteraria, Dalmasso ha scritto 9 libri che spaziano dalla storia della sinistra italiana al ritratto di figure chiave come Lucio Libertini, Lelio Basso e Rosa Luxemburg.

Tra le sue opere più recenti, spicca ‘RIFONDAZIONE COMUNISTA’ (Ed. RedStar Press, Roma, 2021), un’analisi approfondita sullo stato attuale del movimento comunista.
Approfondisci la storia della sinistra italiana con ‘LUCIO LIBERTINI. Lungo viaggio nella sinistra italiana’ (Edizioni Punto Rosso, Milano, 2020) e scopri la vita e le opere di Rosa Luxemburg con ‘UNA DONNA CHIAMATA RIVOLUZIONE’ (RedStar Press, Roma, 2019).

Sergio Dalmasso ha contribuito in modo significativo alla comprensione della storia politica e sociale italiana, focalizzandosi su figure come Lelio Basso e esaminando la rifondazione comunista dallo scioglimento del PCI al ‘movimento dei movimenti’.

Con libri come ‘Il PCI dalla legge truffa alla morte del migliore’ e ‘Il caso Manifesto e il PCI degli anni ’60’, ha analizzato criticamente momenti cruciali nella storia politica del paese.

Il suo impegno nella divulgazione storica si riflette anche nella cura dei Quaderni semestrali del CIPEC, giunti al numero 72 nel 30° anno di pubblicazione (2024) e tanto altro. Esplora gli scritti di Dalmasso per accedere a un ricco patrimonio di conoscenze sulla storia politica italiana e alla vasta produzione letteraria di Sergio Dalmasso.

Articoli

Lidia Beccaria Rolfi


Ho conosciuto Lidia Beccaria Rolfi. Partigiana, deportata nel lager di Ravensbrück, insegnante elementare, poi artigiana/negoziante
(mi scuso per la genericità) nella sua Mondovì (Cuneo).

Lidia Beccaria Rolfi - Scritte antisemite e svasticheAttiva socialmente, politicamente (PSI), culturalmente (ANPI, associazioni antifasciste).

L’ho vista la prima volta, studentello, nel 1965 in un incontro di ex partigiani con giovani studenti, nel ventennale della liberazione.

Carattere sincero e diretto, grande capacità comunicativa.

A lei si ispirò impropriamente Liliana Cavani per il suo “Portiere di notte”.

Efficacissima negli incontri pubblici, che già allora accusavamo di essere spesso retorici (ricordo una pagina – durissima – dei “Quaderni piacentini”).

Il suo libro “Donne a Ravensbruck” (1978) è la prima e resta la maggiore testimonianza sulla deportazione femminile.

(Le donne di Ravensbrück. Testimonianze di deportate politiche italiane, Beccaria Rolfi, Lidia ; Bruzzone, Anna Maria. Einaudi, 1978).

Lidia Beccaria Rolfi giovane

Lidia Beccaria Rolfi

Scrisse anche un testo sul suo difficile reinserimento nella vita civile, dalla gente che non voleva sentir parlare dei lager al provveditore agli studi che la trattò con sospetto in quanto ex partigiana.

Continuo il suo impegno contro il neo-fascismo, dalle proteste contro i comizi missini al quotidiano lavoro di testimonianza.

Leggo con orrore della SCRITTA di ieri sulla casa sua e del figlio Aldo.

Mi terrorizza il fatto che gli autori di queste nefandezze governeranno tra poco, che le politiche della “sinistra” e la nostra inettitudine abbiano spalancato loro la strada.

Soprattutto il senso comune per cui queste sono ragazzate e il termine “EBREO” è sempre più usato come insulto.

Agli/alle imbecilli ricordo che Lidia Rolfi fu deportata per motivi politici e non di razza, ma forse la cosa è troppo difficile.

Ricordo che i tentativi (Parri 1960, nuova sinistra 1975) di mettere FUORI LEGGE le strutture (oggi anche i siti) dell’estrema destra non hanno avuto seguito.

Oggi raccogliamo i frutti di questi errori.

Alla memoria di Lidia e al figlio un saluto.

A noi l’impegno di un vero antifascismo, non retorico, ma sulle questioni sociali.

24 gennaio 2020 – Sergio Dalmasso

Quaderno N. 64

È online il quaderno N. 64 la cui versione cartacea vedrà luce nel secondo semestre 2020.

Il quaderno contiente gli interventi al consiglio regionale del Piemonte del socialista Mario Giovana nella prima legislatura 1970-1975.

Giovana fece tanti interventi, raccolti nel quaderno, soltanto fino al 1972, poi non intervenne più fino alla conclusione del mandato.

Quaderno N. 64 copertina CIPEC

 

Seduta n. 1 del 13/07/1970

Discorso del Presidente provvisorio

GIOVANA Mario

Egregi colleghi, quest’Assemblea, al pari di ogni altra analoga nel Paese, inaugura la sua vita a ventidue anni dall’entrata in vigore del precetto costituzionale sulla creazione delle Regioni.

Ritardo oltremodo grave, e non altrimenti spiegabile se non registrando l’esistenza di una volontà politica delle varie maggioranze succedutesi al governo della Repubblica di rinviare all’estremo l’adempimento di questo precetto, nella quale volontà, quindi, sono ravvisabili, come già ebbe ad osservare l’illustre giurista che fu Piero Calamandrei, taluni fattori di indole prettamente dolosa.

Occorre ricordare e sottolineare questo troppo dilazionato compimento di un imperativo della legge suprema dello Stato non per amore di polemiche retrospettive o per gusto di disquisizioni giuridiche, bensì perché appaiono oggi quanto mai consistenti le resistenze occulte o palesi ad evitare che la Regione si attui non come semplice decentramento di funzioni amministrative ed in un tempo assai prossimo.

Sono chiare, infatti, le tendenze ad un decentramento amministrativo inserito in un quadro nel quale rimanga intoccabile primato centralistico e che corrisponde ad una razionalizzazione della gestione statale alla quale sono interessati, per fini propri ben noti, forze e centri di poteri finanziari e produttivi le cui scelte ed i cui scopi contrastano in maniera inconciliabile, a nostro avviso, con le esigenze della collettività nazionale e locale.

Nella circostanza in cui questa assemblea assume le proprie funzioni, riteniamo dovere essenziale di ogni forza autenticamente democratica e regionalistica affermare l’impegno affinché essa, in primo luogo, divenga espressione viva e operante dell’impellente richiesta di autogoverno e di partecipazione, che sale da ogni settore delle classi lavoratrici.

Riteniamo spetti a questa assemblea farsi momento promotore e collettore delle spinte nuove che emergono dal travaglio di crescita della nostra società, stabilendo rapporti diretti e sostanziosi con quante istanze di democrazia e di autogoverno delle masse vengono maturando in seno al corpo sociale e con quanti organismi sono rappresentanza concreta delle loro aspettative e delle loro necessità.

In tale contesto collochiamo innanzi tutto i rapporti con le organizzazioni dei lavoratori e il compito di procedere ad una riqualificazione degli enti locali, i Comuni innanzi tutto, meccanismi originali ed insostituibili del concorso, popolare al governo democratico, qualora riscattati dai mortificanti limiti in cui li relega il controllo oppressivo o repressivo dell’Italia prefettizia, e dei quali un quarto di secolo di pervicace perpetuarsi di tale sistema ha provocato una crisi quasi mortale.

È nostra ferma convinzione che l’avvento dell’istituto regionale debba segnare davvero una svolta storica per la fisionomia e per l’assetto del Paese.

Ma non nutriamo – e abbiamo il dovere di dirlo – alcuna illusione che ciò accada per il buon volere di forze e di gruppi le cui più che ventennali pratiche di governo hanno dimostrato, senza dubbi di sorta, l’indisponibilità ad un corso nuovo per la democrazia italiana ed i legami profondi con visioni ed interessi di conservatorismo e di privilegio.

I segni che del resto documentano la validità di questo nostro giudizio, si traggono anche e in misura cospicua, dall’odierna crisi governativa, riprova allarmante e sintomatica dell’impossibilità di avviare il Paese a differenti e più avanzati equilibri sociali e politici, e quindi a più ampie-prospettive democratiche, con formule di alleanze nelle quali hanno peso decisivo i presupposti del più chiuso conservatorismo quando non addirittura velleità avventuristiche di taglio autoritario.

Pertanto la parte politica che qui rappresento, nella modestia quantitativa e qualitativa di questa sua presenza, porterà nell’assemblea in modo incalzante, coerente e il più possibile nitido, la sua voce rivolta a cercare di interpretare le istanze cui facevo cenno poc’anzi.

Essa svolgerà la sua azione mirando sopratutto a porre di fronte alle proprie responsabilità componenti di questo consesso che si richiamano, idealmente e politicamente, alla difesa ed al progresso delle condizioni dei lavoratori, all’urgenza di ristrutturare gli strumenti della democrazia, all’obiettivo di conferire contenuti precisi ad un processo di radicale rinnovamento del Piemonte come dell’intera società italiana.

Ciò in assonanza con quelle che crediamo siano le attese che pervadono le migliori e più fresche energie di questa Repubblica, voluta appunto dai lavoratori e consacrata dai loro sacrifici nell’antifascismo e nella Resistenza partigiana.

Conferenza su attualità del pensiero di Antonio Gramsci

Conferenza su Gramsci, relatore Sergio Dalmasso

Il 18 gennaio 2020 si è svolta, presso il circolo PRC Antonio Gramsci Valpolcevera a Genova, una conferenza sull’attualità del pensiero di Antonio Gramsci.

Il relatore è il professore Sergio Dalmasso.

La sala del circolo è piccola, ma gremita di persone.

Download “Relazione su Gramsci Dalmasso (di D. Capano)” Conferenza-su-Gramsci.pdf – Scaricato 27384 volte – 185,36 KB

Il pubblico, purtroppo, con età media avanzata – anche se non manca qualche giovane – è fortemente interessato ad ascoltare lo stimato professore che da qualche anno dalla patria di Boves è ritornato nella patria dove nacque la mamma: Genova.

Conferenza su Gramsci

Il professore che certamente saprà dare loro qualche ulteriore chicca sul grande pensatore italiano, più tradotto e studiato nel mondo. L’amato pensatore comunista, Antonio Gramsci, a cui il circolo Valpolcevera è intitolato, il loro “nume tutelare” come detto dalla presentatrice della conferenza.

L’Altra Liguria ha predisposto finanche una diretta streaming con mezzi tecnologicamente carenti, con una scenografia scarsa rispetto ai video professionali a cui siamo abituati dai venditori, spesso del nulla, odierni.

Qui si è badato all’essenziale, al succo, alla storia, alla vita di Antonio Gramsci raccontata da Sergio Dalmasso come si raccontano le favole che poi diventano realtà, questa favola purtroppo con epilogo tragico.

E, comunque meritorio avere prodotto un video che ha fatto uscire dalla sala la conferenza, o come, ironicamente sottolinea Dalmasso, farà rimanere “in imperituro per i posteri” la conferenza e le parole in essa spese sulla vita del grande pensatore italiano; dirà Dalmasso “il più grande autore italiano del Novecento, come Leopardi  è stato genio dell’Ottocento”.

Attulità del pensiero di Gramsci

Dalmasso, nonostante le sue precarie condizioni di salute, è un gigante quando parla – è come se facesse il suo ultimo discorso; diventa avido di parole – con cui vi saprebbe giocare fermandole, misurandole, collocandole nel contesto adatto e con il giusto ritmo – grazie alla sua cultura e dunque confidenza che con esse vi ha, supportata dalla molta esperienza del suo vissuto.

Ha portato con sé dei testi, che potrebbero servirgli, ma ha tutto in testa; vi leggerà poche cose: la lettera di Gramsci alla madre quando arrestato è una di queste, la più commovente e la voce del professore lo testimonia.

Ci vorrebbero ore a disposizione del Dalmasso perché si possa placare nella narrazione che in questo caso riduce, e con maestria adatta agli astanti.

Ma, sa che potrebbe annoiare – non lesina, quindi, qualche battuta, per spezzare la narrazione che è divenuta lezione frontale a cui oggi non si è più abituati, o si sopporta per poco tempo.

Un applauso, convinto, del pubblico conclude l’interessante serata, e un sorriso aleggia intorno al viso del professore, dello storico: Sergio Dalmasso, come l’aleggiare della brezza del mare sardo, il mare che vide Gramsci giovane, in una bella serata in cui egli soltanto sa essere anche la data del proprio compleanno.

Su Facebook, la notizia del suo compleanno si diffonde; Sergio non ama in genere celebrarli, almeno in pubblico. Se ne accorge quando apre il computer la sera tardi. Sono tanti gli auguri che riceve e non può che esserne felice, se li merita. Due giorni dopo gli tocca replicare e lo fa con il suo consueto stile, con la sua consueta modestia che nel caso in oggetto non avrebbe alcun luogo a esservi, ma con il vero dice:

Ho ricevuto molti auguri per il mio compleanno

– dalla mia vecchia patria (Boves-Cuneo)

– dalla mia nuova patria (Genova)

– in qualche caso da Nizza (Francia) dove ho vissuto per qualche tempo

– – Gli anni sono tanti, direi troppi

– – La salute è quella che è e le prospettive non sono entusiasmanti

– – La situazione complessiva è drammatica e non dà grandi gioie.

In ogni caso, la vostra amicizia è molto importante e vi ringrazio sinceramente.

Torino, 21 gennaio 2020

Domenico Capano

Rivolta di Ungheria

La rivolta di Ungheria nella lettura di “Les temps modernes” (gennaio 1957)

È stato pubblicato nella rivista bimestrale Critica marxistaSartre e la rivolta d’Ungheria del 1956- 57” questo mio saggio archiviato nella sezione: Archivio – Scritti storici – Articoli e saggi di questo sito.

Download “Sartre e la rivolta d’Ungheria del 1956- 57 (in Italiano)” Sartre-Ungheria-Les-Temps-Modernes.pdf – Scaricato 27978 volte – 178,27 KB

Rivolta d'Ungheria

Sergiio Dalmasso

Da wikipedia:

Les Temps Modernes

Storia

Il comitato direttivo fu fondato nel 1944 ed era composto da Raymond Aron, Simone de Beauvoir, Michel Leiris, Maurice Merleau-Ponty, Albert Ollivier, Jean Paulhan e Jean-Paul Sartre. André Malraux e Albert Camus, per ragioni differenti, rifiutarono di parteciparvi.

Il primo numero (ottobre 1945) fu pubblicato da Gallimard, che stamperà la rivista fino a dicembre 1948. Da gennaio 1949 a settembre 1965 la rivista passò alle edizioni Julliard, quindi (da ottobre 1965 a marzo 1985) presso le Presses d’aujourd’hui per tornare alle edizioni Gallimard da aprile 1985.

Rappresentante del desiderio di “engagement”, o impegno sociale, unito ai temi dell’esistenzialismo francese, la rivista, nel secondo dopoguerra, fu vicina al Partito Comunista Francese (PCF), cosa che portò Merleau-Ponty ad allontanarsi nel 1953 (anche Raymond Aron preferì sottrarsi quasi subito, preferendo scrivere su “Le Figaro”).

Il suo momento di maggior lettura fu negli anni sessanta del XX secolo, quando aveva circa ventimila abbonati e appoggiò il FLN algerino.

Tra le sue firme più note ci sono state anche quelle di René Étiemble, David Rousset, Jean Genet, Raymond Queneau, Francis Ponge, Jacques-Laurent Bost e Nathalie Sarraute, ma vi apparvero anche opere e interventi di Richard Wright, Boris Vian, James Agee, Alberto Moravia, Carlo Levi e Samuel Beckett.

Nel 1996 festeggiò il cinquantenario con un dossier speciale (n. 587).

Tra i numeri tematici recenti quelli sul femminismo (n. 593, 1997), sulla letteratura noir (n. 595, 1997), su Georges Bataille (n. 602, 1999), Claude Lévi-Strauss (n. 628, 2004), Frantz Fanon (n. 635, 2006), sull’eredità di Simone de Beauvoir (n. 647, 2008), su Franco Basaglia (n. 668, 2012) o su Jacques Derrida (n. 669, 2012).

Mario Giovana

Nel quaderno CIPEC 64 del secondo semestre 2020 pubblicheremo (è già online) gli interventi di M. Giovana al consiglio regionale del Piemonte nella prima legislatura.

A tal proposito, in questo spazio, diamo menzione di un convegno svoltosi qualche mese fa, a Mombasiglio (Cuneo) per ricordare la figura di  Giovana a distanza di dieci anni dalla scomparsa, il 27 ottobre del 2019.

Anche io ho dato il mio contributo come relatore al convegno “Mario Giovana un politico fuori dal coro, uno storico non accademico:

Mombasiglio lo ricorda a 10 anni dalla scomparsa”.

Sergio Dalmasso

Convegno Mario Giovana un politico fuori dal corso, uno storico non accademico

 

Sergio Dalmasso ricorda Mario Giovana

 

I relatori invitati al convegno:

dalle 9,30 Marco Ruzzi (Istituto storico Resistenza Cuneo), Chiara Colombini (Isr Torino), Sergio Dalmasso e Learco Andalò (storici), Giovanni Carpinelli e Aldo Agosti (Università Torino), Patrizia Piredda (Isr Cuneo).

Dalle 15 Sergio Dalmasso (ex consigliere regionale), Sergio Soave (presidente Isr Cuneo), Mario Renosio (Isr Asti), Gianni Oliva (storico), Angelo d’Orsi (Univ. Torino), Mimmo Franzinelli (storico).

Biografia di Giovana

È stato comandante partigiano nel Cuneese.

Amico e compagno di molti uomini di Giustizia e Libertà, tra i quali Aldo Garosci, Vittorio Foa, Carlo Levi, Riccardo Levi, Franco Venturi ed Emilio Lussu.

Dopo aver militato dal 1951 nel movimento dei socialisti indipendenti di Valdo Magnani, dal 1957 per sette anni è stato membro del Comitato Centrale del PSI di Pietro Nenni.

Nel 1970 fu eletto consigliere regionale del Piemonte nelle liste del Partito Socialista di Unità Proletaria che aveva contribuito a fondare.

Per lunghi anni ha svolto attività di giornalista ed è inoltre scrittore di numerosi saggi di storia contemporanea.

Ha collaborato a riviste italiane e straniere di storia contemporanea.

È scomparso nel 2009 all’età di 84 anni.

A lui è dedicato il Centro Culturale di Mombasiglio “Mario Giovana”.

***

Download del Quaderno CIPEC numero 64:

Download “Quaderno CIPEC N. 64 (Interventi in Consiglio Regione Piemonte di Mario Giovana)” Quaderno-CIPEC-Numero-64.pdf – Scaricato 20069 volte – 1,05 MB

Quaderno CIPEC 63

Sergio Dalmasso: Interventi al consiglio regionale del Piemonte: 2005-2007

Download “Quaderno CIPEC N. 63 (Interventi di Sergio Dalmasso al Consiglio Regionale Piemonte parte prima 2005-2007)” Quaderno-CIPEC-Numero-63.pdf – Scaricato 19842 volte – 2,26 MB

È online il quaderno CIPEC Numero 63 in anteprima rispetto alla versione cartacea.

In questo quaderno sono raccolti gli interventi di Sergio Dalmasso al consiglio regionale del Piemonte nella VIII legislatura.

Per questioni di spazio nella versione  a stampa del quaderno si è deciso pubblicare gli interventi effettuati negli anni 2005-2007.

I restanti interventi saranno pubbicati nel quaderno 66.

Il prossimo quaderno del secondo semestre 2020 raccoglierà gli interventi in consiglio regionale di Mario Giovana, grande figura della sinistra piemontese.

Il valore di questo quaderno è portare gli interventi pubblici di Sergio Dalmasso in questo sito web che come i lettori sapranno ambisce ad essere l’archivio della opera omnia presente, futura e quella che si riuscirà a reperire/ricostruire del nostro.
Questi interventi sono frutto di un lavoro, senza lesinare energie intellettuali; quindi, meritorio d’essere conservato e reso pubblico – a nostro avviso.

Vi è un commosso e meritato ricordo di Mario Canu in apertura degli interventi di Dalmasso nell’VIII legislatura presieduta a suo tempo da Mercedes Bresso.

 

“Rilanceremo un’ipotesi sostanzialmente di sinistra su grandi tematiche che non tocchino solo le sigle politiche, ma che cerchino di dare vita a quell’idea di sinistra che noi abbiamo in mente, che veda i partiti politici, le formazioni politiche come attori fondamentali, ma come attori altrettanto importanti e altrettanto fondamentali le grandi forze sociali le grandi forze sindacali, il volontariato, le associazioni, il mondo ambientalista e – non lo dico per fare contento l’amico Moriconi – il mondo animalista, rispetto al quale mi auguro che il collega m’insegnerà alcune cose su cui potremo lavorare per assumere impegni comuni in quest’aula. Sergio Dalmasso”

Buona visione!

Copertina Quaderno CIPEC Numero 63

Quaderno 15

Abbiamo fatto digitalizzare in formato pdf  il quaderno 15 intitolato: Il caso Giolitti e la sinistra cuneese.

Era mancante nel nostro archivio dei quaderni del CIPEC.

Il quaderno CIPEC 15 è la ristampa del mio libro dedicato alla memoria di Giovanni Ghinamo (“Spartaco”).

Nato a Boves nel 1904, esule antifascista in Francia, combatté nelle Brigate Garibaldine fra il ’36 e il ’39, a difesa della repubblica spagnola.

Ferito sul fronte dell’Ebro (settembre ’38), lascia la Spagna nel febbraio del ’39 ed è internato nei campi di concentramento di S. Cyprien Gurs e di Vernet.

Tradotto in Italia nel 1941, resta per due anni al confino all’isola di Ventotene.

Liberato nell’agosto ’43, combatte nella 177ª Brigata Garibaldi dall’inizio del 1944 sino alla liberazione.

Fondatore della sezione bovesana del P.C.I., esce dal partito, per dissensi politici, nel 1951.

Muore a Boves, il 9 maggio 1978.

Quaderno CIPEC Numero 15. Il caso Giolitti e la sinistra cuneese

Questo quaderno (siamo al quindicesimo numero, quindi compiamo cinque anni!) ristampa il mio testo pubblicato nel lontano 1987 dalla Cooperativa libraria “La Torre” di Alba.

Il lavoro ripercorre, attraverso la vicenda politica di Antonio Giolitti, certo la personalità più significativa della sinistra in provincia di Cuneo, la storia di partiti e sindacati nel cuneese dal ‘45, immediato dopo-liberazione, al 1960 alle soglie cioè, del centro-sinistra che pure, in provincia, non vedrà mai la luce.

La biografia di Giolitti è seguita sin quasi al suo ritorno “da vincitore” nel PCI, come candidato indipendente nelle elezioni politiche del 1987.

Pur con tutti i suoi limiti, di contenuto e di metodo, questo studio rimane l’unico sui PCI PSI nella “provincia bianca” che superi le “colonne d’Ercole” del 1945.

Uno studio successivo , più corposo, sugli anni fra il 1960 e il 1976, giace da anni in un cassetto, alla critica “roditrice dei topi”.

Il libro, comparso nel maggio-giugno 1987, non ha avuto grande audience.

Poche le presentazioni (Boves, Borgo San Dalmazzo, Caraglio), poche le segnalazioni e le recensioni.

Poche, di conseguenza, le copie vendute, con danno economico degli amici della “Torre”.

Scarso, addirittura nullo, l’interesse dei partiti, poco attenti al proprio passato, anche recente, alla propria storia, alle proprie radici.

La tragica alluvione del 1994, colpendo Alba, ha distrutto i pacchi delle copie superstiti, rendendo quelle esistenti una sorta di “rarità bibliografica”. … Sergio Dalmasso 1997

Rosa Luxemburg una donna chiamata rivoluzione

Lara Piccardo e Sergio Dalmasso a Genova

 

ATTAC.

Il 15 gennaio 1919 veniva assassinata a Berlino Rosa Luxemburg, il suo esempio e la sua opera offrono ancora materia di riflessione.

Ne parliamo con Lara Piccardo, docente presso Scienze Politiche – Università di Genova, e Sergio Dalmasso, autore di Una donna chiamata rivoluzione. Vita e opere di R. L., martedì 19 novembre alle 17.45 presso il Circolo Zenzero, Via Giovanni Torti 35 a Genova.

Rosa Luxembug. Lara Piccardo e Sergio Dalmasso a Genova

Copertina libro Rosa Luxemburg di Sergio Dalmasso

Attività editoriale di Lara Piccardo

Vicedirettore della rivista «De Europa», dal dicembre 2017.

Membro del comitato scientifico ed editoriale dell’«InternationalDemocracy Watch» del Centro Studi sul Federalismo di Moncalieri (Torino), http://www.internationaldemocracywatch.org/index.php, dal 1 aprile 2010.

Inoltre membro del comitato scientifico ed editoriale della rivista «Pespectives on Federalism» del Centro Studi sul Federalismo di Moncalieri (Torino), http://www.on-federalism.eu/index.php, dal 1 aprile 2008 al 31 dicembre2017.

Membro del comitato scientifico ed editoriale della rivista «BibliographicalBulletin on Federalism» del Centro Studi sul Federalismo di Moncalieri (Torino), http://www.federalism-bulletin.eu/User/, dal 1 aprile 2008 al 31 dicembre 2017.

Membro del comitato di redazione della rivista «DIREonline, rivista del Dipartimento di Ricerche Europee», dal 1° giugno 2003 al 30 giugno 2009.

Altre attività professionali

Componente della Commissione paritetica della Scuola di Scienze Sociali per la didattica e il diritto allo studio (CPS) dell’Università degli Studi di Genova per il biennio accademico 2017/2019 per il Corso di laurea magistrale in Scienze Internazionali e della Cooperazione.

Docente referente per il Corso di laurea magistrale in Scienze Internazionali e della Cooperazione dell’Università degli Studi di Genova.

Inoltre membro segretario della Commissione Cultori di materia Dipartimento di Scienze Politiche dall’a.a. 2015-2016 all’a.a. 2016-2017.

Membro della Commissione AQ del Dipartimento di Scienze Politiche dall’a.a. 2013-2014 all’a.a. 2015-16.

Membro della Commissione AVA del Dipartimento di Scienze Politiche dall’a.a. 2013-2014 all’a.a. 2015-2016

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Addio don Eugenio Melandri

Don Eugenio Melandri prete comunista

don Eugenio Melandri

Leggo dall’amico Alfio Nicotra la tragica notizia della morte di Eugenio Melandri.

Ho conosciuto questo missionario, mio coetaneo, nel movimento per la pace, a fine anni ’80.

Nel 1989 , scelse, per il parlamento europeo la candidatura in Democrazia Proletaria perché eravamo “i più poveracci”.

Fu (unico) eletto.

Nei suoi interventi vi era un intreccio di lettura sociale del Vangelo, socialismo popolare della sua terra (Emilia Romagna, era nato a Brisighella in provincia di Ravenna), passionalità, sdegno per i mali del mondo e per l’egoismo (anni ’80) imperante.

Fummo lieti ed onorati di conoscerlo, di ospitarlo, di dialogare con lui.

Attivissimo sulle grandi questioni internazionali, America latina, guerre, Africa, contro i blocchi economici, contro le politiche militariste, le discriminazioni.

Nel ’92, Rifondazione lo elesse deputato, ma, causa doppio incarico, si dimise dopo poche settimane.

Nel ’94, fu il primo escluso nelle nuove elezioni europee e continuo a credere (allora fui ritenuto politicamente scorretto) che Rifondazione non si comportò bene con lui.

Lavorò sui temi dell’Africa, delle migrazioni, del rapporto Nord/Sud.

Venne a Cuneo, nel 2002, in un incontro della mia sfortunata campagna per le comunali (prevalse il “voto utile”).

Negli ultimi anni, il tumore (il drago), affrontato con grande coraggio, sofferenze fisiche e morali, certezza di sconfiggerlo.

Negli ultimi giorni, la gioia per il ritorno a “celebrare la messa” da cui era stato sospeso per la sua candidatura in DP, forse anche la convinzione di avere superato la malattia e di poter tornare ai suoi impegni (a cominciare dalla rivista sulla quale scriveva).

Pochi giorni fa, uno scritto di Maurizio Acerbo condivideva la gioia per il suo “dire messa” e proponeva un convegno presso i missionari saveriani.

Speravo fosse un segno positivo.

Oggi la notizia della morte.

Ricordo i dibattiti con lui, le visite alle carceri, l’incontro alla viglia della prima sciagurata guerra del golfo, i suoi messaggi, su facebook, in cui dava conto della malattia.

Un laico convinto come me ha tanto imparato da Girardi, don Mazzi, La Valle.

Anche dal mio amico Eugenio Melandri e dalla sua splendida testimonianza di vita.

Sergio Dalmasso
27 ottobre 2019

***

Articolo dell’Avvenire, 29 ottobre 2019, per ricordare Eugenio Melandri

ALDO NATOLI

Un comunista senza partito

Ella BAFFONI, Peter KAMMERER, Aldo Natoli, un comunista senza partito, Roma, ed dell’asino, 2019.

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Libro su Aldo Natoli

Scheda di Sergio Dalmasso scritta per la rivista dell’Istituto storico di Cuneo “Il presente e la storia”.

Il testo di Baffoni e Kammerer ha il grande merito di riportare alla luce la figura di Aldo Natoli, su cui, non solamente dopo la morte (2010) è scesa una sorta di damnatio memoriae, per la sua partecipazione all’eresia del “manifesto” ed anche per le posizioni storiografiche spesso eterodosse.

Il libro è diviso in tre parti: una sintetica biografia, la raccolta di numerose testimonianze, una intervista allo stesso Natoli in cui questi ripercorre alcune tappe della propria vita.

Natoli nasce a Messina nel 1913. Vive i primi anni nelle baracche costruite dopo il tremendo terremoto che ha distrutto la città. Il padre, laureato in lettere antiche alla Normale di Pisa, insegna, per scelta pedagogica, alle medie inferiori.

Aldo si laurea in medicina, è interessato alla ricerca scientifica e nel 1939 viene inviato all’Istituto per il cancro di Parigi.

Qui entra in contatto con i comunisti in esilio e inizia una attività di tramite fra la centrale all’estero del PCI e “l’interno”, anche grazie al fratello maggiore Glauco, lettore all’università di Strasburgo. Fra le amicizie, Paolo Bufalini, Lucio e Laura Lombardo Radice, Bruno Sanguinetti, la futura moglie Mirella De Carolis.

Il 21 dicembre 1939 è arrestato e condannato a cinque anni (due saranno condonati).

Il carcere di Civitavecchia è per lui “scuola di comunismo” e di incontro con la classe operaia.

E’ liberato (amnistia) nel dicembre 1942,

arruolato nell’esercito e dal settembre 1943 lavora all’edizione clandestina dell’”Unità”.

Dopo la liberazione di Roma, è dirigente della federazione del PCI (segretario dal 1946 al 1954), consigliere comunale, parlamentare dal 1948 al 1972.

Gli autori sottolineano l’impegno di Natoli verso le periferie della città, i quartieri rossi e poveri, di borgate e borghetti, l’interesse, spesso non compreso nel partito,

per il sottoproletariato (significativo il dibattito su Una vita violenta di Pasolini), ma soprattutto la battaglia contro la speculazione edilizia, il sacco di Roma,

alla base della campagna condotta dall’”Espresso” Capitale corrotta, nazione infetta.

E’ un impegno che forse avrebbe salvato la città, in mano ai “palazzinari”, da colate di cemento, ma che – sostiene Natoli nella testimonianza- non è fatta propria interamente neppure dal PCI che la segue con sufficienza e la ritiene secondaria rispetto ad altre.

Inizia un nuovo campo di attività e diviene il vice di Luigi Longo alla sezione lavoro di massa.

Sono gli anni delle grandi trasformazioni strutturali del paese e delle condizioni di lavoro, della sconfitta della CGIL alla FIAT, della biblica migrazione interna,

del dibattito sul neocapitalismo, ma anche delle domande sullo stalinismo, sull’URSS, dopo il XX congresso dei comunisti sovietici, gli scioperi in Polonia e la rivolta ungherese.

Natoli, che ha accettato i processi di Mosca negli anni ’30 e il patto sovietico/tedesco, nella fedeltà al partito come unico strumento per agire, esprime i primi dubbi, le prime critiche, “da destra”, quasi in consonanza con Antonio Giolitti, di cui, però, non segue il percorso.

Diverso è invece il giudizio sulla realtà italiana e sulla necessità di una diversa strategia.

Questo lo avvicina ad Ingrao e alla battaglia, sconfitta frontalmente, che questi tenta nell’XI congresso del PCI (1966).

La sinistra interna è emarginata, perde ogni ruolo nell’organigramma del partito.

Nel 1969, un piccolo gruppo di ingraiani (senza il leader) riprende molti dei temi e delle proposte,

facendo leva sull’esplosione del movimento del ’68, della spinta studentesca ed operaia, sul radicalizzarsi della situazione internazionale (Cina, Vietnam, America latina).

Nasce (giugno) la rivista “il manifesto” che produce la radiazione dei suoi redattori (Rossanda, Pintor, Caprara, Magri …).

E’ Natoli, nel comitato centrale che vota, quasi all’unanimità, il provvedimento, a pronunciare un lungo intervento in cui ribadisce le posizioni del gruppo e che si chiude sostenendo che si può essere comunisti anche al di fuori del partito.

Inizia un nuovo percorso, ma anche qui si accumulano le contraddizioni.

Natoli riferisce di scontri con Magri che chiede strette organizzative, mentre sarebbe più utile un lavoro di lunga lena, a tempi più lunghi, senza una precisa definizione partitica.

E’, quindi, contrario al breve rapporto con Potere operaio, alla partecipazione alle elezioni (1972),

alla costruzione di un piccolo partito, anche alle scelte successive sino alle liste con Lotta Continua nel 1976,

all’identificazione fra il quotidiano “il manifesto” e una organizzazione politica.

Termina qui, in questi anni che il libro racconta in modo eccessivamente affrettato, la militanza di partito ed inizia una intensa, anche se poco nota, attività culturale.

Partecipa alle attività del circolo culturale di Montesacro, formato soprattutto da giovani che, tra il 1969 e il 1970,

hanno lasciato il PCI e collabora con l’Istituto di filosofia dell’università di Urbino con corsi, seminari e convegni (Mao, Marx, lo stalinismo…).

Molti i suoi libri; nel 1971, pubblica La linea di Mao. Spontaneità e direzione nella rivoluzione culturale cinese, con Lisa Foa (Bari , De Donato, 1971), nel 1979 Sulle origini dello stalinismo, saggio popolare (Firenze, Vallecchi),

oggi datato, ma testimonianza del grande lavoro fatto per comprendere l’origine di tanti scacchi della sinistra.

L’interesse per Gramsci e dimostrato dall’innovativo Antigone e il prigioniero.

Tania Schucht lotta per la vita di Gramsci (Roma, ed. Riuniti, 1991) in cui “scopre” la figura della sorella della moglie di Gramsci,

Tatiana Schucht, la persona che più ha seguito il carcerato in tutto il suo percorso.

Natoli è il primo a pubblicare con Gramsci- Tatiana Schucht, Lettere 1926-1935, non solo le lettere di Gramsci, ma anche quelle della cognata,

per decenni ignorate, ricomponendo – nella sua interezza – un dialogo sino ad allora sconosciuto.

L’ultimo testo esce nel 2013, tre anni dopo la sua morte, ed è un dialogo, con un altro grande della sinistra, Vittorio Foa, bilancio di una vita, Dialogo sull’antifascismo. Il PCI e l’Italia repubblicana, (Roma, Editori Riuniti University Press).

Le testimonianze presentano tanti volti, anche familiari e privati, di Natoli, letti da persone di età ed esperienza politica diversa (tra gli altri Sandro Portelli, Rossana Rossanda, Enzo Collotti, Celeste Ingrao).

Nessuna ha, però, la bellezza di una vecchia intervista, curata da Sandro Portelli per “i giorni cantati” che si chiude con un episodio toccante.

Natoli prende un tram verso la stazione Termini, un tranviere lo riconosce e gli chiede: “Aldo che cosa fai?”; “Sono un comunista senza partito.”; “Anch’io”.

Foto di Aldo Natoli

Aldo Natoli