Esplora il pensiero di Sergio Dalmasso, storico e scrittore impegnato, proveniente dalla nuova sinistra e attualmente membro del Partito della Rifondazione Comunista. Con una vasta produzione letteraria, Dalmasso ha scritto 9 libri che spaziano dalla storia della sinistra italiana al ritratto di figure chiave come Lucio Libertini, Lelio Basso e Rosa Luxemburg.

Tra le sue opere più recenti, spicca ‘RIFONDAZIONE COMUNISTA’ (Ed. RedStar Press, Roma, 2021), un’analisi approfondita sullo stato attuale del movimento comunista.
Approfondisci la storia della sinistra italiana con ‘LUCIO LIBERTINI. Lungo viaggio nella sinistra italiana’ (Edizioni Punto Rosso, Milano, 2020) e scopri la vita e le opere di Rosa Luxemburg con ‘UNA DONNA CHIAMATA RIVOLUZIONE’ (RedStar Press, Roma, 2019).

Sergio Dalmasso ha contribuito in modo significativo alla comprensione della storia politica e sociale italiana, focalizzandosi su figure come Lelio Basso e esaminando la rifondazione comunista dallo scioglimento del PCI al ‘movimento dei movimenti’.

Con libri come ‘Il PCI dalla legge truffa alla morte del migliore’ e ‘Il caso Manifesto e il PCI degli anni ’60’, ha analizzato criticamente momenti cruciali nella storia politica del paese.

Il suo impegno nella divulgazione storica si riflette anche nella cura dei Quaderni semestrali del CIPEC, giunti al numero 72 nel 30° anno di pubblicazione (2024) e tanto altro. Esplora gli scritti di Dalmasso per accedere a un ricco patrimonio di conoscenze sulla storia politica italiana e alla vasta produzione letteraria di Sergio Dalmasso.

Articoli

Lo scontro con Berlinguer, pp. 118-119 quaderno n. 38

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Lo scontro con Enrico Berlinguerc) Lo scontro con Berlinguer, Nel febbraio 1984 il governo e le parti sociali raggiungono una intesa sulla politica economica, predeterminando i punti di scala mobile per l’anno in corso.

Contraria la sola componente comunista della CGIL.

Il decreto legge governativo del 14 febbraio (di San Valentino) è fortemente avversato per il contenuto (colpisce unilateralmente il lavoro dipendente) e per il merito ritenuto autoritario.

L’opposizione del PCI è fortissima alle Camere e si lega nel paese alla spinta della maggioranza della CGIL. Imponente la manifestazione nazionale, a Roma, il 24 marzo.

Berlinguer, dopo la sconfitta delle precedenti ipotesi politiche,

rilancia una forte opposizione sociale,

profondamente legata alla riaffermazione della “questione morale” e della “diversità” del PCI rispetto alle altre forze politiche (123) e da un impegno contro l’installazione degli «euromissili» sul territorio italiano.

È l’ultima battaglia di Berlinguer che segue l’uscita dalla maggioranza di governo (1978-1979),

l’affermazione,

dopo il terremoto nel Belice e i successivi scandali, che con «questa DC non si può governare» e ipotizza, nei fatti, una alternativa di sinistra e uno scontro netto con DC e PSI,

capace di rovesciare la sfida da questi lanciata.

Morte di Berlinguer

La morte coglie improvvisamente il segretario comunista nel corso della campagna per le elezioni europee.

Il suo funerale, alla vigilia del voto, è una immensa prova di forza del partito,

ma anche dimostrazione della commozione che ha colto il paese intero davanti ad una figura certo contraddittoria e discussa, ma capace di suscitare passione ed emozione per la forte carica morale.

Il risultato delle europee segna, per la prima ed unica volta,

il «sorpasso» del PCI sulla DC ed è certo frutto dell’emozione collettiva, anche se pesano non poco lo scontro sociale e i contrasti interni alla maggioranza.

Il referendum contro il decreto di S. Valentino, indetto immediatamente dal PCI, si svolge nel 1985, in una situazione politica già cambiata.

La tensione sociale si è attenuata, le elezioni regionali hanno fortemente ridimensionato il PCI stesso,

nonostante la confluenza del piccolo PDUP di Lucio Magri e Luciana Castellina (per la prima volta si presentano i Verdi che ottengono il 2%).

Ma soprattutto incidono sulla sconfitta referendaria le divisioni nella CGIL presenti nella stessa componente maggioritaria (anche il segretario Luciano Lama è molto «tiepido»),

i contratti di alcune categorie che hanno attenuato il taglio della scala mobile, la forte campagna governativa, capitanata da Craxi, la poca convinzione,

se non avversione, dell’ ala «migliorista» del PCI stesso, di cui è evidente la malcelata ostilità verso una iniziativa ritenuta volontaristica e tale da isolare il partito e a livello politico e verso alcuni settori sociali,

la stessa segreteria di Alessandro Natta che ha ereditato una situazione esplosiva e al quale sembra mancare il carisma dei segretari precedenti.

Risultati referendum sula scala mobile

Il 45,7% ottenuto dai sì al referendum è dimostrazione di contraddizioni, di scollamento con alcuni settori della propria base sociale,

della difficoltà di rifondare una politica e delle molte anime che ormai convivono nella medesima formazione (non a caso sarà sciolta pochi anni dopo).

NOTA ( 123)

 In una intervista rilasciata, meno di tre anni prima, il segretario comunista afferma:
«I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le sue istituzioni a partire dal Governo.

Hanno occupato gli enti locali, gli enti di previdenza, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali, gli ospedali, le università, la RAI TV, alcuni grandi giornali …

Insomma tutto è lottizzato e spartito o si vorrebbe lottizzare e spartire. E il risultato è drammatico: tutte le operazioni che le diverse istituzioni e i loro attuali dirigenti sono chiamati a compiere vengono viste prevalentemente in funzione dell’interesse del partito o della corrente o del clan cui si deve la carica».

E sulla “diversità”: «Noi vogliamo che i partiti cessino di occupare lo Stato …

Ho detto che i partiti hanno degenerato, quale più quale meno, dalla funzione costituzionale loro propria, recando così danni gravissimi allo Stato e a se stessi.

Ebbene, il PCI non li ha seguiti in questa degenerazione …

Ai tempi della maggioranza di solidarietà nazionale ci hanno scongiurato in tutti i modi di fornire i nostri uomini per banche, enti, poltrone, di Sottogoverno, per partecipare anche noi al banchetto.

Abbiamo sempre risposto di no …

E ad un certo punto ce ne siamo andati sbattendo la porta, quando abbiamo capito che rimanere, anche senza compromissioni nostre,

poteva significare tener bordone alle malefatte altrui e concorrere anche noi a far danno al paese»

(ENRICO BERLINGUER, Questi partiti degenerati sono l’origine dei nostri mali, intervista ad Eugenio Scalfari, in “Repubblica”, 28 luglio 1981).

Sergio Dalmasso

***
Intervento di Lucio Libertini (14-12-1991) al Congresso Nazionale fondativo di Rifondazione Comunista dopo lo scioglimento del PCI della Bolognina:

Video con registrazione audio dell'intervento di Lucio libertini al congresso fondativo di Rifondazione Comunista dicembre 1991

Lelio Basso, un socialista eretico

in dallapartedeltorto, 13 marzo 2019, Giuseppe MURACA

Con un’introduzione di Piero Basso, è stato da poco pubblicato il libro di Sergio Dalmasso, Lelio Basso. La ragione militante: vita e opere di un socialista eretico (Roma, RedStar Press, pp. 195, Euro 16), dedicato a una delle figure più rappresentative del socialismo italiano e della storia del novecento.

Lo storico di Boves segue passo dopo passo la vita e l’attività politica e culturale del dirigente socialista che sin dall’inizio ha posto al centro della sua riflessione il rapporto tra «democrazia e socialismo».

È partendo da questa premessa teorica e politica che bisogna giudicare la sua attività nel contesto della società italiana, dai primi anni venti alla sua morte, avvenuta a Roma alla fine del 1978 (Era nato a Varazze nel 1903).

Iscrittosi al Partito socialista sin dal 1921 e amico e collaboratore di Piero Gobetti, nel 1928 è stato arrestato e confinato nell’isola di Ponza.

Laureato in filosofia e giurisprudenza, nel corso degli anni trenta partecipa con grande passione al dibattito sulla rifondazione del pensiero socialista, stretto fra socialdemocrazia e stalinismo.

La necessità di cercare nuove strade, lo spinge nel corso della guerra a fondare il MUP (Movimento di unità proletaria), con forte impronta classista e ad essere critico verso la politica unitaria del CLN, incarnata in particolare dal PCI.

Membro Assemblea costituente

Nell’immediato dopoguerra viene nominato membro dell’Assemblea costituente e scrive gli articoli 3 e 49 della Carta costituzionale, denunciandone successivamente gli stravolgimenti che essa ha subito.

Nel frattempo, viene eletto segretario nazionale del Partito socialista, una carica che ricopre sino alla sconfitta del Fronte popolare (1948), a cui fa seguito un periodo di isolamento e di

emarginazione politica che si è conclusa solo con la crisi del 1956, quando crescono il suo impegno per l’alternativa socialista e l’opposizione alla scelta del PSI di collaborazione governativa con la DC.

Nel 1958 fonda «Problemi del socialismo», una delle riviste più importanti del panorama politico e culturale italiano.

Nel 1964 è tra i fondatori del PSIUP e viene eletto presidente del nuovo partito.

La delusione seguita alla sconfitta della «Primavera di Praga» lo porta a scegliere nel 1969 di essere un militante senza tessera e parlamentare della sinistra indipendente.

Nel 1966 entra a far parte del Tribunale Russell che condanna le guerre e le dittature, a sostegno dei diritti dei popoli sottomessi.

Dalmasso sottolinea le peculiarità del pensiero di Basso senza trascurare il suo singolare interesse per la tematica religiosa, un laicismo senza compromessi, basato sul rifiuto della equazione

Democrazia cristiana/partito cattolico e del rapporto privilegiato con essa, teso, al contrario, a proporre l’emancipazione dei lavoratori dalla sua egemonia.

Da qui la costante attenzione alla libertà delle minoranze religiose e la ferma richiesta di superamento del regime concordatario.

Inoltre, bisogna ricordare che Basso è uno dei maggiori interpreti del pensiero di Rosa Luxemburg, da lui considerata come l’unica continuatrice del pensiero di Marx.

La sua originale interpretazione del marxismo è presente nella sua azione politica, nei suoi scritti, nei convegni organizzati, nell’attività della Fondazione Basso da lui stesso fondata nel 1969.

Gli ultimi anni della sua vita sono segnati da un sempre più accentuato isolamento.

Tra i suoi libri ricordiamo Il Principe senza scettro. Democrazia e sovranità popolare nella Costituzione e nella realtà italiana (1958),

Introduzione a R. Luxemburg, Scritti politici (1967, 3ª ed. 1976),

Per conoscere Rosa Luxemburg (1977) e Socialismo e rivoluzione (post. 1980).

Il libro di Dalmasso non ha un taglio specialistico, ma costituisce una monografia agile e certamente utile per riscoprire questa figura di socialista eretico, da tempo ingiustamente dimenticata.

Download “Primo capitolo del libro Lelio Basso” Capitolo1-Lelio-Basso-La-ragione-militante.pdf – Scaricato 33281 volte – 308,09 KB

Giacomo Matteotti, 100 anni dopo

In transform! Italia, 19 giugno 2024, Sergio Dalmasso, Giacomo Matteotti, cento anni dopo, e in sergiodalmasso.com, sezione Archivio, Scritti storici, Articoli e saggi.

Saggio di Sergio Dalmasso pubblicato anche nel n. 5 anno XXIV – 7 luglio 2024 de “Il lavoratore di Trieste”:

Download “Il Lavoratore di Trieste n. 5 Anno XXIV del 7 luglio 2024” IL-LAVORATORE-LUGLIO-2024.pdf – Scaricato 8590 volte – 1,97 MB

Giacomo Matteotti cento anni dopo l'assassinio da parte dei fascisti

Un socialista riformista

Matteotti 100 anni dopo. Se il cinquantenario dell’assassinio di Giacomo Matteotti era passato in sordina, anche a causa della complessa situazione politica italiana,

se per decenni la sua figura è stata ricordata limitandola agli ultimi, drammatici, giorni (discorso alla Camera, rapimento, uccisione),

il centenario permette una riflessione più ampia sulla sua figura e sulle vicende del socialismo italiano negli anni che vanno dal primo dopoguerra all’avvento del regime fascista.

Matteotti nasce nel 1885 a Fratta Polesine, da una famiglia benestante, di possidenti.

La ricchezza della famiglia e i sospetti sulle sue origini, legati alla accusa di usura, gli costeranno attacchi e calunnie sino alla definizione di socialista milionario, legata anche al suo portamento aristocratico.

Il bisogno di giustizia e di solidarietà, in un’area geografica segnata da povertà del mondo contadino, malattie endemiche, disoccupazione, gli fanno considerare come privilegio la propria condizione e lo spingono, giovanissimo, ad iscriversi alla organizzazione giovanile del PSI e, nel 1904, al partito.

Laureato precocemente, nel 1907, è incerto tra la carriera accademica e l’impegno politico,

ma scioglie l’incertezza con molti incarichi amministrativi, con l’assidua collaborazione al periodico polesano “La lotta”, nel 1914 con la partecipazione al congresso nazionale del partito, sino all’elezione al parlamento, nel 1919 (rinnovata, quindi, nel 1921 e nel 1924).

Nel PSI, Matteotti si colloca nella componente riformista.

Questa perde la maggioranza nel 1912, al congresso di Reggio Emilia, quando viene espulsa la corrente di destra (Bissolati) accusata di appoggiare il governo Giolitti anche dopo l’inizio della guerra di Libia.

L’accusatore più netto e reciso è il romagnolo Benito Mussolini, nominato direttore dell’“Avanti!” che modificherà nettamente nell’impostazione e nello stile giornalistico.

Segretario politico è Costantino Lazzari.

Questo riformismo si caratterizza per il rifiuto del massimalismo, dell’estremismo verbale, per l’attenzione alle questioni amministrative, ai temi tecnici, economici,

finanziari, per l’opposizione alla proposta dello sciopero generale che l’“Avanti” reitera con insistenza (prova generale della grande rivoluzione che sostituirà la classe dominata alla dominante).

È netta la sua opposizione all’intervento nella grande guerra.

È durissimo contro il trasformismo di Mussolini, passato nel giro di breve tempo Dalla neutralità assoluta alla neutralità attiva ed operante (fondo sull’“Avanti” del 18 ottobre 1914) … CONTINUA.

Download completo saggio di SERGIO DALMASSO di Giacomo Matteotti, cento anni dopo:

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Presentazione di Rosa Luxemburg oggi

Sergio Dalmasso presso il Chiosco San Matteo a Genova.

Le foto sono di Domenico Calbi

Riportiamo l’estratto di Dalmasso presente in:

In Rosa Luxemburg oggi, Lezioni teoriche vive, Pontassieve, ed. Prospettiva Edizioni Services & Publishing, 2023.

Sergio Dalmasso

Una Rosa che vive

Mi limito ad alcune considerazioni, brevi e sintetiche, sui motivi che rendono Rosa Luxemburg figura imprescindibile nella ricostruzione, anche se sempre più complessa, di un pensiero ed una pratica alternativi, in questo ventunesimo secolo.

Viene immediatamente alla luce come la più grande figura femminile nella storia del marxismo,

– quella che Lenin, pur nel dissenso, definì aquila e delle opere della quale ha consigliato lo studio alle giovani generazioni,

– Trotskij chiese di preservare (Giù le mani) dall’uso strumentale di socialdemocratici e stalinisti,

– Lukacs (e con lui Lelio Basso) lesse come la maggior continuatrice della concezione dialettica di Marx,

sia stata, per decenni, colpita da critiche e luoghi comuni, additata come portatrice di concezioni e teorie da emarginare (il luxemburghismo, la sifilide luxemburghiana…).

Deformazioni su Rosa Luxemburg

Tutto in lei contrasta con le deformazioni che il pensiero marxista – la concezione per cui la liberazione del proletariato è opera del proletariato stesso – ha subito ad opera del gradualismo meccanicistico della Seconda internazionale e della distorsione staliniana a partire dagli anni ’20,

sino alle tragedie dei decenni successivi (si pensi, ma non solamente, alle ondate di processi e alla distruzione di tutto il gruppo dirigente bolscevico).

Rosa è atipica, già in gioventù, nel movimento socialista polacco, quando rifiuta la priorità dell’impegno sulla questione nazionale.

La sua stessa tesi di laurea inquadra la questione polacca, al centro di tanti documenti dell’internazionale e di scritti di Marx, Engels e Lenin, in termini strutturali:

la Polonia è divisa fra tre grandi imperi (Germania, Austria, Russia) e ognuna delle tre parti è legata, economicamente, allo stato di cui fa parte.

L’indipendenza nazionale cozzerebbe contro le strutture economiche ed è, comunque, da collocarsi in secondo piano, rispetto alla centralità della lotta di classe.

CONTINUA … Download completo:

Download “Una Rosa che vive (Estratto di Sergio Dalmasso dal libro Rosa Luxemburg oggi)” 2023-in-Rosa-Luxemburg-oggi-Lezioni-teoriche-vive.pdf – Scaricato 25043 volte – 285,03 KB

Presentazione Rosa Luxemburg oggi copertina libro

Presentazione Rosa Luxemburg oggi relatore Sergio Dalmasso
Presentazione Rosa Luxemburg oggi Chiosco San Matteo

I tormenti e le intuizioni del “reprobo” Basso

La scelta socialista di Lelio Basso

I tormenti e le intuizioni di Basso, foto di Lelio Basso della fondazione Lelio e Lisli Basso

Il centoventesimo anniversario della nascita di Lelio Basso (25 dicembre 1903) è passato nel silenzio totale.

Quasi per coincidenza, poche settimane prima, è mancato il figlio Piero (1933) che, oltre a tener viva la memoria del padre, è stata figura importante nella vita culturale ed associativa milanese.

Alla dimenticanza (quasi mezzo secolo dalla improvvisa morte) si sommano stereotipi e luoghi comuni che fanno di Basso un teorico astratto, libresco,

privo di capacità politico- organizzative, sempre sconfitto in tutti i passaggi partitici.

Questi cancellano la sua singolare posizione nel socialismo, non solamente italiano e la sua
singolare e innovativa lettura del marxismo.

Queste note, per necessità brevi, tenteranno di ripercorre vita ed opere, lasciando ad una sintetica analisi successiva, una panoramica sui temi centrali da lui affrontati (marxismo, leninismo e Rosa Luxemburg, religione, democrazia, “partito nuovo”).

Nato a Varazze (Savona), vive a Ventimiglia, quindi, dal 1916, a Milano.

Sono fondamentali, nella sua formazione, la città, dove ribollono le spinte operaie, la guerra e la rivoluzione russa.

Nel 1921 si iscrive al PSI, in opposizione alle posizioni riformiste, ma anche in polemica con la scissione di Livorno e con il rapporto subordinato verso l’URSS (i 21 punti).

Si laurea in legge nel 1925 con tesi sulla concezione della libertà in Marx e nel 1931, dopo tre anni di confino a Ponza, in filosofia, con tesi sul teologo protestante Rudolf Otto,

a dimostrazione dell’interesse per la tematica religiosa e per la spiritualità evangelica (si veda la collaborazione alla rivista “Conscentiadella comunità battista).

Continua …

Download completo del saggio di Sergio Dalmasso, pubblicato sulla rivista Critica Sociale n. 7 nuova serie – Marzo/Aprile 2024, intitolato: I tormenti e le intuizioni del “reprobo” Basso:

Download “I tormenti e le intuizioni del "reprobo" Basso (di Sergio Dalmasso)” 7-marzo-aprile-2024-I-tormenti-e-le-intuizioni-del-reprobo-Basso.pdf – Scaricato 10704 volte – 789,95 KB

Il manifesto Parabola di una eresia

In transform! italia – 22 maggio 2024 – Il manifesto. Parabola di una eresia

di Sergio Dalmasso

Il manifesto. Parabola di una eresia, convegno nazionale con Sergio Dalmasso

Gli anni ’70 e i primi anni ’80 sono stati precipitosi, triturando esperienze e idee e nessuno dei discorsi che facemmo al dodicesimo congresso del PCI sarebbe oggi più che un discorso sul passato. Conserviamo più con tenerezza che come il libro della legge il “manifesto” rivista…

Sono storie della politica che oggi è quel che è… Delle storie andate, credeteci, non c’è traccia o è così esile che non val la pena di attardarvisi1.

Così Rossana Rossanda, nell’autunno 1984, commenta lo scioglimento del PdUP e la sua adesione al PCI, una sorta di “ritorno”, da Natta a Natta, che segna la fine di un’eresia durata 15 anni.

Tutte le tematiche sollevate, le proposte di rinnovamento e riconversione del più grande partito comunista dell’Occidente, tutte le analisi sui nodi nazionali e internazionali appartengono al passato, ad una stagione interamente superata, di fatto ad una sconfitta consumata.

Scopo e fine di questa breve relazione è, al contrario, chiedersi se alcuni dei temi sollevati non presentino, ancor oggi, pur in una situazione deteriorata, in cui sembra aver trionfato il principio disperazione (G. Anders), elementi di attualità e di interesse, su cui è importante tornare a riflettere.

1Rossana ROSSANDA, Un fatto di cronaca, in “il manifesto”, 16 ottobre 1984.

Continua … (Saggio presente anche nella sezione del sito Archivio, Scritti storici, Articoli e saggi)

Download completo de: Il manifesto. Parabola di una eresia di Sergio Dalmasso, 22 maggio 2024:

Download “Il manifesto. Parabola di una eresia (di Sergio Dalmasso) su transform! italia” In-tranform-Italia-22-maggio-2024-Il-manifesto.-Parabola-di-una-eresia.pdf – Scaricato 11405 volte – 393,24 KB

La primavera pugliese di Vincenzo Colaprice

VENERDI’ 17 (sic!) maggio 2024 alle 17.30, a GENOVA, presso il circolo Bianchini, piazza Romagnosi 3, presentazione del libro La primavera pugliese di Vincenzo Colaprice sulla storia di Rifondazione Comunista in Puglia (presidenza Vendola compresa).

Dialogherò con l’autore.

Rifondazione comunista dal 1991 alla presidenza Vendola:
La primaversa pugliese di Vincenzo Colaprice, copertina del libro

Mobilitate le masse!

Sinossi:

“L’elezione di Nichi Vendola alla guida della Regione Puglia ha rappresentato la consacrazione della primavera pugliese.

Ma è stata anche il risultato di un percorso politico complesso, cominciato con lo scioglimento del PCI e la fondazione di Rifondazione comunista.

Dal 1991 al 2005, questo partito ha vissuto fasi alterne, tra scissioni, movimentismo e una leadership ben radicata nelle dinamiche della Seconda Repubblica.

A vent’anni di distanza dall’avvio della primavera pugliese, questo libro ripercorre – attraverso documenti e testimonianze inedite – le tappe che hanno condotto a quella stagione di speranze e rinnovamento.

In Puglia Rifondazione comunista, con i suoi rappresentanti istituzionali, gli organi di partito e i militanti, ha infatti giocato in quegli anni un ruolo chiave nella formazione di una classe dirigente di sinistra.

Ma è stata davvero l’alba di una Puglia migliore?”

Sergio Dalmasso

PROPOSTE DI LETTURA

di Sergio Dalmasso

Valentina Stecchi, Lidia, Busto Arsizio, People, 2023

Chi legge Il Lavoratore conosce bene Lidia Menapace (in questo stesso numero vedi la frase in prima pagina e l’articolo del nostro segretario Maurizio Acerbo).

Lidia Menapace partigiana di Valentina Stecchi

Download “Lidia (Menapace) Valentina Stecchi (Scheda di Sergio Dalmasso)” ValentinaStecchi-Lidia-Menapace.pdf – Scaricato 14665 volte – 75,65 KB

Nata a Novara nel 1924, partigiana (senza l’uso delle armi), iscritta alla Federazione universitaria cattolica e alla DC, si trasferisce, causa matrimonio, a Bolzano.

È insegnante all’università cattolica di Milano e, nel 1964, diventa la prima assessora provinciale a Bolzano.

Durante l’anno accademico 1967/1968 è esonerata dall’insegnamento per avere solidarizzato con le lotte studentesche, su posizioni marxiste.

Viene eletta consigliera regionale indipendente nelle liste del PCI, e dal 1970 aderisce al gruppo “eretico” del Manifesto.

Nel 1973, partecipa alla fondazione di Cristiani per il socialismo, è dirigente del PdUP sino al 1984, quando non aderisce all’ingresso di questo nel PCI.

È consigliera regionale nel Lazio, attivissima nel movimento femminista.

Nel 2006 è eletta senatrice per Rifondazione.

Il veto dell’esercito impedisce che venga eletta presidente della Commissione senatoriale Difesa.

Dirigente dell’ANPI, autrice di libri e saggi (per tutti, Io partigiana, la mia Resistenza, ed. Manni, 2014), attivissima e presente ovunque, nonostante l’età, muore nel dicembre 2020, a 96 anni, per complicazioni da Covid.

Ai tanti sui libri, ai tanti scritti e filmati sulla sua figura, alla sua testimonianza nel film Lunadigas (2016), si aggiunge ora un valido tributo che usa la tecnica del fumetto.

Valentina Stecchi, disegnatrice e vignettista, collaboratrice del quotidiano Alto Adige, autrice di testi soprattutto sulle tematiche di genere (Non sono una signorina, 2019), con un tratto leggero e divertente, ripercorre fasi della vita di Lidia e tocca molti dei temi che hanno caratterizzato il suo impegno.

L’antifascismo è scelta fondamentale, in età giovanile, determinata anche dall’arresto del padre e dall’esclusione, dalla sua classe, di due ragazze ebree.

Da questo, la partecipazione alla guerra partigiana. La partecipazione al movimento delle donne è il tema centrale, nella volontà di eliminazione di tutti i vincoli che impediscono l’attuazione del binomio eguaglianza/differenza, dal lavoro, all’educazione, all’esclusione delle donne dall’ambito decisionale, allo stesso uso della lingua, di una grammatica “inclusiva” che impedisce al femminile di esprimersi.

Il testo ripercorre, a grandi tratti, l’amore per l’insegnamento, la scelta per il manifesto, l’attenzione al pensiero e all’opera di Rosa Luxemburg, l’esperienza,

purtroppo breve, di senatrice, segnata dalla polemica con l’esercito sulle spese militari e le Frecce tricolori, dal riemergere di razzismi, populismi reazionari e maschilismi, sino alla proposta di un autentico stato sociale che riconosca anche il lavoro di cura,

e alle pagine finali che ripropongono il concetto di memoria attiva.

In particolare, viene sottolineata la sua volontà di essere partigiana sempre, perché il fascismo è la negazione di tutti i valori (pace, eguaglianza, nonviolenza, solidarietà) cui ha dedicata tutta la sua lunga e bella vita,

di “vagabonda”, come lei stessa si definiva, sempre pronta a rispondere all’appello di sezioni di partito, di circoli, associazioni…

Il grande successo delle tantissime presentazioni, l’attenzione dell’ANPI nazionale e locale, dimostrano l’utilità di questo inedito strumento per non far dimenticare una delle militanti/dirigenti/amiche che maggiormente hanno segnato il nostro percorso.

Queste diventano non solamente l’occasione per ricordare una figura ed una stagione, rese ancora più ricche dalle tante testimonianze,

ma per riproporre contenuti e temi che l’attuale pensiero unico e il conformismo dell’informazione stanno cancellando.

In, Anno XXIV n. 3 – 25.04.2024, “Il Lavoratore”, Valentina Stecchi, Lidia, Busto Arsizio, People, 2023, pubblicato anche in sergiodalmasso.com, sezione Schede e recensioni.

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Download “IL LAVORATORE del 25 aprile 2024” IL-LAVORATORE-di-Trieste-25-APRILE-2024.pdf – Scaricato 14976 volte – 2,23 MB

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Raccolta firme Pace Terra Dignità

Pace Terra Dignità, Lidia Menapace partigiana

DOV’È IL FASCISMO? AL GOVERNO (E NON SOLO)

di Sergio Dalmasso

In “Il lavoratore” Anno XXIV n. 3 – 25.04.2024, Dove è il fascismo? Al governo (e non solo) pubblicato anche in sergiodalmasso.com nella sezione: Archivio, Scritti storici, Articoli e saggi.

Download “Dov'è il fascismo ? Al governo (e non solo) di Sergio Dalmasso” Dove-e-il-fascismo-Al-governo-e-non-solo.pdf – Scaricato 14411 volte – 84,23 KB

Dove è il fascismo? Il lavoratore di Trieste testata giornalistica

Un vento nero spira in Europa e non solamente. Il crollo dell’URSS e del “socialismo reale” ha prodotto, inevitabilmente, non la democrazia liberale o il socialismo democratico,

come pensavano molte anime belle, ma regimi anticomunisti, reazionari, spesso antisemiti, segnati da potere personale e dalla cancellazione di diritti sociali.

L’identificazione del potere con un/una leader è sempre più presente: si pensi a Turchia, Cina, Russia, ma anche al fenomeno Trump negli USA.

L’odio contro l’establishment, contro il “politicamente corretto” fa nascere leadership populistiche e reazionarie.

Se l’Italia è stata il primo Paese a produrre il fascismo, è stata anche la prima a proporre, con il “berlusconismo”,

un modello perverso che si è esteso ad altri Paesi (si pensi al successo di Milei nell’Argentina, che pure ha, alle spalle, una tragica dittatura).

Fenomeno simile si è avuto con la Lega (richiamo il vecchio libro di Gianluca Paciucci e del compianto Walter Peruzzi – di cui ricorre quest’anno il decennale della morte -, Svastica verde),

passata dall’antimeridionalismo al separatismo (Padania, Etruria, sud) al regionalismo differenziato, sempre con ipotesi razziste e con richiami, neppure troppo celati, alla cultura nazista (vedi Claudio Gatti, I demoni di Salvini. I postnazisti e la Lega).

Movimenti di ribellione contro la tassazione, di autonomizzazione delle aree più ricche di molti paesi, di “separatismo dei ricchi” si sono moltiplicate in ogni paese.

Così l’uso strumentale della religione per cui non solo si ostentano nei comizi Vangeli, rosari (Salvini), si prega in diretta televisiva o si chiede la benedizione di Maria vergine (sempre lui).

Ma che diviene elemento comune dalla Polonia alla Spagna dei franchisti di Vox, dalla sguaiata campagna elettorale di Trump alla stessa Francia dove forti sono le tendenze ad aggirare la legge sulla separazione Stato/Chiesa cattolica.

La stessa ipotesi della sostituzione etnica, agitata da Zemmour in Francia e riproposta in Italia (Lega, Lollobrigida) si lega all’antiislamismo.

Ancor peggiore è la situazione negli USA dove prosperano le teorie creazioniste, anti evoluzioniste e nell’America latina dove l’integrismo religioso è strumento dei governi più reazionari (si pensi a Bolsonaro).

Come sempre, quanto accade oggi ha radici lontane.

Dagli anni ’80 del secolo scorso, il neoliberismo reaganiano e tatcheriano ha prodotto una controrivoluzione reazionaria per cui le tematiche dell’estrema destra, per anni minoritarie, si sono estese alla destra tradizionale e “moderata”.

Il discorso vale per i tories inglesi, per la destra gaullista in Francia, pressata dal partito di Le Pen (il maggiore nel Paese), per la realtà spagnola.

Ancor maggiormente per i repubblicani statunitensi e per Paesi come Polonia, Ungheria sino a realtà (Danimarca, Olanda, parte del Belgio) che non parevano toccate da questi fenomeni degenerativi.

La storia italiana e la situazione odierna presentano ovvie specificità.

Il fascismo, nel dopoguerra, ha assunto diversi ruoli. Ricostruito il partito neofascista, contro ogni norma costituzionale, e favorito (il tema sarebbe da approfondire) dall’amnistia di Togliatti e dalla mancata epurazione,

ha avuto per anni la funzione di destra legale, “in doppiopetto”, in più casi usata per operazioni parlamentari.

La riabilitazione di figure come Graziani, Borghese, Badoglio, della più parte dei gerarchi del ventennio e di Salò si inquadra in questa continuità tra liberalismo, fascismo e Italia democratica (si pensi ad esercito, forze dell’ordine, prefetti, questori, provveditori agli studi, codici, programmi scolastici). La stagione dei movimenti sociali produce una modificazione del ruolo del neofascismo

che recupera aspetti “rivoluzionari” (Ordine nuovo e cento altre sigle), è parte attiva nei tentativi di golpe e nello stragismo nero, in uno stretto rapporto con parte dei servizi di sicurezza e con ambienti internazionali (noti i finanziamenti statunitensi al MSI e oltre).

Dal periodo successivo, alcune “idee forza” della destra penetrano nella società:

– scompare progressivamente la discriminante antifascista. Il MSI è sdoganato sino all’ingresso nel primo governo Berlusconi (prima della “svolta” di Fiuggi, gennaio 1995)

– la crisi del sistema politico si lega alla messa in discussione di conquiste sociali e civili, lette come causa della crisi

– il pluralismo parlamentare è messo sotto accusa.

L’affermazione, con grande consenso popolare, del meccanismo maggioritario è legato al decisionismo e alla visione per cui “chi vince prende tutto”, conseguentemente all’ipotesi presidenzialista, falsa risposta alla frattura istituzioni/ cittadini (un tempo Paese legale e Paese reale).

Cresce il senso comune della fine delle ideologie, della non differenza tra i diversi schieramenti.

L’anticomunismo diventa ideologia dominante, favorita anche dal crollo del blocco sovietico.

Il voto del Parlamento europeo sull’equiparazione tra fascismo/nazismo e comunismo, con adesione di tutti gli schieramenti, ne è evidente dimostrazione.

È sempre più difficile, e spesso incompreso, il tentativo di rapportarsi a una lettura critica delle esperienze storiche realizzate e del marxismo.

Il governo nero

La vittoria elettorale deriva dall’egemonia, sociale e culturale, sulla società.

Nazionalismo, darwinismo sociale, liberismo, atlantismo, esacerbazione del pericolo rappresentato dalla migrazione e dalla modificazione della fisionomia “italiana e cristiana”.

La continuità della politica liberista ed atlantista, la sostanziale subordinazione alle politiche europee contrastano con tematiche dell’estrema destra e con molte affermazioni elettorali.

Meloni & C. ripropongono elementi identitari, riforme istituzionali “epocali”:

– il regionalismo differenziato, i cui danni sono evidenti su servizi sociali, scuola, sanità, sulla stessa visione unitaria (per quel che ne resta) del Paese;

– il presidenzialismo, degna conclusione del processo iniziato con il referendum Segni, con il maggioritario e l’elezione diretta di sindaci,

presidenti di regione, con il bipartitismo coatto e la cancellazione di formazioni alternative;

– privatizzazioni striscianti (scuola, sanità, sino alla progressiva vendita dei “gioielli di famiglia”

Contro queste logiche è, mai come oggi, pesante la assenza di una sinistra sociale e politica.

È sufficiente una semplice politica frontista (tutt* contro Meloni)?

È possibile senza rimettere in discussione i danni provocati dai governi di unità nazionale (Draghi non è alternativa al governo di destra, ma ne è causa), le privatizzazioni, l’accettazione delle guerre, la gara a chi è più affidabile per il grande capitale?

La ricostruzione di un’alternativa alla destra mai è stata così complessa, perché la sconfitta da cui veniamo (sociale, culturale, istituzionale, organizzativa) coinvolge tutti gli ambiti.

L’antifascismo, legato a un sistema elettorale democratico, alla ricomposizione dell’unità di classe e della frammentazione sociale prodotta dal neoliberismo, al legame tra diritti sociali e politici,

a una vera rifondazione di pensiero e pratiche, è parte necessaria, anche se non sufficiente di questo tentativo.

Scarica gratis il Lavoratore di Trieste del 25 aprile 2024:

Contiene “Elezioni europee: contro la guerra, senza se e senza ma…” di Gianluca Paciucci (editoriale);

articoli di Roberto Cattaruzza, Mauro Caselli, Effemme, Luigi Dal Fabbro e Paolo Radivo (sezione “Agire localmente”);

“Perché oggi un referendum sulla legge elettorale” di Tommaso Russo (sezione “Pensare globalmente”);

articoli di Lino Santoro, Igor Kocijančič, Eleonora Galli, Sergio Dalmasso (sezione “Pensare globalmente”);

un ricordo di Samo Pahor (scritto da Vincenzo Cerceo) e di Peter Behrens.

Download “IL LAVORATORE del 25 aprile 2024” IL-LAVORATORE-di-Trieste-25-APRILE-2024.pdf – Scaricato 14976 volte – 2,23 MB

La Sinistra. Una stagione troppo breve

di Marco Morra

Fondata nell’ottobre 1966, per iniziativa di Giulio Savelli e Lucio Colletti, “la rivista che più interpreta il movimento del ‘68si pubblicò per appena quindici mesi.

Nella sua breve esistenza, essa ebbe un ruolo minore, ma specifico, di cui Sergio Dalmasso ricostruisce il contesto e le ragioni.

Opuscolo Recensione di Marco Morra de La SinistraLa rivista costa la radiazione dal Pci al suo editore, Giulio Savelli, che aveva dato vita ad una delle case editrici più seguite nell’area della sinistra critica”.

Molti collaboratori – ricorda Dalmasso – sono allora dirigenti di federazioni giovanili, attivi nei movimenti anti imperialistici e saranno tra i fondatori di organizzazioni della nuova sinistra.

La dirige Lucio Colletti, riferimento filosofico e politico del tempo, anch’esso proveniente dal Pci, di cui restituisce la tessera nel 1964.

Quanti vi scrivono – come S. Corvisieri, S. De Santis, G. Feltrinelli, V. Foa, M. Gorla, A. Illuminati, A. La Penna, L. Libertini, L. Maitan, F. Santi, E. Soave, P. Tagliazzucchi – provengono dalle fila del trotskismo, della sinistra sindacale o del Psiup, da quell’universo “dissidente” della sinistra storica che già prima del ’68 cerca una linea alternativa alla “coesistenza pacifica” e alla “involuzione socialdemocratica” del movimento operaio ufficiale.

D’altra parte, il contesto in cui la rivista opera è segnato dall’acuirsi delle tensioni internazionali.

Il conflitto sino-sovietico, i massacri in Indonesia, le rivolte nei ghetti neri degli USA, la guerra dei sei giorni, il colpo di stato in Grecia.

Sulla spinta della conferenza dell’OLAS all’Avana e della radicalizzazione della guerra in Vietnam, si affermano tendenze terzomondiste che attraversano le federazioni giovanili e i nascenti movimenti studenteschi.

Da Cuba sembra provenire un’alternativa alla paralisi del movimento operaio internazionale. I castristi rifiutano il “socialismo in un solo paese” e oppongono alla “coesistenza pacifica” la strada dell’insurrezione armata sull’esempio vietnamita.

Il “giudizio estremamente negativodei rivoluzionari cubani “sul ruolo della sinistra in tutti i paesi a capitalismo avanzato fornisce lo stimolo alla riorganizzazione del movimento rivoluzionario anche in Italia, scrive Savelli.

La rivista, quindi, si fa interprete dei movimenti che emergono nel Terzo Mondo: il Vietnam, la Palestina, l’America Latina, “dove tutti i partiti comunisti si sono divisi sulla questione della lotta armata.

Come ricorda Dalmasso, “in una nuova sinistra in formazione, maggioritariamente su posizioni cinesi”, nella sua propensione terzomondista e castrista La Sinistra costituisce una “parziale eccezione”.

Accanto ai discorsi di Castro, per il quale “non esiste partito d’avanguardia al di fuori del contesto della lotta armata”, la redazione dà ampia eco alle idee del Che, guerrigliero eroico, ma anche critico della burocrazia e dei pericoli professionali del potere”.

Essa, pertanto, fornisce un esempio emblematico dell’esistenza di un’area d’intellettuali e dirigenti della sinistra storica che sostiene in anticipo idee – come la convinzione del carattere violento della rivoluzione – che ebbero larga diffusione dopo il ‘68.

Nonostante tutto, questa esperienza – così come chi la fondò e la diresse – è stata dimenticata e ignorata perfino dagli storici.

Questo, di certo, per ragioni endogene alla sua storia, come la sua breve durata e il rapido disfarsi della redazione, che le diedero un’incisività assai minore rispetto ad esperienze analoghe.

Ma più importanti, forse, sono le ragioni esogene di questa rimozione, come l’imporsi post-festum di narrazioni parziali sugli anni ’60 e ’70, condizionate dalla notorietà assunta da taluni suoi rappresentanti, mentre la parabola di altri, come quella degli stessi Colletti e Savelli, che passata la fase più acuta del ’68 hanno negato le esperienze pregresse, ha favorito l’oblio per giustificare il proprio disimpegno o addirittura la scelta del campo opposto.

Marco Morra, Le monde diplomatique, ed. italiana, ottobre 2021

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